Gioni David Parra apre la stagione dell’arte a Milano. Alla Galleria Antonio Battaglia un evento internazionale.
Gioni David Parra apre la stagione artistica milanese con una mostra alla Galleria Antonio Battaglia che ha dell’incredibile per la sua internazionalità. Materie e universi, ma anche minimalismo, arte analitica, primitivismo e nomadismo.All’inaugurazione sembrava essere ritornati agli incontri che si vedevano nelle gallerie negli anni d’oro Ottanta.
L’interesse verso mondi creativi, con l’uso di materiali diversi, ha mosso l’artista Gioni David Parra a far generare un fenomeno di nuove apparizioni e di nuove letture del mondo, una sorta di lenticolari capitoli di scenografie vitali ove convergono poetiche parallele, intenti evocativi atti a testimoniare quanto oggi l’arte viva di commistioni, di compenetrazioni sensibili che investono sia il campo dei materiali, quanto quello dei nuovi modi di sentire. E’ così che Parra ricerca altri linguaggi visivi per sfuggire all’ieri più prossimo esaltando materia e materiali certo, ma anche paesaggi impropri e universi, per far rivivere e portare a nuovi risultati quella drammatizzazione magica di Beuys.
Gli esempi materico-cromatici che transitano sia attraverso il poverismo di materiali che negli esempi di soluzioni concettuali e strutturali in cui per l’apporto Parra pare maestro indiscusso. Eventi e lavori che non chiudono un’epoca, né si fanno archivio, ma con i loro miti e i loro scarti si portano verso sperimentazioni inaudite, pur con linguaggi diversi, divenendo fresche installazioni tese fra effige del taglio e manipolazioni del racconto. Ecco allora oggetti statici ma non definiti che fanno brillare la sua umanità sotto-vuoto, il suo rapportarsi forte alle materialità del mondo, alle pollulazioni della materia che cresce e si conforma come nelle composizioni “Matterlight”, all’ossessione per una aniconica e rigorosa esposizione di frasari-materici, soggetti di ricerca evocativi di assoluto lavoro scultoreo. La vitalità delle sue confluenze e contaminazioni accende gli ambienti dove le opere lasciano leggere mirate riflessioni sul lavoro dell’artista. Traspare chiaro il grado alto di coscienza di Parra nell’attuale crisi dell’ecologia mentale che gli ruota intorno, e che fa credere che l‘arte sia “dappertutto”, combine painting, compressioni, moduli aperti e chiusi, accumulazioni, improprie estroflessioni troppo barocche e fiorite, ecc. Il suo grado di coscienza implica per l’appunto la singolarità irriducibile dell’autore, l’identità della sua “persona” che si nutre del mondo circostante, degli universi che gli ruotano attorno, e lo qualifica proprio nel suo “fare” rispetto agli altri. Finalmente, mi pare che con Parra ci sia una rottura, una svolta con quanto operato fino ad oggi, e condizionato il gusto; con l’artista toscano si segna la presa di coscienza della ragion d’essere dell’arte, di quell’interferenza neoantropologica entità di istanze ecologiche, di adesione al nuovo progetto di lettura del mondo e degli universi. Qui entrano in ballo questioni nodali, che non vuol dire perdere la memoria storica che aleggia scenograficamente sul tutto, quanto il rispetto dell’atto creativo che si lega come perfetto viatico ecologico per l’uomo, e muove “giochi” che implicano l’ambiente, il territorio o stanza in termini globali, nei termini globali che si propongono nei suoi ambienti. Uso l’aggettivo nuovo che vale mille narrazioni per significare l’arte di Parra, una narrazione estetica che vive nelle sfere dell’urgente freschezza che muove e agita il suo spirito autentico, attore di allestimenti, storie, luoghi, stanze delle arti, dove il vuoto si ricopre di oggetti materici, reliquie naturali – vedi i “Nocube”, lacerti, atti creativi di affinità profonda con il nomadismo e il primitivismo spensierato degli anni Ottanta del novecento e muovendo oltre, verso proprie visioni. Una lezione colta di installazioni, materiali, “atti linguistici” che fanno discutere della profondità della visione”. Con le installazioni denominate “Lame di luce”/Bladelight o anche Stonelight, vere e proprie reliquie del mondo riportate all’attenzione di chi osserva, Parra giunge a essenzializzare la ricerca che ispira le varie composizioni. L’artista vi interviene attraverso un triplice processo; in questo lavoro nella tavola opaca la prima scelta della materia prima, con la pietra ancora grigia e opaca come sezione materica e temporale. Nella seconda fase abbiamo la lucidatura a mano da parte dell’uomo ancora a bottega, ancora artigiano. Nella terza fase dove appare la lama dipinta ecco l’intervento dell’artista. E’ un intervento che chiude il percorso con la stratificazione del proprio impasto denominato Matterlight. Lo stesso impasto che ritroviamo sulla tela. Un percorso -confessa l’artista- che parte dalla notte dei tempi e arriva al contemporaneo, un percorso tra archetipo e mito dove trova ragione il filosofo, l’archeologo, lo storico e l’architetto. Lo chiamerei proprio una sorta di “minimalismo pop”. Le opere di Parra sono intrise di una ricerca che si avvale di un sottile e complesso spiazzamento, la pittura si conglomera con i materiali, talvolta estroflette movimentazioni come in “Matterlight”, una sorta di magmatica effervescenza per via di un polimero plastico che assume nella sua monocromia effetti diversi di lucentezza e opacità, originando l’evocazione di un mondo in movimento, di un universo in trasformazione.
L’arte messa in atto da Gioni David Parra si muove tra leggerezza e pesantezza, aleggia estrema, opaca, magnifica, dipinta, ritagliata, si erge opera monumento, dettata in tutta la sua potenza e nudità, unicità e presenzialità. Come si vede nell’opera monumentale “Obelisco di luce” (Valventosa dSeravezza LU, 2015 e Parco dell’Arte Cannavale-Marazzi, Val del Conero, Massignano AN, 2016) capace di svelare la potenzialità della materia lavorata e capace di significare il vero senso della scultura. L’importanza dell’aspetto progettuale, lo studio di criteri cinetico-visuali, l’uso dei materiali che conferiscono valore cromatico-strutturale anche alla luce, precisano il contatto di questo lavoro con un disegno che anche nell’organizzazione sequenziale-scultorea sviscera il proprio rigore. Il disegno concettuale che muove le opere con un meccanismo sottilmente manierista, prende le distanze dalla materia stessa per divenire una sorta di festa del fuoco, motivandone le geometrie dionisiache. E questo è solo l’inizio in crescendo di una stagione matura che avvantaggia Gioni Parra e lo pone già nel clima dell’internazionalità.
Carlo Franza
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