Giuliano Vangi. Lo scultore italiano che dalla matita allo scalpello ha dato un senso all’uomo e all’umanità. Una singolare mostra da Bottegantica a Milano ne mette in risalto la chiara fama.
Con la mostra personale di Giuliano Vangi, Bottegantica apre un suo nuovo spazio espositivo in quello che fu uno dei luoghi dove si è fatta la storia dell’arte italiana del secondo Novecento. Qui, in via Manzoni 45, dal 1946 ebbe infatti sede la Galleria del Naviglio, diretta sino al 2001 da Carlo Cardazzo. “Giuliano Vangi. Dalla matita allo scalpello”, curata da Enzo Savoia, Stefano Bosi e Valerio Mazzetti Rossi, è aperta al pubblico fino al 12 maggio 2019.
Con questa mostra, Bottegantica prosegue il suo progetto Contemporary / Lab, format con cui intende rendere omaggio alle principali personalità artistiche del nostro tempo. In mostra una selezione di venti sculture e una serie di disegni realizzati tra 1960 e i primi anni 2000, fondamentali per comprendere la poetica del maestro toscano, al cui centro vi è l’uomo di oggi: con la sua solitudine, la sua violenza, la sua rassegnazione, il suo bisogno di speranza. Tra i meriti di Vangi c’è quello di aver rinnovato il concetto di scultura, allargandolo oltre il confine dell’architettura e della dimensione spaziale, giungendo a creare un linguaggio personale e di estrema originalità. A lui il merito di essere, per primo, riuscito a realizzare compiutamente una ‘saldatura’ tra l’uomo e il suo significato; espandendo il suo concetto estetico dalla pietra alla terracotta, dalla resina all’avorio, dal design all’architettura. Tra il 1959 e il 1962 Vangi si trasferisce in Brasile dove si dedica a studi astratti, lavorando cristalli e metalli quali ferro e acciaio. Le sue opere iniziano ad attirare l’attenzione pubblica: vince il Primo Premio al Salone di Curitiba, espone al Museo di San Paolo e partecipa ad una mostra itinerante negli Stati Uniti. Al suo ritorno in Italia recupera la figurazione, ricorrendo alle doti plastiche per imprimere la forza e lo spirito del Tempo: l’uomo, maschio o donna che sia, diventa esempio e riflesso della società contemporanea. Del resto, chi se non l’uomo può raccontare l’uomo?
Uomo che cammina (1967), opera con cui la mostra prende avvio, esprime pienamente la centralità dell’arte di Vangi e la sua innata curiosità verso le culture del passato. Interesse che lo ha portato nel tempo a dialogare con la tradizione assiro-babilonese (Beatrice del 1997), con quella egizia (Donna e poesia del 2002) e del primo rinascimento, a cui l’artista rivolge sempre un occhio di riguardo, specie all’opera dell’amato Donatello. Parallelamente Vangi si pone in continuità con i grandi maestri della Scultura italiana del XIX e XX secolo: da Medardo Rosso a Adolfo Wildt, da Arturo Martini a Marino Marini.
Dopo la prima grande esposizione italiana, tenutasi nel 1967 presso Palazzo Strozzi di Firenze, Vangi attraversa un periodo di lunga e introversa sperimentazione di nuovi stilemi e contenuti avanguardisti. “Egli innalza la sua espressione artistica ad un livello esasperato e tragico, con implicazioni di una quasi insuperabile coscienza di solitudine”, scrive il collega Enrico Crispolti. Nel percorso espositivo ci si imbatte in statue solitarie colte in attitudini riflessive, come Ragazzo con le mani in tasca (1986), esposto alla Promotrice di Torino del 1989 e a Castel Sant’Elmo a Napoli nel 1991, in cui la compattezza della materiale dialoga con l’evocazione spirituale del personaggio: aspetti che invitano a riflettere sul tema dell’impersonificazione, tipica dei nostri tempi.
