Duilio Cambellotti fascista rivive in una bellissima mostra al Museo Emilio Greco di Sabaudia. Descrisse a colori la Bonifica dell’Agro Pontino.
A Sabaudia, il Museo Emilio Greco propone un’importante collezione di opere di Duilio Cambellotti (1876-1960), illustratore, scultore, scenografo, costumista, medaglista, ceramista, disegnatore di mobili e arredi, frescante, insomma, artista universale. La mostra, aperta al pubblico fino al 29 giugno, espone per la prima volta la collezione di lavori di Cambellotti riunita dalla romana Galleria del Laocoonte. Nella Collezione, sculture, disegni, bozzetti, opere di grafica, esempi notevolissimi e rari della ricerca di Cambellotti.
La scelta di Sabaudia, città fascista e Città di Fondazione della Bonifica dell’Agro Pontino, a sede di questa mostra non è casuale: ad essere in molte delle opere esposte è infatti la vicenda della delle Paludi Pontine risanate. La stessa epopea che Antonio Pennacchi ha fatto rivivere nel suo fortunatissimo Canale Mussolini. Romanzo storico e mostra si presentano come due facce di una medesima medaglia, testa e croce di un medesimo valore che fu fatica, dolorosa quotidianità, stenti ma anche speranza, così come Pennacchi racconta, eternata invece nella sua essenza simbolica come Cambellotti la disegnò.
Sullo sfondo di questa potente mostra si può immaginare La Redenzione dell’Agro (1934), il ciclo pittorico realizzato a tempera su pannelli in ardesia artificiale che decora il Palazzo del Governo di Latina. Gli uomini e le donne dell’Agro di Cambellotti interpretano la vita dell’Agro Pontino nella sua naturale semplicità. Esprimono la faticosa storia quotidiana della bonifica che giorno dopo giorno ha strappato alla palude e alla malaria terr e destinate a dare loro cibo e casa. Ed è proprio la speranza, anzi la certezza, di questo domani migliore che riesce a sublimare fatica e sudore, trasformandoli in simboli universali.
Della campagna pontina Cambellotti avverte – come egli scrive – la “malia intensa formata di sogni primordiali, di tristezza e di abbandono”, il pittoresco della natura selvaggia e malarica che il lavoro razionale e moderno della bonifica ha cancellato trasformandolo in passato mitico e quasi già nostalgicamente rimpianto. Il taglio forte e netto delle figure di Cambellotti è palesemente antinaturalistico, quasi espressionistico, e per questo potentemente evocativo di un’antichità in cui ogni forma era archetipo. La sua potente capacità di comunicare del resto è evidente in alcuni bozzetti e disegni per manifesti esposti in questa mostra, dove la leggenda classica rivive come una vicenda contemporanea.
Cambellotti era artista che oggi definiremmo “impegnato”, seguace dei principi dell’antico movimento Arts&Crafts e degli ideali umanitari di educare il più vasto pubblico al bello in arte. Con i temi sociali si era già misurato, giovane, all’inizio del secolo quando aveva prestato la sua arte per le scuole dei figli dei contadini dell’Agro Romano, e per costruire una mitologia della civiltà rurale legando l’osservazione del lavoro quotidiano agli antichi riti del Lazio antico e dell’origine di Roma.
Carlo Franza