Il fuoco di Burri, una lezione per tutto il Novecento. Al Csac dell’Università di Parma 170 preziose donazioni argomentano la mostra che celebra il maestro italiano per il centenario della nascita.
E’ stata inaugurata a Parma, al Salone delle Scuderie in Pilotta la mostra: Fuoco nero: materia e struttura attorno e dopo Burri. Prima di tutto spieghiamo il titolo: “Fuoco nero” perché si mette a confronto la ben nota sequenza di Aurelio Amendola che fotografa Burri mentre crea una Plastica col fuoco con il grande Cellotex di Alberto Burri, appunto nero, punto di partenza della mostra.
Lo CSAC dell’Università di Parma ha ricevuto in dono, circa 40 anni fa, un importante Cellotex (1975) di Alberto Burri. Attorno a questa opera, in occasione anche dell’approssimarsi del centenario della nascita dell’artista (1915-1995), si è pensato di chiedere, negli ultimi due anni, a significativi pittori, scultori, fotografi, giovani e meno giovani, almeno un’opera che essi pensassero comunque collegata o riferibile alla ricerca di Alberto Burri. L’idea era anche quella di chiedersi, oggi, che cosa è vivo, che cosa resta, nella memoria dell’arte, del grande creatore scomparso. A questo invito hanno risposto generosamente, e con importanti opere, in molti. Fra essi ricordo: Bruno Ceccobelli e Nunzio, Mimmo Paladino e Luca Pignatelli, Marcello Jori e Alberto Ghinzani, Pino Pinelli e Giuseppe Maraniello, Giuseppe Spagnulo e Emilio Isgrò, Attilio Forgioli e Mario Raciti, Medhat Shafik e Franco Guerzoni, Luiso Sturla e Renato Boero, Raimondo Sirotti e Davide Benati, Concetto Pozzati e Enzo Esposito, Gianluigi Colin e William Xerra. Agli artisti è stato anche chiesto di illustrare le ragioni per cui l’opera donata si collegava alla ricerca di Burri; anche queste loro parole appaiono un contributo storico significativo.
Si disegnava dunque un panorama certo stimolante del dialogo degli artisti di oggi col pittore di Città di Castello, ma si apriva anche un problema: come raccontare il rapporto con Burri di molti artisti dagli anni ’50 in poi, come ricostruire il tessuto del dibattito in anni cruciali. Prendendo spunto dalla componente strutturale che sempre articola, fin dagli anni ’40, l’opera di Burri, si sono dunque individuati due percorsi in qualche modo sempre collegati e comunicanti, quello della ricerca sulla materia e quello della articolazione delle strutture. Per mettere in evidenza questa vicenda si è dunque attinto alle raccolte dello CSAC puntando, ad esempio, su alcune figure del Gruppo Origine (1950-1951), con opere di Colla, Ballocco, Guerrini, e ancora del Gruppo 1 con Biggi. Era inoltre necessario provare a restituire, almeno per cenni, le esperienze dei due centri principali della ricerca di quegli anni, da una parte Roma con, ad esempio, Gastone Novelli e Toti Scialoja che dialogano con Cy Twombly e con l’AbstractExpressionism americano, e, a Milano, Lucio Fontana. Si è quindi ritenuto indispensabile ricostruire, almeno per poli, dalla Lombardia a Napoli, dalla Liguria all’Emilia, le proposte di alcuni dei molti protagonisti della ricerca sulla materia, ed ecco quindi, fra le altre, le opere di Tavernari e Spinosa, di Pierluca e Morlotti, di Mandelli e Bendini, di Arnaldo Pomodoro e Zauli, di Mattioli e Padova, di Zoni, di Lavagnino e Ruggeri, di Olivieri e Vago, di Guenzi e Carrino, di Ferrari, Repetto, Chighine.
Distinto da questo filone di ricerca nel quale prevale il peso, la lunga durata della materia e che la critica ha definito prevalentemente come “informale”, si pone un altro modello, quello della indagine sulla struttura, un percorso che in mostra si individua attraverso opere di Perilli, Pardi, Garau, Toti Scialoja. Era inoltre importante provare a definire, sia pure solo per cenni, il significato dell’opera di Burri fuori dei confini, così ecco la presenza in mostra di un pezzo di Joe Tilson e, a contrappunto, un grande collage di Louise Nevelson legato alla ricerca americana degli anni ’50, a cui si sono aggiunti un gruppo di collage della statunitense Nancy Martin attenta al filone astratto dopo Josef Albers.
In mostra la fotografia ha una parte significativa. Prima di tutto con le immagini di Aurelio Amendola che hanno suggerito il titolo della mostra: quelle di Burri che crea col fuoco una Plastica a confronto col “nero” del Cellotex dello CSAC. Di Nino Migliori ecco un gruppo di pirogrammi degli anni ’50 di recente ristampati; di Mimmo Jodice un importante “muro”; di Giovanni Chiaramonte una ricerca degli anni ’70 su una casa distrutta; di Mario Cresci una sequenza sulle rocciose spiagge di Sicilia. A queste opere si aggiungono due ricerche diverse, legata al filone concettuale quella di Brigitte Niedermair, attenta alla lingua dell’astrazione quella di Gianni Pezzani.
Alla generosità degli artisti, o dei loro eredi, e si pensi alle opere di Domenico Spinosa, si sono ora aggiunte le donazioni di due sensibili galleristi: si deve a Matteo Lorenzelli quella della scultura di Pierluca e del torso ligneo di Tavernari, e a Giorgio Marconi quella del collage di Louise Nevelson e della grafica di Antoni Tapies.
La mostra, curata da Arturo Carlo Quintavalle, propone oltre settanta dipinti e altrettante fotografie e ancora un gruppo di opere grafiche per un totale di 172 pezzi tutti riprodotti in un ampio catalogo,edito da Skira.
Carlo Franza