Il Tesoro di Santa Rosa a Viterbo. Una mostra nella città laziale lascia vedere capolavori d’arte ma anche momenti di fede e spiritualità.
La mostra “Il tesoro di S. Rosa. Un monastero di arte, fede e luce”( a Viterbo-Monastero di Santa Rosa, fino al 6 gennaio 2018) fa il punto su una grande santa italiana, sui grandi festeggiamenti che si tengono annualmente nella città di Viterbo in occasione della festività della Santa Patrona, ed espone, insieme per la prima volta, preziosi manufatti tra cui manoscritti, documenti, dipinti, ceramiche e argenterie che ricostruiscono la vita della Santa e le vicende meno note del monastero viterbese. Un monastero, una giovane santa e un tesoro che per secoli è stato conservato con devozione. Rosa è una santa giovane, povera e rivoluzionaria i cui resti, dal Tredicesimo secolo, sono ospitati nel Monastero posto nel cuore della città di Viterbo. Attorno al suo culto patronale, la Città dei Papi vive celebre festa della Santa incentrata sulla processione della statua con la luminosa macchina di S.Rosa portata a spalla, espressione di suggestivi momenti, di viva e sentita partecipazione dei fedeli, mostrando dunque l’attualità di una lunga tradizione fatta di storia e di fede.
Vi troviamo in mostra quattro aree tematiche: l’antico monastero e la sua decorazione; la vita di Santa Rosa e la sua canonizzazione; le suore di Santa Rosa e la vita nel monastero; la devozione popolare e gli ex voto. Si disegna così, intorno al chiostro, un percorso che esalta sia il valore storico artistico e etnoantropologico dei singoli pezzi sia l’aspetto spirituale del luogo che li ospita. Preziosa e oggetto di devozione toccante la teca contenente il corpo della santa, poi gli ambienti della mostra svelano via via dipinti di particolare interesse storico-artistico come quelli restaurati proprio in occasione dell’esposizione: la quattrocentesca Madonna del Latte dipinta su una tegola e un olio su tela del XVI secolo raffigurante Sant’Orsola; il bozzetto di Marco Benefial (gentilmente concesso da Intesa San Paolo) con La prova del fuoco; riproduzioni degli acquerelli secenteschi del Sabatini con la storia della Santa, dipinta a metà del Quattrocento da Benozzo Gozzoli nell’antica chiesa andata distrutta; e ancora i preziosi documenti relativi alla santificazione: il manoscritto del 1457 contenente il processo di canonizzazione e le cosiddette Lettere patenti di 13 comunità limitrofe che lo sostenevano. Ogni lettera è munita di sigillo e si ritiene che siano i sigilli più antichi (1457) finora noti per quei comuni. Nella sala del refettorio, dove i dipinti murali appena restaurati consentono di calarsi nella vita del monastero, sono esposti gli antichi “Abadessati”, documenti conventuali che testimoniano i periodi delle varie Badesse; ceramiche antiche ed elaborate oreficerie. Alcune ceramiche recano il nome per esteso della suora che, messo in relazione con i nomi presenti nei registri dei Capitoli, ha permesso di attribuire con esattezza l’oggetto alla monaca e di ricostruire uno spaccato della storia del monastero compreso tra la fine del XVI e il XVIII secolo; infine gli ex voto, esposti anche virtualmente grazie alla nuova postazione multimediale, testimoniano la devozione popolare verso la Santa.
La mostra è quindi, a partire dai restauri eseguiti grazie al prezioso contributo della Fondazione Carivit, occasione per vedere intanto opere d’arte legate alla devozione della Santa, ma ritrovare anche nella città di Viterbo, sede papale per circa 24 anni, segni di fede e spiritualità.
Carlo Franza