5San Paolo diceva che la Croce è follia per i pagani e scandalo per i giudei; è certo che la Croce è uno dei simboli più  forti  -e aggi1ungo più sacri-  della storia dell’umanità,  che da millenni accompagna il cammino degli uomini. Sulla Croce molti artisti contemporanei si sono avvicendati a misurarsi,  proponendoci l’icona  universale della sofferenza, Dio fattosi uomo per la salvezza dell’intera umanità. Artisti di chiara fama si sono misurati sulla Croce  con opere di grande impegno sacrale,  Kengiro Azuma, Lawrence Carroll, Jannis Kounnellis, Mimmo Paladino, Arnulf Rainer, Hidetoshi Nagasawa, Lucio Fontana, Medardo Rosso, Alberto Burri, Marino Marini,  Marisa Settembrini, solo per citarne alcuni, senza dimenticare  la splendida acquaforte Christ en Croix di Georges Rouault del 1936. Persino  Francis Bacon  ebbe a scrivere : «…per le persone religiose, per i cristiani, la Crocifissione riveste un significato totalmente diverso. Ma per me, non crede4nte, essa è solo un atto del comportamento umano, un modo di comportarsi nei confronti di un altro…». 2 Noi cristiani, nella Croce abbiamo  l’inizio e  la fine, l’Alfa e l’Omega.  Nella liturgia del   Venerdì   Santo  troviamo  “Crux  fidelis”, un inno gregoriano  antichissimo, assai bello e che, almeno in passato,  era molto famoso (Crux fidelis,  inter omnes/  arbor una nobilis;/ nulla talem silva profert,/ flore, fronde, germine./ Dulce lignum, dulci clavo,/ dulce pondus sustinens…). Ora, in occasione della Settimana Santa e della Pasqua di Resurrezione 2019 l’artista Kuturi espone da domani 16 aprile (inaugurazione ore 20.00) una Croce monumentale nella  Chiesa Battista di  Via Pinamonte da Vimercate-130  a Milano. Le dimensioni della Croce sono di cm. 230 x 160,   ricavata da abete massello tinta noce scuro e in posa si presenta con lato A fronte muro, dorato a guazzo con specchio circolare a parete in metacrilato diametro cm. 50;  lato B fronte spettatore, foglia oro ossidata e corrosa nel centro; su di essa una luce proiettata. L’opera di altissima fattura  rimarrà poi in sito come acquisita permanentemente. Ultimamente Kuturi ha anche donato una sua Croce ai Musei Vaticani, con attestazione della Segreteria di Stato Vaticana.

La Croce non vive solo di segni geometrici che si confrontano e si intersecano, ma poiché è stata uno strumento di tortura  e Cristo uomo  è stato lì inchiodato sanguinante e agonizzante, divenendo anche urlo di angoscia e solitudine con quel “Dio mio  perché mi hai abbandonato? ;9ac012075e666166d531cc63f1dd0732-keqc-u31101262463899psg-656x492corriere-web-roma_416x312qui invece con Kuturi  la Croce si lascia leggere per via di  quella cicatrice  monocroma color  oro che l’avvolge nel punto di intersezione,  come trionfo sulla morte. E Giovanni Testori ripeterebbe oggi quella bellissima frase  che disse a suo tempo: “L’eterna verità dell’actus tragicus del Golgota sembra qui appartenere, tutta, al nostro tempo”. La frase mi è parsa consona all’impaginazione visiva che Kuturi ha voluto imprimere alla sua Croce, Croce di verità, Croce di  salvezza, Croce di speranza, Croce di transito tra cielo e terra.  Come Jannis Kounellis,  Kuturi evoca la grazia del ricamo e la forza della materia, il fuoco del martirio e il filo della memoria. Non è poco per un artista contemporaneo aver compreso come quel simbolo è simbolo non solo dei cristiani ma di tutti gli uomini di buona volontà. E se quella Croce Cristo la portò  caricandosela addosso con tutto il suo peso, prima di essere deriso e ucciso per essersi proclamato Figlio di Dio, ebbene la Croce di Kuturi appena posta in un sito sacro milanese significativo, rappresenta una storia di sofferenza e martirio, ma anche un volgerci a guardare i cristiani martirizzati oggi in molte parti del mondo. Ecco allora che la Croce di Cuturi sulla quale mi sono soffermato da vicino, ancor prima del prossimo Venerdì Santo alle porte, parla con veemenza nell’immaginario collettivo con una forza dirompente, segnando e condensando  significati religiosi e culturali ben precisi. Ho visto questa Croce a Milano dopo essere tornato da Roma in quanto riaperta al pubblico venerdì 12 aprile 2019 la Scala Santa percorsa da Gesù il giorno della sua morte per andare da Ponzio Pilato. Essa resterà aperta per 60 giorni fino alla Pentecoste, e  i fedeli hanno da subito cominciato a fare la fila per poter salire, inginocchiati, gli scalini santi che, dopo 300 anni, sono stati liberati dalla copertura in legno di noce voluta da Papa Innocenzo XIII. I 28 gradini di marmo, per la tradizione appartenevano al pretorio del governatore romano a Gerusalemme. Una coincidenza bellissima, lo assicuro.

Carlo Franza  

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