“DIFFUSA.VESTIRE I LUOGHI”. A Carpi (Modena) quattro luoghi simbolo vestiti dalle installazioni ambientali di significativi artisti italiani.
Una mostra racconta le specificità di Carpi, fulcro di uno tra i più importanti distretti tessili italiani, grazie alle installazioni ambientali di Giuseppe De Mattia(Bari 1980), Teresa Giannico (Bari 1985), Francesco Pedrini (Bergamo 1973) e Fabio Sandri (Valdagno-Vicenza 1964), poste in quattro luoghi simbolo della città. Fino al 18 settembre 2016 il centro storico di Carpi (Modena) diventa museo a cielo aperto in occasione di “Diffusa. Vestire i luoghi”, mostra che racconta attraverso quattro interventi artistici in altrettanti luoghi simbolici, il carattere della città e le sue specificità. Con particolare riferimento al rapporto con il comparto della moda, nel rispetto dello status che fa di Carpi il fulcro di un distretto del tessile di assoluta rilevanza.
“Diffusa. Vestire i luoghi”, a cura di Luca Panaro, è mostra promossa dal Comune di Carpi e dai Musei di Palazzo dei Pio, ma devo confermare è un progetto di grande vitalità storica, capace di leggere gli ambienti, metterli in risalto, farli vivere ex-novo, traghettarli verso una storia del futuro.
Noi stessi per la verità negli anni ’90 a Martano (Lecce) – siamo nella Grecìa salentina- abbiamo curato per la Biennale della Scultura il Progetto “Le Quattro Porte” nei punti di accesso alla cittadina (Est- Ovest- Sud- Nord) con l’installazione di Porte monumentali, in pietra leccese, degli artisti Salvatore Spedicato, Marisa Settembrini, Alessandro Nastasio e Luciano Schifano.
Ora tornando al progetto di Carpi, è sintomatico come l’arte possa cambiare il volto di una città, vestirlo, offrire delle funzioni. Giuseppe De Mattia presenta lungo il Portico Lungo di Piazza dei Martiri una installazione site-specific dal titolo “Madri”. L’opera gioca sull’affinità, non solo semantica, tra il concetto di maternità e quello di matrice tipografica. La riflessione dell’artista muove, infatti, dalla scoperta dei reperti conservati nella sala che i musei civici di Carpi dedicano alla xilografia, antica arte di stampa usata anche in campo tessile per la creazione dei pattern delle diverse stoffe, perfezionata proprio da Ugo da Carpi (primo artista, nell’Italia del XVI secolo, a sperimentare questa procedura a più colori). De Mattia considera le matrici come madri che non possono più avere figli, alle quali riconoscere attraverso l’azione artistica un ultimo slancio creativo, sintetizzato nella riproduzione del loro segno su una lastra tipografica moderna e su un abito da lavoro, omaggio implicito al modello che Carpi ha rappresentato nel campo delle politiche per l’occupazione femminile.
Anche Teresa Giannico restituisce, nel Cortile d’onore di Palazzo dei Pio, la propria riflessione sul ruolo della donna nel tessuto produttivo e sociale di Carpi. Con “The Peepshow” l’artista pugliese costruisce surreali collage che assemblano vecchie immagini d’archivio conservate nel Centro di Ricerca Etnografica dei musei, reinventando i luoghi, gli strumenti e i gesti propri delle cucitrici che confezionavano o rifinivano abiti a domicilio. La memoria di un passato reale si confonde così a quella immaginata, mitizzata, governata in modo partecipato dal pubblico attraverso il Mutoscopio, scatola ottica a manovella che consente di fruire delle immagini in modo individuale.
Francesco Pedrini ritorna con “Planetes” all’epoca della raffinata corte rinascimentale dei Pio, evocando in modo implicito gli studi astronomici di Pico della Mirandola, zio di Alberto III, ultimo signore della città. Considerando la Torre della Sagra come il fulcro di un ideale universo, Pedrini colloca in otto punti di Carpi (biblioteca, ludoteca, librerie, ma anche la piscina dove si allena l’olimpionico di nuoto Gregorio Paltrinieri, carpigiano, e un centro commerciale) visibili proprio dalla cima della torre la riproduzione simbolica dei diversi pianeti del sistema solare; ne nasce una mappa astrale riportata su terra, tracciata per circa due chilometri e mezzo lungo i principali assi di percorrenza della città, mantenendo distanze e grandezze proporzionalmente affini a quelle celesti.
Guarda a un’epoca più vicina a noi, infine, Fabio Sandri, che si relaziona con l’opera permanente “Architettura caco-goniometrica-entrexit”, posta negli anni ottanta nell’Area verde di San Rocco da Gianni Colombo. Sandri riprende la scansione spaziale segnata a suo tempo da Colombo rivedendone i passaggi armonici tra arcate e camminamento, creando una nuova porta d’accesso all’Area verde: un’architettura effimera in grado, grazie a un articolato sistema dotato di carte fotosensibili, di “conservare memoria” dei passaggi del pubblico.
“Diffusa. Vestire i luoghi” è una lezione colta, attiva, strutturata, fattiva, credibile, innervata nella storia della città, e soprattutto pur raccontando il presente, lega passato e futuro.
Carlo Franza