John Currin, pittore di vita e di donne. L’artista americano in una grandiosa mostra al Museo Bardini di Firenze.
John Currin( americano di Boulder-Colorado, 1962), è senz’altro tra i più significativi artisti del nostro tempo. Pittore di vita e di donne. E’ protagonista di un grande evento al Museo Stefano Bardini di Firenze (fino al 2 ottobre 2016), e si tratta della prima mostra personale di Currin in uno spazio pubblico italiano.
Pittore sofisticato per tecnica e cultura visiva, Currin è conosciuto e apprezzato per ritratti elegantissimi e scene anche lascive interpretate con un ironico, sconcertante realismo. Nei dipinti, spesso quadri di piccolo formato, Currin dissimula una conoscenza spiccata della storia dell’arte e un gusto assai sofisticato della composizione figurativa. Con ambientazioni mai banali e sottintesi sarcastici, e una scelta dei soggetti che ricordano per definizione formale anche la grafica di riviste patinate o pornografiche, l’artista statunitense ha saputo ridefinire la ritrattistica contemporanea. L’interpretazione dell’eros femminile e della psicologia borghese americana, risulta nelle sue opere quasi surreale o grottesca, estremamente perturbante; la sua satira figurativa non è mai di cattivo gusto. Le sue figure, vestite o atteggiate come comparse di romanzi rosa o come manichini di un centro moda, dallo spirito zelante anche nel caso di pratiche sessuali solitarie o di gruppo, svelano segni ed espressioni di inequivocabile alterazione psico-fisica. L’anatomia sproporzionata, o prospetticamente deformata, l’espressione facciale, altera l’ideale rappresentazione del corpo o del volto femminile rinascimentale. In questo senso la sua pittura si situa nella scia di Pablo Picasso e di Willem de Kooning piuttosto che su quella di John Singer Sargent o di Edward Hopper. Una pittura d’impatto, sempre lussuriosa, o meglio una sorta di colta e raffinata “volgarizzazione” dell’arte figurativa classica, che ha permesso a Currin di esaltare la pittura stessa, e con essa definire una nuova forma di bellezza artistica che si avvantaggia in effetti di una inedita immaginazione o “maniera” figurativa. Pittore neobarocco lo definirei, nel più bell’uso che si può fare di questo termine. Quei corpi e quei volti, a volte resi perfino disdicevoli, appaiono belli in virtù della loro trasfigurazione pittorica, attraverso la ricercata volgarizzazione del codice classico. In alcuni dipinti donne e uomini fanno sesso come interpretando una scena porno, i suoi personaggi vivono il corpo e la sessualità in maniera esibizionistica e alterata. Sembrano recitare a soggetto in una scenografia allestita per un film o un selfie; Currin ricerca e attiva qualcosa di paradossale: tra reale e fittizio, tra contemplazione e voyerismo, tra osceno e raffinato, tra verità fotografica e invenzione figurativa. Dunque, nessuna avversione per la pittura figurativa, che non vive d’accademia ma si è liberata ideologicamente. Mai sgradevole, mai disgustoso, e mai scontato, Currin affronta generi e stili diversi scegliendo e alternando temi e registri differenti come il ritratto, la natura morta, l’osceno e il triviale, il lirico e il sentimentale. La sua abilità si manifesta nei ritratti eseguiti con pennellate veloci e sprezzanti come hanno già fatto Frans Hals e Édouard Manet, in nature morte eseguite con la perizia calligrafica di un pittore olandese rinascimentale, in tappezzerie e mazzi di rose di una freschezza impressionistica. Ogni suo quadro è anche un omaggio simultaneo alla grande pittura europea e alle sue diverse stagioni: alla pittura rinascimentale (Botticelli e Cranach), a quella manierista (Dosso Dossi e Parmigianino), così come a Tiepolo e Fragonard, a Courbet e Monet, a Magritte e Otto Dix, all’illustrazione pornografica di Giulio Romano e a quella di Paul Emile Becat. La nudità viene ostentata, così come i genitali, che appaiono esibiti con minuziosa impudicizia, allo stesso modo di una capigliatura, di una stoffa, di un elemento di decoro o di arredo, di un servizio di porcellana, di una caraffa ricolma di acqua, di un tacchino o di un astice. Spesse volte le donne ritratte in accoppiamenti o conversazioni galanti, sorridono e digrignano, soffrono e godono nello stesso istante e modo. Rabbia, isteria, sintomatici difetti inscrivono termini da ‘commedia’ all’interno di nobili composizioni. In molti casi dietro la scintillante bellezza, la lussureggiante sensualità, affiora un senso di vacuità e di glaciale indifferenza, come se il benessere e il lusso, avessero reso insensibili pelle e anima, trasformando l’amore romantico in apatico consumo sessuale. Le sue donne possono essere superdotate (seni e fianchi rotondi e gonfi), o al contrario esibiscono la propria magrezza, una sterilità che è sia del corpo sia dell’anima. La voracità sessuale sembra una conseguenza esagerata della frigidità morale di una classe sociale plasmata dal lusso e dal consumo. Allo stesso tempo si avverte un senso di genuino stupore di fronte al miracolo della pittura quando con essa è dato immortalare il trascorrere della vita in un’espressione o in una forma, una sensazione elettrizzante o piacevole, un sentimento di benevolenza o compassione in una linea o in un colore, fissando per sempre quel magico momento. Nella sua carriera, Currin, ha affrontato generi e soggetti nobili e volgari, in modo ora oltraggioso e perfino grottesco, svelando difetti, vizi, pene, il lato patologico della libido e quello angoscioso dell’eccitazione, il perturbante, fosse anche la sofferenza, il dolore, l’angoscia, in una superficie pittorica analoga o contraria. La stesura pittorica, infatti, appare ora sprezzante e veloce ora lenta e meditata, ora puntigliosa e meticolosa ora immediata e beffarda. In mostra presentati una serie di dipinti inediti per l’Italia, scelti dall’artista in dialogo con le straordinarie raccolte di pittura e scultura del Museo Stefano Bardini, grandissimo antiquario e collezionista fiorentino del XIX secolo. Si tratta di ritratti familiari (Rachel, sua moglie, i tre figli Francis, Hollis e Flora), di ritratti allegorici (Flora, The Penitent, The Lobster) e di ritratti muliebri (Bent Lady, Anna, Big Hands), di nudi femminili (Nude in a convexmirror), opere presentate per la prima volta in Italia affiancate a Madonne donatelliane, bronzetti e porcellane, cornici intagliate, dipinti seicenteschi, sculture lignee medievali. Esposti pure alcuni disegni, a ben rappresentare la prodigiosa tecnica di Currin, in dialogo con la “sprezzatura” grafica di Tiepolo e Piazzetta, di cui al Museo Bardini si conserva una serie assai pregevole di esemplari.
Carlo Franza