Diverse poi le opere dedicate alla complessa relazione uomo-natura, osservata nei suoi aspetti più eclatanti e contraddittori, con una particolare attenzione alla carica drammatica di quei fenomeni del mondo che sfuggono al dominio dell’uomo: la potenza distruttrice appare infatti deflagrante in opere come Katrina (2014), dedicata all’uragano che nel 2005 si è abbattuto sugli Stati Uniti. La metamorfosi dal reale al mentale, il passaggio verso l’introiezione psicologica, risulta subito evidente quando osserviamo i disegni preparatori (a matita, a carboncino, a pastello o con tecniche miste): i volti e i corpi sono disegnati con grande cura e attenzione anatomica e somatica, ed appartengono alla galleria di personaggi che Vangi in molte sculture chiama per nome (Beatrice, Clelia, San Giovanni), oppure definisce sottolineando confidenzialmente un gesto o l’abito (Ragazzi con i capelli neri; Piccola donna; Figura con mani nei capelli; Due ragazzi che corrono; donna con cappotto). Il contenuto umano e le sue originali soluzioni formali fanno di Giuliano Vangi un fenomeno unico in Italia e in Europa riconquistando una antica e sopita parola, avanguardia Rinascimentale.
Biografia. Giuliano Vangi nasce a Barberino di Mugello (Firenze) nel 1931. Dopo aver frequentato l’Istituto d’arte fiorentino, allievo di Bruno Innocenti, e aver praticato l’insegnamento a Pesaro, si trasferisce dal 1959 al 1962 in Brasile, dove espone nel 1960 al Museu de Arte Moderna di San Paolo. Rientrato in Italia, nel 1967 il critico Carlo Ludovico Ragghianti gli organizza una grande mostra alla Strozzina di Firenze. A tale evento ne seguono altri in Italia e all’estero, soprattutto in Germania e nell’Europa del Nord (Milano 1969; Monaco 1971; Londra 1973). Memorabili le mostre alla Permanente di Milano nel 1977 e alla Promotrice di Torino nel 1989-1990, ritenuta dalla critica “Come la più bella vista in Italia negli ultimi trent’anni”. Dopo essere omaggiato con un ciclo di bronzi, marmi e legni policromi presso Castel Sant’Elmo di Napoli (1991), Forte Belvedere di Firenze tributa a Vangi un’imponente esposizione nel 1995. Nel 2001 invece la personale presso l’Ermitage di San Pietroburgo. Giuliano Vangi ha realizzato numerosi monumenti collocati in contesti prestigiosi: la statua di San Giovanni Battista a Firenze; La lupa in Piazza Postierla a Siena; Il Crocifisso ed il nuovo Presbiterio per la Cattedrale di Padova; il nuovo altare e ambone del Duomo di Pisa; Varcare la Soglia, la grande scultura il marmo al nuovo ingresso dei Musei Vaticani; una scultura un legno policromo per la Sala Garibaldi del Senato; un ambone in pietra garganica sul tema di Maria di Magdala per la Chiesa di San Giovanni Rotondo dedicata a Padre Pio, inaugurata il primo luglio 2004; realizzata in collaborazione con l’architetto Renzo Piano, la Cappella la nuova cappella del cimitero comunale di Azzano (Lucca) inaugurata nell’ottobre del 2002 creata assieme all’architetto Mario Botta, con il quale ha collaborato anche per Il Santuario Beato Giovanni XXIII a Seriate (Bergamo) inaugurato nel maggio 2004. Nel 2004 espone prima a Milano alla Rotonda Besana poi a Pietrasanta. A Mishima, non distante da Tokyo (Giappone) sopra una collina a vista del monte Fuji, sorge il Museo Vangi, inaugurato nel 2002: è la prima volta che il Giappone intitola una struttura espositiva permanente ad una artista occidentale. A Vangi sono stati assegnati Il Premio dei Lincei e quello del Presidente della Repubblica, e il Michelangelo.
Carlo Franza