L’Ambasciatore Umberto Vattani e la Collezione Farnesina da Roma a Parigi. Dodici artisti e dodici opere sono una finestra sull’arte contemporanea in mostra all’Istituto italiano di Cultura di Parigi.
L’istituto italiano di Cultura di Parigi ospita una serie di opere appartenenti alla Collezione Farnesina, la raccolta d’arte contemporanea del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, ideata e voluta da quel fine intellettuale che è l’Ambasciatore Umberto Vattani. All’inaugurazione parigina l’ambasciatore Umberto Vattani è intervenuto insieme alla dottoressa Angela Tecce dirigente del Ministero dei Beni Culturali. Le due sale della mostra erano gremite per l’intervento di personalità del mondo culturale francese, rappresentanti del Musèe Rodin, del Grand Palais, del Beaubourg, e di varie Collezioni come la Fondation Cartier e altre Gallerie d’arte. Presenti anche l’Ambasciatrice d’Italia in Francia Teresa Castaldo ( che ha organizzato il giorno dopo l’inaugurazione una splendida colazione in Residenza alla quale sono intervenuti numerosi esponenti del mondo artistico francese), il Rappresentante permanente d’Italia presso l’OCDE Antonio Bernardini, il Console Generale a Parigi. Prendendo la parola l’Ambasciatore Umberto Vattani ha ricordato le origini della collezione Farnesina, sottolineando i percorsi da lui seguiti fin dall’inizio per rappresentare le principali correnti artistiche che si sono susseguite in Italia dalla seconda guerra mondiale in poi, arrivando fino ai movimenti più recenti; e sottolineando l’importanza di artisti come Burri, Fontana e Ettore Colla, presenti alla Farnesina, che hanno esercitato una grande influenza sulle più originali correnti artistiche americane del dopoguerra; anche ricordando che la collezione Farnesina ė un’antologia di tutto il ‘900 italiano dato che anche la prima parte del secolo ė ampiamente rappresentata. L’energia d’Umberto Vattani, ben nota quando è stato Ambasciatore a Bonn (1992-96), all’UE (2001-03), Segretario Generale del Ministero degli Affari Esteri (1997-2001 e 2004-05) e Presidente dell’ICE (2005-11), continua a essere pari alla sua passione per l’arte contemporanea con cui egli aveva cominciato nel 1999 a riempire i grandi spazi vuoti rimasti nella Farnesina dopo che nel 1959 il Ministero s’era trasferito lì da Palazzo Chigi. Tanto la sua energia quanto questa passione ancora nel 2018 si sono manifestate alla “Venice International University” (di cui è Presidente) all’Isola di San Servolo, accogliendovi « Il disco in forma di rosa del deserto » (1993) d’Arnaldo Pomodoro, non perché Vattani ne rimpiangesse “La sfera” (1967) davanti al Ministero, bensì perché “il disco” così integrava le precedenti opere lì arrivate di Consagra, Chia, Rainaldi e Plessi.E veniamo alla mostra, che non è tutta la Collezione Farnesina, ma una piccola parte, una finestra è stato detto, recente. Anzitutto l’arte minimale e cocettuale di Alberto Garutti. “Tutti i passi che ho fatto mi hanno portato qui, ora”. Questa è la frase vergata sull’opera di Alberto Garutti (già docente di Pittura fino al 2013 all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano) , e che da il titolo al suo lavoro, una lastra di cemento rossa realizzata nel 2015 e collocata nelle sale della mostra, dove trovano spazio altri lavori provenienti dal nostro Paese. I passi che ci hanno portato a vedere quest’esposizione sono gli stessi che cercano di comprendere come l’arte contemporanea italiana sia percepita all’estero. “Questo evento è stato il tentativo di raccogliere una selezione di opere della Collezione per testimoniare attraverso generazioni e tendenze diverse quanto si è fatto di interessante nell’arte italiana negli ultimi decenni”, ha spiegato Angela Tecce, curatrice dell’esposizione.
Specchio di diverse generazioni e personalità dal dopoguerra a oggi, la Collezione Farnesina ( di cui il ventesimo anno è stato festeggiato nel dicembre 2019 e noi stessi ne abbiamo documentato l’evento su Il Giornale) o esposta all’interno del Palazzo Sede del Ministero degli Affari Esteri, a Roma, conta più di 470 opere raccolte negli ultimi vent’anni. Da quando nel 2000 il segretario generale Umberto Vattani decise di riunire opere di autori di fama consolidata ed emergenti, valutate da una commissione scientifica e aventi come prerogativa l’italianità.
In mostra all’Istituto italiano di Cultura di Parigi, c’è anche Elena Bellantoni con The Struggle for power, the fox and the wolf (2014), con un video girato nella sala delle riunioni del Ministero in cui una coppia balla un tango indossando delle maschere da volpe e lupo, simbolo di quella seduzione e lotta che si riverbera nelle relazioni di Stato. Nel percorso della mostra, incontriamo una delle figure che ha rappresentato l’Italia alla Biennale di Venezia 2019, parlo di Liliana Moro e della sua opera “Chi è fuori e chi è dentro”.
L’esposizione spazia tra generazioni e linguaggi, con Luca Vittone e la sua “Finestra VII (isola dell’arte) 2004”; Ettore Spalletti, con le sue “Montagne, appennini 1984”; il poliedrico e funambolesco Luigi Ontani con “Ossimoro Sorvolante, 2006”; Domenico Bianchi, con un argento su tela minimale “Senza titolo (blu) 1998”. E poi Francesco Impellizzeri, Alberto Di Fabio e Flavio Favelli. Tra le fotografie emergono le immagini di Mimmo Jodice e Gabriele Basilico, ora in mostra al Palazzo delle Esposizioni. Queste aprono uno sguardo mirato ed eloquente sulla realtà quotidiana e sulla configurazione monumentale di città simbolo come Napoli e Roma. Ironica e originale è poi la composizione tessile di Enrico Baj (lo ricordiamo all’interno del movimento nucleare con Dangelo e soprattutto per i suoi generali) ora qui con “Dame de Ninette de Valois del 1974” che si aggiunge al lavoro artistico-geografico di due autori contemporanei come Pietro Ruffo e Domenico Antonio Mancini.
Non è vero che l’arte italiana contemporanea stenti ad assumere una fisionomia riconoscibile nel contesto europeo e internazionale -come osserverebbe qualcuno- , noi consideriamo i passi che ci conducono a vedere l’esposizione come quelli incisi nel cemento rosso di Garutti, appartenenti a un tempo attuale, al qui e ora. Non si tratta solo di percorsi indirizzati a comprendere come la creatività del nostro Paese sia percepita all’estero, ma di passi diretti verso il desiderio di crederci, per rendere conto – e per renderci conto – del valore del nostro lavoro artistico, in continuo rinnovamento. “La Collezione Farnesina: una finestra aperta sull’arte contemporanea” è visitabile all’Istituto italiano di Cultura di Parigi, in rue Varenne 50, fino al 18 febbraio 2020.
Carlo Franza