Gli scatti di Gianni Berengo Gardin raccontano cronache di vita
Ho osservato Gianni Berengo Gardin(Venezia,1930) girare con interesse tra le bacheche ordinate nelle sette sale della sua mostra dal titolo “Gianni Berengo Gardin . Storie di un fotografo” in Palazzo Reale a Milano; in esse alcuni dei moltissimi libri pubblicati dal fotografo e le macchine degli scatti che ci raccontano le cronache vere di tante vite sorprese e zoomate nel suo percorso. In mostra ci sono ben 183 scatti, ovvero immagini stampate in bianconero che hanno fissato figure, eventi e scorci del sociale degli anni del secondo novecento, a partire dal dopoguerra e di quello che fu il boom economico. “Non ci tengo a passare per un artista, l’impegno del fotografo dovrebbe essere sociale e civile”, questo afferma il fotografo. La sua è vera cronaca, tanto più vera quanto è reale. Di una realtà storica, commovente, umana, capace di trattenere e comunicare quel pathos neorealista, che ancora le generazioni di quel tempo si portano in cuore. Mostra scandita in sezioni non cronologiche ma tematiche, a partire dal racconto dei manicomi in Italia (“Morire di classe”) prima della legge Basaglia che portò alla loro chiusura; o l’inchiesta sugli zingari che realizzò vivendo in tre campi nomadi; o le quaranta immagini omaggio a Milano (“Gente di Milano”) città che lo accolse ventiquattrenne nel 1954 e dove poi si stabilì. Queste immagini, di grande forza, di grande impianto, di grande umanità, di grande bellezza, ma di una bellezza semplice e nobile, nel senso più vero del termine, più che ricercata e artefatta, ci raccontano la storia del Paese Italia fra cronache e cambiamenti sociali, ad iniziare dai balli e dal jukebox, dall’arrivo della tv in bianconero all’emigrazione interna dal sud a Milano( memorabile la foto di una famiglia circondata da valigie alla stazione centrale), dalle prime vacanze al mare ai quartieri-dormitorio costruiti nel dopoguerra. Reportage engagè, immagini di impegno e di storia, professore di racconti visivi fermati da scatti-documento, ecco quanto ci appare in questo percorso milanese che è sì la storia di un fotografo, compagno ed amico di Ugo Mulas e Gabriele Basilico, ma segnale acuto e di eccellenza anche del top della fotografia italiana in bianco-nero dove eleganza e verità hanno certificato l’estetica della fotografia.
Carlo Franza