Franco Farina palazzo dei diamanti«Se un giorno si farà la storia delle attività espositive in Italia, nell’ambito dell’ente pubblico e relativamente all’arte contemporanea, un capitolo di essa dovrà riguardare Franco Farina, forse il caso più 04-Collezione_Farina_02perspicuo nel corso degli anni Settanta». A scriverlo, nel lontano 1993, è Renato Barilli, testimone di prima mano del lavoro che andava svolgendo il “Maestro Farina” a Palazzo dei Diamanti e alla Civica Galleria di Arte Moderna di Ferrara. L’ho avuto tra gli amici più cari, per la sua competenza e per aver fatto del Palazzo dei Diamanti di Ferrara un centro d’arte internazionale come pochi avrebbero potuto fare. Un manager ante litteram, altro che i cosiddetti “curatori” di oggi, gente per lo più senza capacità e professionalità.  

Dal 1963 al 1993, trentennio della sua direzione, la città è diventata un punto di riferimento per l’arte contemporanea. Nelle sue sedi museali sono transitati, tra gli altri, Warhol, Rauschenberg, Schifano, Vedova, i videoartisti e tanta parte della critica nazionale e internazionale. In pochi anni, come per incanto, l’antica capitale estense si risvegliava effervescente e vivace, affermandosi sulla mappa del contemporaneo accanto a poli ben più grandi e importanti. In questi decenni sono stati organizzati quasi 1.000 eventi, frutto di un preciso progetto culturale, fitto di incontri, relazioni, prospettive. È in questi anni che i Diamanti si impongono in Italia come la sede privilegiata di grandi mostre capaci di attrarre tanto il vasto pubblico, quanto i fruitori abituali del 04-Collezione_Farina_03mondo dell’arte e gli addetti ai lavori. Del fermento di quel tempo è certamente testimonianza la raccolta appartenuta a Franco Farina, scomparso nel 2018. Dando seguito alla sua volontà, Lola Bonora, sua erede e storica direttrice del Centro Video Arte, ha donato al Comune di Ferrara e alle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea un ampio nucleo di opere che vanno ad arricchire le civiche collezioni di un valore che è al tempo stesso artistico e memoriale. Fino  al 15 marzo 2020, un’ampia selezione della donazione  viene  presentata al pubblico in dialogo con opere delle Gallerie. Il duplice intento dell’esposizione è restituire uno spaccato organico del panorama culturale e del fermento creativo cittadino di quegli anni e, parallelamente, raccontare la raccolta privata in relazione all’attività di promozione artistica svolta da Farina. Si tratta di un articolato tracciato espositivo che, dagli studi e dalle opere su carta di maestri del Novecento come Carlo Carrà, Giorgio de Chirico e Filippo de Pisis, muove verso lo spazialismo di Lucio Fontana, l’informale di Emilio Vedova, il New Dada di Robert Rauschenberg, il Nouveau Réalisme e la pop art di Mimmo Rotella e Mario Schifano fino alle sperimentazioni cinetiche di Getulio Alviani e Gianni Colombo. Il racconto della mostra ripercorre cronologicamente quella stagione espositiva, rileggendo alcuni tra i principali eventi allora promossi alla luce di preziosi e inediti materiali d’archivio. Casi esemplari sono la storica esposizione I pittori italiani dopo il Novecento, che riunisce i protagonisti del dibattito tra arte figurativa e astratta degli anni Cinquanta, o la memorabile prima assoluta di Ladies and gentlemen di Andy Warhol. Ad arricchire la narrazione figureranno manifesti, video e una documentazione fotografica delle mostre, oltre alla corrispondenza tra il direttore e artisti, intellettuali – tra i quali, Franco Solmi, Maurizio Calvesi, Carlo Franza,  Janus o Arturo Carlo Quintavalle – e importanti realtà culturali, quali la Sonnabend Gallery di New York, il Cavallino di Venezia e la galleria Schwarz di Milano.

Infine, il reenactment di due rassegne degli anni Settanta – Omaggio all’Ariosto e Diversi aspetti dell’arte esatta – pongono  in risalto alcune peculiarità del programma culturale di Farina, quali la volontà di testimoniare le tendenze contemporanee senza rinunciare a ripensare alla tradizione e l’attenzione al ruolo didattico e formativo dell’istituzione museale: «è una “galleria aperta” – dirà il maestro nel 1976 – uno dei pochi esempi nella nazione. Non possiamo rinunciare al compito di creare negli anni un pubblico consapevole, maturo e informato».

Carlo Franza

 

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