Walter Valentini e le geometrie dell’universo. In mostra 130 opere al CAMeC di La Spezia di un’eccellenza dell’arte italiana.
A Walter Valentini è dedicata una grande mostra antologica dal titolo “Il rigore della geometria, le fratture dell’arte 1973-2017” allestita negli spazi del CAMeC di La Spezia. Una mostra significativa e di spessore in cui vengono passati in rassegna gli oltre quarant’anni di intensa attività artistica dell’artista marchigiano (Pergola, 1928), vissuto da giovane nell’ambiente e nella cultura della città di Urbino e poi trasferitosi definitivamente a Milano, dove ha intrapreso la sua strada pittorica rigorosa, progettuale, geometrica, storica, eccellente, e dove ha sviluppato ed evidenziato in modo impareggiabile e lineare un talento artistico capace di significarlo oggi fra le grandi eccellenze dell’arte europea. Ad Urbino, alla storica Scuola del Libro, e nel regno di quelle presenze storiche che attraversano i luoghi di Piero della Francesca, del Laurana, di Fra’ Luca Pacioli, che Valentini riceve l’imprinting classico e la ‘misura’ rinascimentale, è invece a Milano che Valentini assorbe la sua cultura astratto-concreta, il suo specifico interesse per le superfici ritagliate come un universo. Valentini nel panorama italiano è di sicuro un caso a sé stante per l’originalità e la coerenza del linguaggio e per le sapienze artigianali che supportano le idee inventive. Ad essere precisi Walter Valentini ha trascorso il periodo della sua formazione prima a Roma (presso il Convitto della Rinascita, dove è stato allievo di Consagra, Turcato e Cagli), poi a Milano (seconda sede del Convitto, dove ha avuto come maestri Luigi Veronesi, Max Huber e Albe Steiner) e quindi a Urbino, dove ha frequentato negli anni Cinquanta la prestigiosa Scuola del Libro dell’Istituto di Belle Arti. Il percorso espositivo parte da storiche tavole della metà degli anni Settanta – Campo orizzontale A, 1975; Omaggio a Paolo Uccello, 1975; Io e te, 1974 -, per toccare la serie delle superfici incise dal tempo – campeggia all’entrata della mostra l’opera “La stanza del tempo” di oltre cinque metri di larghezza – per condurci, quindi, fino agli inediti gessi del 2016, passando fra sculture, incisioni, disegni e terrecotte che costellano il suo percorso artistico. Il collega Enzo Di Martino nel testo in catalogo ha scritto: “A ripercorrere il sentiero della ricerca di Valentini si capisce bene che quella attuale è una condizione ideativa in atto dall’inizio degli anni Ottanta, dal momento cioè in cui le sue opere abbandonano la superficie distesa della pittura – dove però la struttura compositiva dell’immagine era già esplicitamente matura, ai bordi della pura astrazione – e giungono invece a manifestarsi con sorprendenti rilievi spaziali e lancinanti scavi materici”. Gli elementi fondanti della sua poetica sono subito evidenti, intanto la cultura artistica del Rinascimento, fatta di armonia e di equilibrio, e che impagina tutto il suo lavoro negli anni ; il senso dello spazio e delle proporzioni proprio dell’architettura; le ricerche astratte dei costruttivisti russi e dei grandi maestri dell’astrazione e dello spazialismo; l’esigenza di dare rappresentazione al finire del tempo, al cosmo, alla memoria; la suggestione e la grande sensibilità per i tanti materiali usati. La dimensione di crisi e le incertezze del presente, gli spazi cosmici in cui è evocata la fine del tempo vivono nelle superfici violate delle sue tavole, segnate dai danni del tempo e dal mistero del perenne dinamismo dell’universo. In questo modo rompono, reinterpretandola in chiave attuale, la ‘divina proporzione’ classica. In mostra si susseguono oltre 130 lavori, che spaziano dalle tavole, alle carte, alle sculture, ai gessi, alle terrecotte refrattarie, alle grafiche, ossia toccano e danno risalto a tutti i generi, i materiali e le tecniche in cui si rivela la prodigiosa maestria esecutiva dell’artista e il suo linguaggio così unico e originale. Una sezione è inoltre dedicata ai suoi famosi libri d’artista che l’hanno visto alle prese coi poeti del presente e del nostro illustre passato; vere e autonome opere d’arte che invitano non solo alla consultazione ma anche all’apprezzamento dei fogli incisi con perfette architetture tipografiche, vere e proprie poesie visive che si accompagnano alle parole dei testi. A proposito di libri d’artista, voglio citarne quattro prestigiosissimi, e cioè quelli realizzati dalle Edizioni Proposte d’Arte Colophon: “Quattro canti, quattro incisioni” (Edizioni Proposte d’Arte Colophon 1989); “La notte viene col canto” (Edizioni Proposte d’Arte Colophon 1993); “Vola alta parola” (Edizioni Proposte d’Arte Colophon 1994); e poi “Vetrinetta accidentale” con i Cento Amici del Libro 2006. E per chiudere ecco anche l’intervento di Mario Botta: “L’impressione che coglie l’osservatore è quella che i tracciati grafici siano messi in atto per rispondere a verifiche di calcoli matematici complessi che richiedono appropriate competenze; sono schemi geometrici fatti di immagini che padroneggiano la composizione dell’opera con gerarchie e proporzioni pensate per i singoli temi. Il “miracolo” artistico risiede semplicemente nella sensibilità, nella misura e nelle proporzioni con le quali l’artista compone intuitivamente lo spazio dell’opera, collocando differenti figure geometriche in funzione di armonie che ritiene opportune”.
Carlo Franza