Si chiama Andreas Miggiano (Horgen-Zurigo 1980), è un giovane artista per metà italiano e per metà spagnolo, che ha come pochi, direi pochissimi, avuto il pass creativo di posizionarsi fra i nuovi artisti in crescendo, di quelli che fanno già l’arte grande e maggiormente la faranno in futuro con le potenzialità eruttive che si portano in corpo. Nella scultura costruisce delle realtà, e con una progressione di forme semplici a significanti frammentari, Miggiano trasforma e decora, concentra e decentra, sottopone ogni installazione a impulsi allegorici. E costruisce modellando la cera, una cera di mille colori che amalgamata diventa “rilievo multicolore”, portandosi verso una scultura assoluta, che si fonda con la pittura assoluta e con l’architettura assoluta. Ed è così che fa nascere una plastica pura che dà rilievo a formulazioni artistiche intrise di chiara naturalezza, di mobili ondulazioni e piani, di principi fantastici e quasi astratti, dove linee, curve e ogni altro aspetto geometrico si articola in una sorta di “nuovo cinetismo” con forme organizzate con solenne maestria compositiva, e una vitalità rara, specie nei quadri a parete, dove schegge di cere, appiumate le une alle altre, rendono compiutamente la dialettica naturale delle superfici intime. Anche nei disegni, colorati o in bianco-nero, è rilevabile questa straordinaria suggestione di lavoro, che grazie a principi sperimentali, a ritrovati materiali, ad alternanze di pieni e di vuoti, ad assemblaggi e stratificazioni, svela questa personale poetica di ricerca in cui Andreas Miggiano si cala inventore e fruitore imprevedibile. Via i materiali nobili ecco la cera, così Miggiano compie l’adesione alla svolta etnografica nell’arte contemporanea, promossa da una parte dal vivace interesse in atto oggi per l’ambiente, dall’altra dagli sviluppi della tradizione minimalista dell’arte dagli anni Sessanta ad oggi. Vi riesce non solo in termini fenomenologici, ma anche di mappatura site-specific , di recupero di una cultura etico-primaria dove l’oggetto-sguardo invade il soggetto come immagine. La natura si fa gioco astratto, artificio di proiezione dello spettacolo del mondo, delle regole che si attestano nell’universo, causandone nello spettatore una visibilità straniante, cinetica, da piacere immaginario. Post-minimalismo, con i pigmenti colorati calati nella cera che si informa e conforma di estetismo ed espressionismo astratto,e l’opera, ogni opera ci porge “il nuovo limite” della scultura e la sua “nuova libertà”.

 Carlo Franza

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