Arte e ideologia. Fernando De Filippi, storico direttore dell’Accademia di Brera, fa vivere in mostra alla Fondazione Mudima di Milano il suo coerente lavoro artistico degli anni ’60 e ’70.
Nello storico spazio della Fondazione Mudima cattura non poco una mostra imbastita tra arte e ideologia, con i lavori di Fernando De Filippi (Lecce 1940) artista di chiara fama e già direttore dell’Accademia di Belle Arti di Brera; l’esposizione che spazia su due piani accoglie lavori dell’artista realizzati tra la fine degli anni Sessanta e gli anni Settanta. L’ampia rassegna è curata dalla collega Angela Madesani, che ha realizzato anche una lunga intervista all’artista, pubblicata nel volume, “La rivoluzione privata 2”, edito dall’editore Prearo. Il libro costituisce un’ideale prosecuzione del libro con lo stesso titolo, che il medesimo editore aveva pubblicato nel 1974. Opere realizzate con diversi linguaggi che vanno dalla pittura alla fotografia, dal film ai manifesti e agli striscioni pubblicitari; appartengono a diversi cicli, strettamente connesse tra loro, perfettamente inserite nel tempo storico in cui sono state realizzate. Fondamentale l’avvio del percorso con Autobiografia (1970-1975), un lavoro pittorico in cui il protagonista è Lenin. Si tratta di un personaggio restituito dall’informazione, dai libri dai reperti, dalle stampe. Al personaggio storico Lenin è dedicato anche “Il grande lenzuolo”, un lavoro di “pittura ideologica”, del quale oggi rimane e visibile in mostra soltanto la testimonianza fotografica. De Filippi ha ideologizzato e deideologizzato la pittura, ne ha catturato l’anima di anni dove essa movimentava le masse, ha interpretato il pensiero dominante di quegli anni,specie i Settanta del Novecento. Con la biografia e l’autobiografia ha coniugato un’operazione basata sostanzialmente sull’ esperienza, protrattasi per mesi e anni. E con lo stesso valore esperienziale sono da intendersi le “Trascrizioni” in cui De Filippi, dopo un lungo periodo di studio ed esercizio, arriva a trascrivere i testi di Lenin con la sua stessa grafia, in lingua russa. Un esercizio, una pratica di conoscenza diretta, che si affianca a “Sostituzione”, un lavoro performativo in cui l’artista viene trasformato, attraverso il trucco(ben 150 passaggi), nel grande statista russo. La sostituzione dell’immagine di Lenin e la successiva acquisizione della sua calligrafia, si presentavano come episodi paralleli, tempi diversi di un processo generale di spersonalizzazione e di conseguente sostituzione, proposto attraverso i mezzi della comunicazione visiva, nel tentativo di misurare lo spazio intercorrente tra l’appropriazione dell’immagine e la sua frequentazione. Esposizione come si vedrà di forte impianto storico e intellettuale; e su questa linea corre “Tra esibizione e occultamento” del 1976, realizzato tra i territori della Sardegna e la Francia, ciclo del quale rimane la documentazione fotografica originale; si tratta della scrittura, attraverso caratteri realizzati con delle formine, di alcuni passi degli scritti sull’arte di Marx. Le scritte fatte sulla battigia, venivano cancellate dal riflusso del mare, nel momento immediatamente successivo a quello in cui venivano costruite. In mostra, non meno intense visivamente anche una serie di lavori dedicati alle pratiche di comunicazione diretta, realizzati attraverso l’affissione di slogan estrapolati dagli scritti sull’arte di Marx ed Engels, utilizzando i canali riservati alla comunicazione pubblicitaria per la distribuzione delle idee. La mostra raccoglie opere che mostrano una stretta connessione tra loro e rievocano un periodo estremamente attivo e partecipativo, a partire dagli anni Settanta, dove il pensiero politico e artistico che hanno fatto anche la storia d’Italia riescono a restituire momenti storici indelebili.
E’ stato, questo di Fernando De Filippi, un percorso serio e coerente, capace di vivere e leggere la storia, una storia, e di tradurla intellettualmente e artisticamente come pochi in Europa hanno avuto il coraggio di porvi mano.
Carlo Franza