“Guida alle reliquie miracolose d’Italia”, un libro di Mauro Orletti che ci offre sia storie celebri e curiose che di avventure e di fede.
È arrivato in libreria un saggio davvero singolare, ha per titolo “ Guida alle reliquie miracolose d’Italia” (Quodlibet, pp. 229,16 euro) a cura del giovane abruzzese Mauro Orletti (è nato a Chieti), ma bolognese d’adozione ( Ha collaborato con la rivista «L’accalappiacani» (DeriveApprodi), rivista di letteratura comparata al nulla che si faceva a Reggio Emilia).Si mostra Orletti con questo libro un raffinato narratore, preciso e ironico, e lo conoscevamo già per un altro testo che ci aveva benevolmente sorpresi, vale a dire “Piccola storia delle eresie “(sempre per Quodlibet). In questo libro racconto e storie si susseguono con grande rigore storico toccando le vicende di alcune delle più importanti e venerate reliquie del nostro paese. E’ nel Medioevo che le reliquie di santi, beati e martiri viaggiavano da un luogo all’altro d’Europa: dita, mani, gambe, piedi, teste, lingue, cuori e capelli. Le parti più pregiate riguardavano la specialità del santo: di Antonio di Padova, predicatore, la lingua; di Sant’Apollonia i denti cavati con le tenaglie: Paolo VI li fa raccogliere e ne riempie una cassetta con 3 chili e mezzo. Questa guida finalmente ci fa conoscere le più celebri e curiose reliquie, di cui l’Italia è piena: quelle ancora venerate perché incredibilmente miracolose, quelle cadute in disgrazia perché false e inefficaci; le vicende di chi le ha trovate e protette, oppure rubate, fatte a pezzi, falsificate e vendute. Valga per tutte il Santo Prepuzio, l’autentica lettera del diavolo, il corpo avventuroso di San Marco, il sangue di San Lorenzo e così via.
Per esempio della Basilica di San Giovanni in Laterano a Roma, cattedrale di Roma e sede del vicario di Cristo, nell’omonima piazza romana, alcune cose sono molto note, altre meno. È stata costruita in una prima forma nel quarto secolo. Fu sede del papato fino allo spostamento della Santa Sede ad Avignone in Francia. Nella Basilica, anno domini 896, si celebrò il “Sinodo del cadavere”: papa Formoso, deceduto, venne fatto riesumare dal suo successore, Stefano VI, e quindi processato, seppur da morto: più che per questioni spirituali, il fatto è che imperversavano durissime lotte di potere. La sentenza lo riconobbe colpevole, fu colpito da una sorta di damnatio memoriae, e il suo cadavere distrutto e gettato nel Tevere.
Dal libro di Mauro Orletti , si scopre un’altra cosa, assai meno macabra. Secondo alcuni testi medioevali, lì dentro nella Basilica, da qualche parte, erano custoditi (lo sono ancora?) i raggi della stella cometa che guidò i Magi nel loro viaggio verso Betlemme, per assistere alla nascita di Gesù Cristo, stando a quanto è scritto nel vangelo di Matteo. Tra tutte le reliquie raccontate nel libro – organi, capelli, pezzi di legno, ossa, gocce di latte, pietre utilizzate per la lapidazione, pelli, e così via – di sicuro la più luminosa. La più oscura, invece, è una lettera; dove l’oscurità dell’oggetto deriva dall’autore della missiva, che è nientemeno che Satana, che utilizzò inchiostro e carta per tentare una suora del convento di Palma di Montechiaro, in Sicilia; la lettera è ancora conservata nel monastero di clausura, nell’agrigentano.
