La Turchia sotterra la cultura. Il Paese lascia “Creative Europe”, il programma europeo di finanziamento delle attività culturali.
Scottano ancora le immagini del recente colpo di stato in Turchia, che intendeva mettere fuori gioco il dittatore islamico Erdogan. Solo l’esercito poteva riportare la Turchia ad essere quel paese laico che Ataturk padre della Turchia ci aveva lasciato. Adesso la Turchia, con le ultime notizie che ci giungono a tambur battente in diretta, non potrà mai più essere in Europa. Ora, a seguito degli avvenimenti degli ultimi mesi, tra colpi di Stato falliti e susseguenti epurazioni di massa, a pagarne le spese è proprio il sistema culturale turco, già provato dall’allontanamento dai loro posti di lavoro di migliaia di insegnanti, accademici e giornalisti; allontanati così dalla vita pubblica per mettere a tacere il libero pensiero e la cultura.
Ora ascoltate cosa è successo in questi giorni, la pulizia -e che pulizia- è toccata proprio al mondo dell’arte del paese euro-asiatico, che dal 2014 beneficiava del fondo “Creative Europe”, una linea di finanziamento dell’Unione Europea di oltre un miliardo e mezzo di euro dedicata alle attività culturali e artistiche. Poichè dal 2017 la Turchia non sarà più parte di tale programma, la notizia ha gettato nel buio più totale artisti e intellettuali che da sempre si battono per un avvicinamento tra il Paese e l’Europa. Ha ricordato Görgün Taner, direttore generale dell’Istanbul Foundation for Culture and Arts, che “Creative Europe” non solo forniva i mezzi economici per realizzare numerose attività, ma costituiva un ponte importante tra la Turchia e i paesi vicini.
Nulla trapela sul perchè della decisione del governo turco, mistero assoluto, nonostante qualcuno abbia avanzato una ipotesi non trascurabile; il quotidiano “Haberturk” ricorda che, lo scorso aprile, il programma ha finanziato un concerto dell’orchestra sinfonica di Dresda in commemorazione delle vittime del genocidio armeno durante la prima guerra mondiale che costò la vita a oltre un milione e mezzo di armeni. Libertà soffocate certo, ma aver minimamente azzardato l’ammissione del genocidio armeno ha messo la cultura al muro pronta ad essere fucilata.
Carlo Franza