“Resa dei conti” di Petros Markaris. Solo la cultura può vincere la crisi.
Solo uno stupido non riesce a rendersi conto del baratro in cui sta sprofondando l’Italia e l’Europa, alla luce di una ripresa che non c’è, e soprattutto di una disoccupazione salita alle stelle. Futuro nero. Altro che profezie! Un libro di Petros Markaris, scrittore di origini armene ma greco di adozione, dal titolo “Resa dei conti” mette il dito sulla piaga. Dice: “Non sono una Cassandra e non amo esserlo. Ma nei miei libri soprattutto nella trilogia del commissario Kostas Charitos da anni racconto il rischio concreto che corre l’Europa. Si profila un disastro. La gente fatica a rendersi conto delle conseguenze terribili che potremmo pagare se alla fine prevarranno le forze populiste. C’è una forte spinta che ha un chiaro sapore fascista”. E’ convinto Markaris che bisogna mettere al bando gli estremismi, anche se in Europa la politica è scomparsa, e questo vuoto è dovuto alla globalizzazione. “Sono saltate quelle protezioni sui valori che sono la vera ricchezza dell’umanità”. Lo scrittore riannoda le fila dicendo che solo la cultura può vincere la crisi e che non bisogna dimenticare che Jeanne Monnet, tra gli eurofondatori, disse una cosa importante: “Per unire l’Europa bisogna partire dalla cultura”. Invece si è pensato ad altro, il governo della finanza ha trasformato le identità di tutti noi, e la colpa è tutta dei politici, dei cattivi politici. Per di più questi sono sordi rispetto al valore della cultura. Cosa gravissima. L‘ Europa è stata la culla della cultura che ha formato l’era moderna, alla luce della storia greca e romana, eppoi il Rinascimento e l’Illuminismo. Oggi il disastro perchè ci siamo -ci hanno- assoggettati all’economia e alla finanza, e ciò ci ha portato a vivere una realtà fittizia. E Bernard -Henri Lèvy non manca in occasione di “Hotel Europe” a La Fenice” di Venezia di argomentare che quest’Europa è senz’anima, in mano a burocrati e banchieri, e che abbiamo dimenticato cosa vuol dire Europa. L’intellettuale francese, il filosofo per eccellenza, osserva che “In Europa è mezzanotte meno cinque. Il tempo stringe. Abbiamo un’enorme responsabilità. Il contrario dell’Europa non sono le nazioni ma l’inferno”. Parole gravissime a chi come tutti noi vive una crisi senza fine, oggi poi che non ci sono più i padri dell’Europa, i giganti della politica. Non dimentichiamo che le fondamenta dell’Europa sono nello spirito di Dante, di Goethe e di Kant. Non possiamo pensare che possa essere il calcio il collante del sentirsi europeo. Ma l’Europa non c’è, è ancora da costruire, né so se sarà mai possibile costruirla per il futuro, non illudiamoci che basti l’euro. L’euro ci ha portato in questo status di asfissia. Occorre alla luce della cultura europea del passato costruire l’Unione sulla cultura.
Carlo Franza