Ricordare un grande artista milanese come Gianfranco Pardi(Milano 1933-2012) è cosa di significativa rilevanza storica e umana. Lo fa la Fondazione Marconi che presenta al pubblico una mostra dal titolo “Poeticamente abita l’uomo” incentrata su alcune opere degli anni Settanta, a due anni dalla sua scomparsa. L’intera opera di Pardi, di ambito strutturalista e concettuale, si basa sullo studio dello spazio e sul rapporto tra astrazione e costruzione. La costante, che attraversa tutto il suo percorso artistico, è l’integrazione rigorosa di pittura, disegno e scultura. La riflessione dell’artista sull’architettura inizia già a partire dalla fine degli anni Sessanta, con le prime raffigurazioni di interni ed esterni architettonici e successivamente con lavori chiamati, appunto, “architetture”. Ha detto Pardi: “Quando lavoro attorno a un problema specifico che chiamo “architettura”, so di non parlare della architettura e so che il mio lavoro non agisce nel senso di produrre una sorta di astratta architettura. Eppure tutto il mio lavoro, da tempo, si istituisce espressamente attorno al senso di questo problema”.Con “architettura” Pardi vuole intendere una modalità, un processo creativo, un mezzo attraverso il quale potersi concentrare sulle possibilità costruttive della forma, su esperienze plastiche, che evidentemente rimandano alle utopie dell’avanguardia, al Suprematismo e al Costruttivismo russi e al Neoplasticismo olandese. La rilettura di Malevič, Tatlin, El Lisitzky e di altri protagonisti di quei movimenti, permette all’artista di cogliere gli elementi ancora vitali di quelle esperienze artistiche, facendone uno dei protagonisti e interlocutori più qualificati nelle vicende della pittura e scultura contemporanee. In quest’ottica si collocano la serie di progetti-studi realizzati con tecnica mista su carta “Poeticamente abita lʼuomo” e l’installazione dallo stesso titolo, tratto da un verso del poeta tedesco Friedrich Hölderlin. Concepita da Pardi nel 1977, l’installazione, esposta al primo piano della Fondazione, è complessa per riferimenti ed elaborazioni ma di rigorosa semplicità formale. Presentata per la prima volta in una mostra personale allo Studio Marconi nel 1978, nasce da una riflessione sulla casa che il filosofo e ingegnere austriaco Ludwig Wittgenstein costruì a Vienna per la sorella nella seconda metà degli anni Venti. Così ancoa Pardi: “Questo lavoro (il mio lavoro intorno a quel lavoro) proprio mentre pretende di avere afferrato un senso nel suo percorso, si apre improvvisamente a nuove ipotesi…”. Qui “Pardi si applica alla decifrazione della misura delle tre porte che si aprono nel salone della casa Stonborough, con un furore decrittatorio che evoca altre analoghe ossessioni tematiche e poetiche di pittori come Monet, Cézanne e altri” – scrive il collega Bruno Corà nel catalogo Gianfranco Pardi Opere 1970/77, realizzando – “…una doppia proficua meditazione sulla struttura della forma e sul pensiero del filosofo viennese”. Al secondo piano della Fondazione è esposta una parte molto significativa della biografia artistica di Pardi, dedicata ad alcune “Architetture” che vanno dal 1972 al 1975. È qui particolarmente evidente il connubio di pittura e scultura, cui si aggiungono e sovrappongono elementi come cavi e tensori. Tra queste citiamo “Architettura” del 1975 e “Sistema” del 1976. La prima, realizzata con una struttura di ferro, cavi d’acciaio e segni di matita direttamente su muro, riesce a coniugare la smaterializzazione estrema dell’oggetto a una sua presenza inequivocabile. Il ferro, sospeso nella leggerezza dei cavi e dei segni di matita sul muro, accade continuamente sotto il nostro sguardo, il suo esserci non sembra mai coagularsi in una stabilità definitiva. “Sistema” invece, composto di più elementi, è un modello che si ripete uguale e differente, da cui traspare la consueta poesia che Pardi sa trarre da strutture in ferro e cavi d’acciaio e che riafferma la duplicità della sua natura: fisica e fenomenica, ideale e mentale.

