Helen Frankenthaler.Pittura/Panorama, 1952–1992 a Palazzo Grimani in Santa Formosa a Venezia in occasione della Biennale di Venezia 2019.
La Helen Frankenthaler Foundation e Venetian Heritage hanno costruito per la 58ma Biennale di Venezia 2019 dandone ampio e documentato risalto la mostra PITTURA/PANORAMA. Paintings by Helen Frankenthaler, 1952–1992, esposizione di dipinti di Helen Frankenthaler provenienti dalla collezione della fondazione a lei intitolata. L’opera della Frankenthaler torna così a Venezia dopo l’apparizione nel padiglione degli Stati Uniti della 33a Biennale di Venezia, nel 1966, attraverso una mostra monografica di quattordici quadri che offriranno una panoramica su quarant’anni di carriera dell’artista. L’esposizione si concentrerà sulla relazione tra i concetti di pittura e panorama elaborati da Frankenthaler attraverso l’interazione tra lavori che sembrano esser stati dipinti su cavalletto, seppur realizzati stendendo la tela sul pavimento, e grandi quadri orizzontali che si aprono su spazi bassi ma estesi, proprio come dei panorami.
PITTURA / PANORAMA, organizzata dalla Helen Frankenthaler Foundation e Venetian Heritage in collaborazione con Gagosian, è ospitata fino al 17 novembre 2019, all’interno di Palazzo Grimani in Santa Maria Formosa, uno dei più importanti centri culturali della Venezia del XVI secolo e residenza di una famiglia conosciuta per le sue collezioni e per il suo mecenatismo. L’atmosfera del palazzo sottolinea l’uso del colore della Frankenthaler, certo influenzato dai grandi artisti veneziani del Cinquecento.
La mostra è curata da John Elderfield, capo curatore emerito per la pittura e la scultura al MoMA di New York e Senior Curator per Gagosian, e comprende opere panoramiche che vanno da Open Wall (1953), quadro che ha anticipato il movimento Color Field degli anni Sessanta, alle tele intense e suggestive dei primi anni 90. I dipinti sono installati in una sequenza non strettamente cronologica, in modo da rivelare connessioni fra lavori appartenenti a periodi diversi e un’elaborazione di continuità e di continuo cambiamento. I quadri in esposizione possono essere suddivisi in quattro macro categorie:
Anni ’50: Il primo approccio della Frankenthaler con grandi tele orizzontali contemporanee è nel 1950, quando l’artista, allora ventunenne e da poco diplomata dal college, ammira delle composizioni astratte di Jackson Pollock realizzate con matasse aggrovigliate di vernice colata. In Window Shade No. 2 (1952), il lavoro meno recente in mostra, l’artista tenta di realizzare qualcosa di simile su scala più ridotta per poi applica poi la stessa tecnica ad opere che alludono al paesaggio, come 10/29/52. Open Wall è invece una grande figura orizzontale, che tiene insieme aree ampie e linee di colore. Il titolo dimostra come l’artista fosse consapevole del dibattito dei primi anni Cinquanta fra pittori e critici newyorkesi sul fatto che un quadro potesse somigliare ad una finestra oppure ad un muro. Frankenthaler voleva entrambe le cose: un muro spalancato.
Anni ’60: Per Frankenthaler il dipinto doveva essere una distesa di superficie piatta che creava l’illusione della profondità. Negli anni Sessanta, però, era la superficie piatta a predominare nella sua opera. In Italian Beach (1960), realizzata ad Alassio, le scorciatoie lungo una collina, un gruppo di foglie e una distesa di sabbia si estendono da una pozza di blu mare al bordo destro della tela. Pink Bird Figure I (1961) espande l’immagine piatta di un uccello sopra una traiettoria di volo disegnata orizzontalmente lungo il quadro. Con Riverhead (1963), invece, l’artista riprende la pittoricità delle sue tele degli anni Cinquanta in maniera più sontuosa.
Anni ’70 – ’80: Il lavoro più grafico di New Paths (1973) potrebbe suggerire la volontà dell’artista di tornare alle esperienze degli anni Sessanta; in realtà ci si trova di fronte a un percorso nuovo, una fusione di un’impronta piatta e schematica con un modo creativo di aprire lo spazio pittorico. Frankenthaler sfuma gli stretti nastri che attraversano il leggero canale orizzontale in modo da far sembrare che si allontanino man mano che si rimpiccioliscono. Tuttavia, a partire dai primi anni Ottanta, Frankenthaler amplifica l’approccio pittorico di Riverhead – come in E.M. del 1981- per poi modificare nuovamente il proprio lessico stendendo campi monocromatici di colore atmosferico sovrapponendovi gocce, punti e trattini sparsi di un pigmento più evidente come in Brother Angel (1983), oppure isole galleggianti di colore e linee calligrafiche come in Madrid (1984).
Anni ’90: Il lavoro di Frankenthaler degli anni Novanta è meno conosciuto e presentato in mostra attraverso le quattro opere più importanti risalenti all’inizio di questo decennio. In esse l’artista torna alla pittoricità di Riverhead, realizzata trent’anni prima, riempiendo le nuove tele in modo ancora più drammatico. In gioventù aveva dichiarato: “I miei quadri sono pieni di climi, climi astratti e non necessariamente naturali”. I titoli delle tele degli anni Novanta rievocano proprio condizioni climatiche estreme (Maelstrom, 1992), i luoghi in cui esse si realizzano (Snow Basin, 1990) oppure il momento in cui hanno inizio (Overture, 1992), o la loro misurazione (Barometer,1992). Il modo in cui Frankenthaler diffonde e stratifica il colore crea una rievocazione piena di atmosfera di acqua e cielo che si rifà in ultima istanza alla pittura veneziana del XVI secolo, e lo fa in una maniera molto personale, con uno sguardo premonitore al futuro, all’opera dei numerosi artisti che oggi si ispirano a lei.
Mostra complementare a Roma.L’esposizione si integra a quella intitolata Helen Frankenthaler: Sea Change: A decade of paintings, 1974–1983, in mostra alla Gagosian Gallery di Roma dal 13 marzo al 19 luglio 2019.
La mostra è accompagnata da un catalogo interamente illustrato pubblicato da Gagosian, con un’introduzione di Elizabeth Smith, direttrice esecutiva della Helen Frankenthaler Foundation, Toto Bergamo Rossi, direttore della Fondazione Venetian Heritage Onlus, una prefazione di John Elderfield e un saggio globale di Pepe Karmel, illustre collega professore associato di storia dell’arte dell’Università di New York.
Carlo Franza