La Fondazione Prada a Milano, un regalo alla città diventata Capitale Europea. E con la mostra “Serial Classic” lo storico Settis coniuga antico e contemporaneo.
Miuccia Prada la incrociamo frettolosamente nel delizioso “Bar Luce” di Largo Isarco 2, sede della nuova Fondazione, a Milano, che porta il suo nome. Molti si affrettano a salutarla e ringraziarla per questo “dono” fatto a Milano. Lady Prada gira lo sguardo verso coloro che l’attorniano, e afferma: «Mi piace pensarlo come campus, più che come un museo. E mi interessa fare cultura per le giovani generazioni». Ma non è di cultura accademica o cattedratica che si parla: è di una cultura viva, pulsante, che possa trasmettere passione a partire anche dalla lettura. Un futuro progetto, che prenderà corpo in questa immensa distesa di bellezza architettonica e di storia industriale rivista dalla mano geniale di Rem Koolhaas e dal suo studio OMA, sarà infatti una grande biblioteca che sorgerà proprio sopra il bar, e che potrà essere utilizzata anche la notte: «Perché magari i ragazzi che amano il rock possano leggere i libri che hanno amato le loro rockstar preferite, perché chi ama Louise Bourgeois ( è una delle artiste in mostra nella Haunted House – la torre dorata) possa sapere chi erano i suoi autori preferiti. E condividerli. Solo così si cambiano le vite delle persone».
Una lezione di stile si coglie nelle sue parole, concise, pregnanti, con frasi fatte di sillogismi. E’ un regalo permanente alla città che si battezza così come Capitale Europea dei prossimi 10 anni, dopo l’esplosione di Berlino o Barcellona.
L’inizio è buono, la partenza grandiosa, a partire da quella che è la mostra di punta “Serial Classic”, a cura di Salvatore Settis, che ricorda: “Durante il nostro primo incontro Miuccia Prada mi disse che voleva una mostra politica. Da tempo mi chiedo a cosa servono le mostre e l’unica risposta che ho è che servono a far riflettere, e il contemporaneo ancora di più, visto che parla del presente”. E allora, perché una mostra sull’antichità, sul classicismo? “Prima di tutto perché la statuaria greca era a servizio dei cittadini, fatta dagli stessi. E nulla è più politico di questo atteggiamento creativo, realizzato per la città e la divulgazione del sapere. Secondo per riflettere sul fatto che il multiplo, la serialità, non appartengono all’oggi, ma hanno origini arcaiche”. Il risultato? Non solo che l’arte è tutta contemporanea, ma che nell’antico si nasconde una sorta di germe “eversivo” secondo la lettura che se ne può fare con i canoni attuali.
“L’arte contemporanea ha nell’arte antica uno specchio fedele”, chiude Settis, mentre Koolhaas – sotto pressione per le domande dei giornalisti – ha parlato di un rispetto dell’esistente e anche della bellezza di lavorare in questo strano luogo di Milano, prima periferia sud, per certi versi abbandonato a sé stesso, zeppo di vecchie officine, fabbriche e capannoni, e non ancora rivitalizzato, anzi, ma decisamente in via di un nuovo sviluppo.
Un po’ come l’area Deposito (con le automobili-opere firmate da Walter De Maria, Elmgreen & Dragset o Sarah Lucas, per dirne alcuni), la parte Sud, con la collezione permanente di Prada tra cui scopriamo – in una grande quadreria – gli amori italiani della Maison. E poi Robert Gober, con gli interventi site specific nella Torre, insieme a una splendida “Cella” della sopracitata Louise Bourgeois, o con la sezione “In Part”, nell’area Nord.
“È una Fondazione che da quasi 25 anni si batte per le idee e che oggi più che mai vuole aprirsi alla storia, ad un grande patrimonio intellettuale”, dice Germano Celant, direttore artistico e ambasciatore silenzioso di questa nuova “Casa Prada”. Magnifica. Un “campus” che nessuna altra città al mondo possiede. E poco importa se non si svelano le cifre dell’operazione o se il rapporto “pubblico-privato” a favore della cultura oggi è stato poco discusso, anche se presente e vivo nell’aria, perché questo è il grande risultato. Oggi contano i fatti e, una lezione come quella di Miuccia Prada vale non solo in funzione di far ripartire il Paese con 100 nuovi posti di lavoro, ma offre di Milano un volto nuovo, tutto orientato al terzo millennio.
Carlo Franza