Ora, lasciatemelo dire, Gianfranco Pardi è stato un grande intellettuale prima che artista, un intellettuale lucido che ha coniugato pensiero e fare, materia e spirito, vitale e mentale. Un pensatore che non si stancava mai di meditare e soprattutto di sviluppare poesia.

 Gianfranco Pardi nasce nel 1933 a Milano. Sin dall’inizio la sua ricerca è impostata sullo spazio e sulla progettualità costruttiva che dà vita ad opere di grande rigore formale, caratterizzate dall’integrazione di disegno, pittura e scultura in una dimensione spaziale di respiro architettonico. Nel 1959 si tiene la sua prima personale a Brescia, alla Galleria Alberti, mentre l’anno seguente è ospitato dalla Galleria Colonna di Milano. Durante gli anni Sessanta sviluppa uno stile che integra il disegno, la pittura, la scultura e l’architettura. Del 1965 è la sua partecipazione alla mostra collettiva La figuration narrative dans l’art contemporain a Parigi. Nel 1967 comincia la sua collaborazione con lo Studio Marconi di Milano e si dedica alla realizzazione di opere che sono una rilettura delle avanguardie storiche come l’Astrattismo, il Suprematismo, il Costruttivismo e il Neoplasticismo. Negli anni Settanta sviluppa nelle sue Architetture la volontà di costruire e fondare uno spazio attraverso la pittura, poiché ritiene che tale mezzo espressivo possa produrre immediatamente l’idea. Le sue opere si sviluppano attraverso segni e gestualità geometriche che, insieme a poche cromie, lo aiutano ad esprimere il concetto di costruttività. Nel 1974, e in seguito nel 1993, partecipa alla XXVII Biennale del Palazzo della Permanente a Milano. Nel 1981 è all’interno di due importanti mostre collettive come Linee della ricerca artistica in Italia 1960/1980, al Palazzo delle Esposizioni di Roma, e Il luogo della forma, al Museo di Castelvecchio di Verona. Nel 1984 l’Università di Parma gli organizza una grande antologica e due anni più tardi partecipa con una personale alla Biennale di Venezia, alla Triennale di Milano e alla Quadriennale di Roma. Tra la fine degli anni Ottanta e i primi Novanta realizza le opere delle serie Cinema, Monk e Maschere, concentrandosi sull’utilizzo di supporti in ferro. Successivamente la sua ricerca artistica si indirizza sul tema della “Montagna-Sainte Victoire”, ispirata alle opere di Cézanne, e ai cicli intitolati Nagjma, ispirati alla luce e alla notte di Tangeri, e Box, ovvero lavori realizzati con scatole di cartone. Nel 1998 Palazzo Reale a Milano ospita una sua personale. L’anno successivo vengono organizzate una serie di importanti mostre in Germania al Frankfurter Kunstverein di Francoforte, al Museo Bochum di Bochum e al Kulturhistorisches Museum di Stralsund, mentre nel 2000 si inaugura la personale dal titolo Homeless alla Galleria Giò Marconi di Milano. È del 2002 la retrospettiva Sheets tenuta alla Galleria Fumagalli di Bergamo, mentre nel 2003 espone di nuovo alla Galleria Giò Marconi con una serie di lavori dal titolo Danza e Restauro. Realizza nel corso della sua carriera numerose sculture per spazi pubblici e privati: 1988 Albergo Bellevue, Malcesine (Verona); 1995 Via XX Settembre, Roma; 1996 Nave Costa Vittoria, Genova; 1998 Casa Zanaria, Rue de Bièvre, Parigi; 1999 Soundtrack, SNAM San Donato Milanese (Milano); 2001 Box, Cascina Mangiagruppa Zeme Lomellina (Pavia); 2002 Sheet, ACF Contact Brembate Sopra (Bergamo); 2006 Danza, Piazza Amendola, Milano. È membro dell’Accademia Nazionale di San Luca dal 2008. Muore a Milano il 2 febbraio del 2012. Nell’ottobre 2013 si costituisce l’Associazione Culturale Gianfranco Pardi in memoria dell’artista con l’intento di promuoverne e divulgarne la conoscenza e la figura.

 Carlo Franza

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