Il Museo della Follia a Napoli in mostra alla Basilica di Santa Maria Maggiore alla Pietrasanta. La Pazzia nell’Arte Moderna e Contemporanea.
A Napoli la mostra “ Il Museo della Follia”, curata da Vittorio Sgarbi allestita alla Basilica di Santa Maria Maggiore alla Pietrasanta a Napoli di Napoli aperta fino al 27 maggio 2018. Interessante la presentazione alla stampa, alla quale hanno partecipato anche prestatori d’opera, collezionisti e sponsor, nella cripta della Basilica appena aperta e restaurata; un parterre di relatori eccellenti che hanno preceduto il curatore, quali come Monsignor Vincenzo de Gregorio rettore della chiesa, il magistrato Nicola Graziano, lo psicologo Raffaele Morelli, il direttore del museo Madre Andrea Viliani e la direttrice dell’ospedale Santobono Pausillipon Annamaria Minicucci al quale Diego Armando Maradona ha ceduto in beneficenza il cachet ricevuto per l’utilizzo del suo nome.
Tutti d’accordo nel sostenere che la follia è fonte di talento e, comunque, di non omologazione, che non per questo deve essere alienata. “Molto genio viene dalla follia e molta luce viene dal buio. Non c’è un solo matto in cui io non mi identifichi – ha dichiarato Sgarbi – Se oggi dovessi ribattezzare la mostra qui a Napoli la definirei da San Gennaro a Maradona: la follia è anche quella che un personaggio riesce a generare negli altri. Infatti San Gennaro, il cui sangue si scioglie periodicamente, rende folli i napoletani nella superstizione mentre Maradona li ha resi folli di gioia”. L’immagine simbolo del Museo della Follia a Napoli è quella del Corno Reale di Cesare Inzerillo, – prosegue Vittorio Sgarbi – ma aspetto quello del mio amico Lello Esposito, artista napoletano, che non può mancare all’interno di questa esposizione e colgo l’occasione per gioire al rifiuto della Soprintendenza per la realizzazione del corno sul Lungomare anche se, mi devo ricredere, tutto sommato non era poi tanto male”. La mostra itinerante – a cura di Vittorio Sgarbi, realizzata da Cesare Inzerillo, Giovanni Lettini, Stefano Morelli e Sara Pallavicini – si snoda in un percorso eterogeneo di oltre 200 opere tra dipinti, fotografie, sculture, oggetti e istallazioni multimediali sul tema della follia. “Entrate, ma non cercate un percorso, l’unica via è lo smarrimento”. È questa la condizione ideale per affrontare l’intimo rapporto tra arte e follia che si snoda nel labirinto sensoriale del museo. La mostra si articola in diverse sezioni: il percorso apre con i dipinti e le sculture di grandi maestri della storia dell’arte internazionale come Franz von Stuck, Antonio Mancini, Vincenzo Gemito, Francisco Goya, Francis Bacon, Adolfo Wildt e nazionale – come Telemaco Signorini, Fausto Pirandello,Antonio Mancini, Vincenzo Gemito e Antonio Ligabue “la cui mente, attraversata dal turbamento, ha dato forma a un’arte allucinata e visionaria. In mostra anche altre installazioni e, in anteprima mondiale, un olio opera di Adolf Hitler, frutto di una follia distruttrice. Poi ancora installazioni che mostrano documenti dell’inchiesta del Senato della Repubblica sugli ospedali psichiatrici giudiziari e poi tante altre sezioni tra cui una su “I pazzi politici”, sui manicomi e politica nel periodo fascista e altre sui ritratti e le opere di ex pazienti di manicomi.
Prosegue poi con gli “Stereoscopi”: supporti magici attraverso i quali il visitatore viene trasportato in un’altra dimensione, precisamente nell’ex ospedale psichiatrico di Mombello, luogo dove ha trascorso diversi anni della sua vita l’artista Gino Sandri, al quale è dedicata questa sezione, e le cui opere si alternano in un corridoio di emozioni. La presenza ipnotica di Carlo Zinelli, rompe la scena con dei coloratissimi dipinti e trova assonanza con l’esperienza artistica di Venturino Venturi, uno spirito giocoso e al contempo tragico, a metà strada tra fiaba e turbamento. Fabrizio Sclocchini ci conduce nelle stanze di un ex-manicomio abbandonato attraverso una serie di fotografie dal titolo “Gli assenti”. Sono immagini poetiche, che riportano in vita quei luoghi oggi abbandonati e sospesi in un tempo che non c’è più. Tra le video installazioni troviamo anche un inedito monologo di Paolo Crepet “Arte Libertà Follia Dolore. Da Mario Tobino a Franco Basaglia”; e alcuni interessanti documentari, tra cui “O.P.G”, un estratto dell’inchiesta condotta dal Senato della Repubblica sugli ospedali psichiatrici giudiziari. Poi tante altre sezioni tra cui una su “I pazzi politici”, sui manicomi e politica nel periodo fascista e altre sui ritratti e le opere di ex pazienti di manicomi.
