Atelier Blumer. Sette Architetture Automatiche e altri Esercizi. Al Teatro dell’Architettura di Mendrisio (Svizzera) nuovi modelli per la professione architettonica.
L’iniziativa presenta una serie di installazioni interattive, concepite e costruite dagli studenti di Riccardo Blumer presso l’Accademia di architettura dell’Università della Svizzera italiana. A Mendrisio (Svizzera), fino al 31 maggio 2018, il Teatro dell’architettura, la nuova struttura dell’Università della Svizzera italiana, progettata da Mario Botta e ideata al fine di favorire il dibattito culturale nell’ambito dell’architettura e delle arti visive, ospita Atelier Blumer. Sette Architetture Automatiche e altri esercizi. È questo il primo di una serie di eventi finalizzati a collaudare le potenzialità della struttura, cui seguiranno lezioni, dibattiti, proiezioni cinematografiche e altri eventi formativi, che condurranno alla grande rassegna Louis Kahn e Venezia, in programma nel prossimo ottobre. L’iniziativa, curata da Gabriele Neri, propone una serie di installazioni interattive, concepite e costruite dagli studenti di Riccardo Blumer presso l’Accademia di architettura dell’Università della Svizzera italiana. Esse rappresentano l’ennesima tappa di un percorso didattico e progettuale portato avanti fin dal 2007: nell’ultimo decennio Blumer – che è Direttore e docente dell’ateneo ticinese – ha infatti fornito un modello pedagogico alternativo rispetto al più canonico avvicinamento alla professione architettonica. Secondo il metodo Blumer, i principi fondamentali dell’architettura, della geometria e dello spazio, con tutte le implicazioni tecniche relative, vengono appresi riflettendo innanzitutto sul ruolo del corpo umano, enfatizzandone il ruolo poietico (il corpo che costruisce e produce oggetti), la sua potenzialità scenica (il corpo come dispositivo spaziale in movimento) e il suo essere unità di misura del mondo. A ciò si aggiunge il concetto di interferenza: giocando sul significato più popolare del termine – interferenza come fastidiosa interruzione di una trasmissione radio, ad esempio – Blumer cita in realtà il concetto scientifico offerto dalla fisica, secondo cui da una sovrapposizione di fenomeni nasce un rafforzamento reciproco di ognuno di essi.
Nello specifico, le Sette Architetture Automatiche hanno origine dall’interesse per il concetto di macchina capace di muoversi in modo autonomo (autómatos: ciò che si muove da sé). Se di Automi vi è traccia, con specie diversissime, in molte epoche e culture, per Riccardo Blumer tale immagine si lega alle più sofisticate applicazioni della robotica, anche grazie alla collaborazione instaurata con l’Istituto Dalle Molle di studi sull’intelligenza artificiale di Manno. Da questa suggestione è nata l’idea di verificare il complicato incontro tra le possibilità del movimento automatico e il “pensiero” sviluppabile in una macchina, e la loro applicazione libera nel campo dell’architettura. Gli studenti hanno quindi individuato due ambiti di indagine da incrociare assieme. Da un lato un tema architettonico semplice, elementare, archetipico: la porta, il muro, il percorso, il confine tra uno spazio e l’altro, la struttura, ecc. Dall’altro lato invece una riflessione – una interferenza – che indaga i fenomeni fisici e il loro rapporto con il corpo, utilizzando l’elettronica, la programmazione, il bricolage, ecc. Il risultato è visibile grazie a sette diverse installazioni interattive, con le quali il corpo del visitatore può interagire, e da cui emerge una meditazione sui temi primari dell’architettura attraverso il loro confronto con tecnologie più o meno sofisticate. E il riferimento, consapevole e non, alle esperienze artistiche e architettoniche dell’ultimo secolo: dalle macchine inutili di Bruno Munari all’arte programmata e cinetica; dalle Walking Cities degli Archigram alle coreografie del teatro sperimentale; dalle pellicole trasparenti di Frei Otto all’Art en mouvement di Tinguely e Calder; dalle sculture cangianti di Moholy-Nagy ai cortometraggi di Charles e Ray Eames, fino ai molti altri riferimenti che ogni visitatore saprà trovare. Il tutto è tenuto assieme dal sottofondo musicale prodotto da pistoni, motori, pulegge, compressori e sensori a fotoni, che diventa la colonna sonora di un’opera collettiva capace di mostrare prospettive spiazzanti, indefinibili, inutili e proprio per questo indispensabili per riflettere sul ruolo dell’architettura in un mondo che per la maggior parte non è lineare, ma fatto di interferenze. In aggiunta alle Sette Architettura Automatiche, sono esposti altri esercizi progettuali svolti dagli studenti di Riccardo Blumer negli anni passati, tra cui La Gabbia, L’uomo come misura della città, 140 modi di piegare la carta, All’origine dell’ordine, Come si muovono le nuvole, eccetera.
Per tutta la durata dell’Atelier Blumer, al Teatro dell’architettura si terranno delle iniziative collaterali: mercoledì 21 marzo, alle ore 18.00, la conferenza di Luca Gambardella (direttore IDSIA Lugano); martedì 24 aprile, alle ore 18.00, il concerto del compositore Nadir Vassena dal titolo Concerto per 24 motori e una fisarmonica; giovedì 31 maggio, lo spettacolo di danza Improvvisazioni automatiche della Compagnia Tiziana Arnaboldi.
Carlo Franza