La ridicola lezione di Conte agli artisti. “Gli artisti ci fanno divertire”, ecco la lezione universitaria del Prof. Conte.
E’avvocato il Signor Giuseppe Conte, Presidente del Consiglio italiano in quota Movimento Cinque Stelle. Da notizie uscite su più quotidiani e settimanali (vedi Il Fatto quotidiano, Panorama, Il Tempo, ecc.) si dice abbia superato la prova per diventare docente universitario in presenza di conflitti d’interessi. Il giornale Linkiesta in data 25 maggio 2018 lo titola come “il prof più disorganizzato d’Italia”. Perché di questi tempi, a detta di Sabino Cassesse, ha mostrato non poca impreparazione nella stesura dei suoi decreti che hanno messo in ginocchio l’Italia e gli italiani togliendo loro ogni libertà. Durante la presentazione dell’ultimo decreto detto anche ridicolarmente “Decreto Rilancio”, Giuseppe Conte chiama in causa gli artisti “che ci fanno divertire” e qui ha acceso una polemica che non si frenerà presto, visto che il mondo dell’arte e della cultura avevano già dovuto trangugiare a fatica quell’altra uscita a firma dell’ex ministro Giulio Tremonti che asseriva che “con la cultura non si mangia”. La frase capestro è “Gli artisti ci fanno tanto divertire e appassionano”. Letta così, la frase, estrapolata da qualunque contesto, sembra esserci poco o nulla di male, ma pronunciata da Giuseppe Conte, durante il suo consueto late night show a Palazzo Chigi, per di più ai solenni piedi di Leone Magno e di Attila dipinti da Raffaello – visto che l’originale è alle Stanze Vaticane – hanno alzato un polverone.
Conte le ha pronunciate con una ingenuità e un’ incultura da fare spavento, non pesando i termini e il lessico di cui dovrebbe essere provvisto, visto che l’argomento all’ordine del giorno non riguardava tanto l’essenza dell’arte quanto le misure dal maxi Decreto Rilancio, una manovra che metterà in campo 155 miliardi – a detta del governo- per far ripartire l’economia italiana; di questi, 5 miliardi dovrebbero essere destinati a turismo e cultura. Ingenuità? Uscita poco indovinata? Sta di fatto che ha messo in allarme tutta la cultura italiana, artisti, scrittori, poeti, attori, ecc. “Gaber, Jannacci, Faletti. Tre signori che ci hanno fatto anche divertire. E molto ma c’era tanto di più. Una frase così volgare l’avrebbero seppellita sotto a un altro sorriso”, è il commento di Enrico Ruggeri, cantautore e conduttore di programmi come Mistero e X Factor. “Sono anni che facciamo una certa fatica a spiegare che gli artisti sono prima di tutto dei lavoratori, e non gente che “ci fa tanto divertire”. “E che la cultura non è solo divertimento, ma molto molto di più. A quanto pare la strada per affermare questi principi è ancora lunga”, scrive su Facebook Matteo Orfini, ex presidente del PD, il partito del Netflix della cultura. Per Vittorio Sgarbi, sindaco, sottosegretario, assessore ed europarlamentare, critico d’arte, curatore di mostre e del Padiglione Italia alla Biennale di Venezia, editorialista e opinionista nei salotti della tv, “L’espressione di ieri sera del Presidente del Consiglio sugli artisti “che ci fanno tanto divertire” è una offesa profonda e irrispettosa per una categoria che più di ogni altra sta subendo gli effetti di una politica scellerata di un governo servo di lobbies di potere”. Insomma, per inghiottire Conte si sono spalancate le porte dell’inferno, con il suo “lasciate ogni speranza voi che entrate”. Ma le parole scelte dal Presidente del Consiglio si aggiungono a un più vasto quadro di ignoranza e che mettono il dito sulla piaga e sull’ingarbugliato dibattito tra arte e intrattenimento, e lascino leggere le modalità attraverso le quali, in Italia, l’arte e, in generale, la conoscenza e la cultura, vengono percepite dal pubblico e dalle istituzioni. E’ mai possibile che in un Paese lievitato da paese contadino a paese industriale e oggi si vanta postindustriale, che si imbuca nel mettersi in fila per vedere la mostra di Raffaello, degli Impressionisti e di Banksy, non riesce ad ammettere che taluni possano lavorare svolgendo la professione di artista?
Com’è possibile che in Italia, “paese di santi, poeti e navigatori”, com’è stato più volte detto, si vanno ad etichettare gli artisti come giocolieri che fanno divertire -parole di Conte- ovvero a considerare chi opera principalmente con il pensiero e le idee, come clown?
L’offesa di Conte alla cultura italiana pervenuta proprio da chi come lui si professa “professore” fa serpeggiare un clima di preoccupazione asfissiante, tanto che c’è già chi si organizza per controbattere, come ha fatto il manifesto di “Italian Art Wokers”.
Carlo Franza