Testimonianze preziose, come quegli oggetti che costituiscono la Stanza dei Ricordi e che diventano qui, in un allestimento diffuso, spunti suggestivi per un dialogo intimo con i grandi capolavori esposti.
Tra le novità di questa edizione ci sono due imponenti sculture che portano la firma di Cesare Inzerillo. La prima, omaggio alla città di Napoli e alla sua tradizione scaramantica, è un “Corno Reale” di oltre 3 metri; l’altra è un colossale “Apribocca” – realizzato su modello del vero presente in mostra – posto in relazione al celebre dipinto “L’adolescente” di Silvestro Lega. Assume dimensioni colossali anche la “Griglia” – la celebre installazione del Museo della Follia nella quale vengono mostrati i ritratti recuperati dalle cartelle cliniche di alcuni pazienti di ex manicomi – che si estende su quattro pareti, arrivando a una superficie complessiva di oltre 80 metri quadrati.
In questa edizione partenopea, la vera grande novità, da cui ha origine il sottotitolo, è l’ingresso del mondo del calcio nel mondo dell’arte: il Museo della Follia include qui, tra le vite di pittori, scultori e poeti, la presenza di Diego Armando Maradona. Spiega Sgarbi: “Non esiste un capolavoro indiscusso come non esiste un genio indiscusso. Fino a Caravaggio la vita di artisti anche immensi come Leonardo o Michelangelo è inferiore all’opera. Con lui la vita diventa arte. Come in Maradona. In entrambi l’esistenza passa per un abisso che non santifica. Non è una forzatura. I volti di Caravaggio sono i ragazzi di vita, delle strade, delle periferie dell’umanità. Le sue opere mostrano al contempo dolore e divino, luce e buio, peccato e redenzione. Maradona è il Caravaggio del Novecento. E io lo porto in un museo.” Arricchiscono questa nuova esposizione anche “I folli” di Agostino Arrivabene, sublime artefice di incubi e meraviglie. E poi un crescendo di emozioni che trovano culmine nel grande affresco a olio eseguito da “Enrico Robusti”; una imbarcazione in preda a una tempesta, a bordo della quale i visitatori incontreranno la vertigine psicologica tipica del virtuosismo pittorico di Robusti. Vincenzo Baldini, Sandro Bettin, Claudio Centimeri, Luca Crocicchi, Ulderica Da Pozzo, Giovanni Gasparro, Gaetano Giuffrè, Ernesto Lamagna
, Raimondo Lorenzetti, Gianni Lucchesi, Marilena Manzella, Tarcisio Merati, Gaspare Palazzolo, Alessandro Papetti, Tancredi Parmeggiani, Luigi Serafini, Nicola Sferruzza, Studio Azzurro, e ancora tanti autori, e tante opere che avrete modo di incontrare in questo viaggio, pensato per chi ha voglia di lasciare da parte la ragione per ritrovare, finalmente, la follia. Così il collega Vittorio Sgarbi curatore della mostra :“Un repertorio, senza proclami, senza manifesti, senza denunce. Uomini e donne come noi, sfortunati, umiliati, isolati. E ancora vivi nella incredula disperazione dei loro sguardi. Condannati senza colpa, incriminati senza reati per il solo destino di essere diversi, cioè individui. Nella storia dell’arte, anche prima dei casi clamorosi di Van Gogh e di Ligabue, molti sono gli artisti la cui mente è attraversata dal turbamento, che si esprimono in una lingua visionaria e allucinata. Ognuno di loro ha una storia, una dimensione che non si misura con la realtà, ma con il sogno”. E a questo punto aggiungo il ricordo e la memoria di Marcello Landi, poeta e artista di spessore a cui nel lontano 1976 feci il saggio introduttivo nel suo libro “La città nera” editrice Fermenti, Roma; senza tralasciare l’amica Alda Merini che soffrì in modo inverosimile le terapie che gli furono applicate e quel dolore poi generò la sua intramontabile poesia.
Carlo Franza