Nella vasta, anzi vastissima letteratura, riguardante il Cristianesimo, il culto delle reliquie occupa un posto di primaria importanza, da cui non sono rimasti estranei artisti e scrittori come Philip K. Dick. Le storie che racconta Orletti spaziano toccando storie di viaggi e furti, inganni e violenze, tracciano la mappa di un’Italia, e di un’Europa, con un via vai di uomini di potere, avventurieri, popoli e fedeli che si raccolgono intorno al culto dei santi, combattono per il possesso di un frammento del corpo, mercanteggiando per un oggetto legato al santo se non addirittura alla divinità. Diverse parti del corpo di San Rocco sono collocate a Venezia, e poi “un braccio a Voghera, uno a Roma, una tibia a Montpellier, una rotula a Locorotondo, un frammento osseo a Genova, un tallone a Frigento, una porzione di scapola a Scilla, un dito ad Alezio”. E la Croce, la Santa Croce di Cristo, il Sacro Legno: già nel suo “Trattato sulle reliquie”, Giovanni Calvino (Jehan Cauvin, il riformatore del cristianesimo) azzardava che se tutti i pezzi attribuiti alla croce fossero radunati assieme, se ne sarebbe ricavata una grande nave. Il libro è scritto in modo cronachistico, chiaro, essenziale, avventuroso, certo non è un trattato teologico, ma il racconto di Orletti è attento, rispettoso, ironico. Il libro si concentra sui santi “storici” del cristianesimo, e quindi tra gli altri Sant’Antonio, San Martino, San Giuseppe, San Michele Arcangelo e così via; tuttavia il culto delle reliquie non è affatto estinto, sia perché continuano a essere prodotte sia perché continuano a essere commerciate o trafugate. E così esistono anche reliquie di “San Giovanni Paolo II” come le gocce di sudore su un tessuto. Per quanto riguarda i furti, invece, e questa storia è raccontata da Orletti nella sua Guida, bisogna tornare all’ottobre del 1991: ad attentare al mento e alla lingua di Sant’Antonio, venerate nella Basilica di Padova, furono gli uomini di Felicetto Maniero, il boss della mala del Brenta, che intendeva trattare per il rilascio di suoi uomini. Più recentemente, nel giugno 2015, i carabinieri che perquisirono a Lodi l’abitazione di un disoccupato calabrese ritrovarono i guanti usati da Padre Pio per proteggersi dalle stimmate, custoditi in una teca di cristallo e legno dorato.
Del resto, per ogni reliquia, per ogni brandello di ossa o lingua o occhi appartenuti a un santo defunto, ci sono state e ci sono a tutt’oggi migliaia di persone in carne e ossa che gli si radunano intorno, confidando nella preghiera, nell’invocazione, nel conforto, nel miracolo.
“Italiani, popolo di santi” è stato scritto sul palazzo della civiltà a Roma in epoca fascista, e noi aggiungiamo di teste di santi, di piedi di santi, di sangue di santi, e di ampolle in cui il sangue si liquefa come a Napoli con San Gennaro, sindoni, sudari, croci e amuleti vari; c’è traccia di tutto ciò nel libro fantastico di Mauro Orletti nella sua “Guida alle reliquie miracolose d’Italia”, proprio un Grand Tour religioso.
Nel nostro Bel Paese, laico, cinico, tutto forma, eppure molto, molto superstizioso, “si venera di tutto: il prepuzio di Gesù, la lancia che lo ha trafitto, la tovaglia usata per la lavanda ai piedi degli apostoli, la mangiatoia, il sacro capello della Vergine, la coda dell’asino della natività, i denari di Giuda, una piuma dell’Arcangelo Michele…”. Mercanteggiando col sacro in modo ironico, non eretico, Orletti ricorda che le reliquie sono “oggetti (per lo più parti del corpo, ndr) attraverso cui può esprimersi la divina volontà”, e dunque sono stati sempre contesi e ricercati in mezzo mondo, da Gerusalemme a Costantinopoli, dalla Spagna di Franco – che rubò e conservò come un talismano la mano di Santa Teresa – alla Francia e alla Germania, dove è diffuso il culto di San Gengolfo, patrono dei malmaritati, meglio dire cornuti.
Per le reliquie dunque grandi furti. “Il furto era uno degli sport più praticati del Medioevo: il corpo di San Nicola fu sottratto a Myra (nell’attuale Turchia) da una spedizione di mercanti baresi, le ceneri di San Giovanni Battista vennero trafugate – sempre a Myra – dai genovesi, i quali, per la verità, cercavano il corpo di San Nicola ma, appunto, vennero preceduti dai baresi”. Furti e mercimonio: la compravendita di oggetti sacri è da sempre considerata blasfema, in grado cioè di inficiare le proprietà taumaturgiche della reliquia, classificata come di “prima, seconda, terza e quarta classe in base alla provenienza e alla prossimità col santo, dalle sue stesse membra a parti del vestito, dai suoi accessori agli scalpi delle sue mostruose vittime, tipo la costola del drago ucciso da San Giorgio, da qualcuno erroneamente scambiata per un osso di balena…”.
E’un libro interessantissimo, certo da leggere, sida religiosi e laici, che può amplificare la fede, ma anche diminuirla.
Carlo Franza