cecilia-alemaniArriva direttamente dall’Uffico Stampa del Mibact la notizia della scelta del curatore del Padiglione Italia alla Biennale Arte 2017. Anzi, curatrice,  e si tratta di Cecilia Alemani.

Il progetto della capo curatrice del programma arte della High Line di New York, nota compagna di Massimiliano Gioni, è stato scelto tra dieci proposte con la seguente motivazione: “Il progetto è molto ambizioso e innovativo, e allinea il Padiglione Italia alle più avanzate metodologie espositive e valorizza il grande ruolo degli artisti nella società contemporanea”. Non vorrei che questa prossima Biennale Padiglione Italia fosse la seconda uscita di Massimiliano Gioni! O che la Alemani ne fosse decisamente influenzata.  Qualche anticipazione? Pare che il gruppo di artisti che verimages2rà presentato sarà piuttosto ristretto, volendosi per l’appunto distanziare distanziandosi dagli ultimi Padiglioni sovraffollati. 

Ritengo che il Ministro Franceschini, altra questione da non sottovalutare, abbia voluto optare per questa nomina dopo gli attacchi per la scelta di Vincenzo Trione due anni fa; infatti, al Mibact, penso ancora che molti consiglieri interni al ministero e non, abbiano indirizzato  quelle  che sono state le scelte del Ministro, il quale diversamente sarebbe entrato in una palude.

Ci sono invece una serie di problemi effettivi, a significare tale scelta  della Alemani, che se pare – dico pare-  di professionalità  ottima e di profilo internazionale,  proprio perché gravitante la sua figura  da anni stabilmente a New York,  potrebbe non avere nitida e chiara la  situazione artistica italiana, e quindi non conoscere gli svolgimenti e i percorsi nuovi del nostro paese Italia, dato che pochi  -pochissimi- sono gli artisti nostrani presenti  in giro per il mondo.

Altra smentita  forte  è per quanto dice Franceschini, e cioè che  la scelta di un nome che in qualche modo è “straniero”  vale per via che in Italia i curatori “fuori dal  coro” – (Trione fu scelto perché “fuori dal coro”) – non sono adatti per l’organizzazione di una manifestazione come la Biennimagesale. Aggiungiamo ancora, e va sottolineato più volte, che altre figure  possibili  in Italia ce ne sono – e tante-  magari “dentro il coro”, per di più capaci realmente e inserite negli ingranaggi del sistema arte (potrei fare nomi ma li evito per rispetto ai colleghi che stimo), non sono proprio presi in considerazione. Non so se tale nomina alla fine darà un quadro degli svolgimenti nuovi dell’arte in Italia. Se fosse rimasta nella sua Milano oggi forse sarebbe disoccupata o impiegata in qualche museo, invece Cecilia Alemani, dal 2011, è curatrice indipendente e direttrice del programma di arte pubblica dell’ High Line Art, ovvero la ferrovia sopraelevata che l’ex sindaco di New York ha fortemente voluto e trasformato in uno spazio pubblico aperto che è diventato uno dei simboli della città.

A soli trentasette anni, la Alemani  si è imposta è vero , ma è  dovuta andare all’estero come tanti nostri giovani, ora è entrata a pieno titolo nel Gotha dell’Arte negli Stati Uniti  d’America di cui gli italiani tengono alta la bandiera. Qualche nome. Eccoli. Insieme a lei, Massimiliano Gioni (suo compagno) direttore del New Museum di arte contemporanea a New York, Valentina Castellani, braccio destro di Larry Gagosian, il numero uno dei galleristi a New York, e Francesco Bonami, curatore del Museo di arte contemporanea a Chicago. Questa strabiliante gioventù  non valorizzata in  Italia -visto che Franceschini ha voluto per i musei di eccellenza in Italia 20 direttori stranieri- ha conquistato l’America, ma  si è formata in Italia in prima battuta, e  vanta master negli Stati Uniti ed esperienze a Londra, Berlino e Parigi.

E la Alemani  è arrivata a New York per un master al Bard College nel 2003, dopo un passaggio a Parigi e Londra. Sappiamo che dal 2012 curatrice di Frieze Projects, la sezione non-profit di Frieze New York, Cecilia Alemani ha anche collaborato anche con musei come la Tate Modern, il MoMA PS1, Palazzo Grassi, e organizzato mostre in gallerie di tutto il mondo, da Glee a Blum and Poe, Gió Marconi e Bloomberg Headquarters with Art in General e Artists Space.   Ma, lo ripeto,  tutto ciò non basta ad  avere in mano il polso della situazione artistica italiana certamente in movimento, ve lo assicuro.

 

Carlo Franza

 

 

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