Roma antica modello di città. Civis Civitas Civilitas è la straordinaria mostra aperta a Roma ai Mercati di Traiano – Museo dei Fori Imperiali.
Con 30 nuove opere relative a ponti, acquedotti e mercati, lunedì 29 giugno 2020 ha aperto al pubblico la seconda parte della mostra CIVIS CIVITAS CIVILITAS. Roma antica modello di città, ospitata ai Mercati di Traiano – Museo dei Fori Imperiali e dedicataalla rappresentazione della città nel suo valore più pieno di espressione della civiltà romana.
Aperta il 21 dicembre 2019 e sospesa dal 9 marzo al 2 giugno per le misure di contenimento del Covid-19, la mostra è prorogata fino al 18 ottobre 2020 (rispetto alla prevista chiusura del 6 settembre) e riaperta ai visitatori nel rispetto delle linee guida per contenere la diffusione del Covid-19 consentendo, al contempo, lo svolgimento di una normale visita museale. La mostra promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali è curata da Claudio Parisi Presicce e da Claudia Cecamore, con la collaborazione del personale del Museo dei Fori Imperiali e del Museo della Civiltà Romana. Organizzazione Zètema Progetto Cultura.
Per l’occasione è stata realizzata una guida breve edita da De Luca editori d’Arte ed è prevista la pubblicazione dell’atlante fotografico dei plastici dopo il loro restauro, edita da L’Erma di Bretschneider.
L’esposizione, allestita nella Grande Aula e sui matronei del Museo, è stata concepita come un evento dal carattere dinamico: dallo scorso dicembre sono in mostra 58 plastici e 6 calchi di ritratti di famosi personaggi del mondo romano, vòlti ad illustrare gli spazi pubblici, fori, templi, curie, edifici termali ed edifici per spettacolo, archi e porte urbiche, sepolcri e monumenta e dal 29 giugno 2020 è possibile ammirare un nuovo nucleo di modelli, costituito da 24 plastici, 5 rilievi e un ritratto. Con queste nuove opere l’immagine della Civitas si completa con le infrastrutture legate alla mobilità (ponti), all’acqua (acquedotti e sistemi di accumulo e distribuzione), al commercio (mercati). L’infrastrutturazione del territorio costituisce il tessuto connettivo che permette alle città di alimentarsi di cibo e acqua, di scambiare merci, di mantenere stretto contatto con l’amministrazione centrale.
Ponti e acquedotti romani, spesso rimasti in uso o recuperati in età postantica, sono un vero landmark della penetrazione della cultura romana e compaiono in territori anche molto lontani e periferici rispetto alle vie di comunicazione più note. Il plastico del Pont du Gard, il celebre acquedotto che riforniva di acqua la città di Nemausus (Nîmes) apre questa sezione presieduta dal ritratto di Nerva. Una voce narrante accompagna il visitatore con un brano del De Aquaeductu di Frontino, l’architetto nominato curator aquarum da Nerva nel 95.
I mercati nella città romana sono una vera e propria infrastruttura economica: ampi spazi con tabernae distribuite lungo il perimetro e zone coperte con fontane e vasche per la pulizia delle merci; i plastici dei mercati di Leptis Magna e di Timgad rappresentano questa tipologia. In questa sala una voce narrante recita un testo di Plauto e vivaci rilievi con raffigurazione di botteghe di macelleria, frutteria e vineria. illustrano la vita quotidiana nei luoghi del commercio. In mostra anche modelli, di cui è stato completato il restauro, pertinenti alle sezioni già in esposizione da dicembre. Fra questi lo spettacolare plastico del santuario di Baalbek. Mentre il monumentale modello del ponte di Rimini, in scala 1:20, ancora in restauro, sarà l’ultima opera a arrivare in esposizione. Il progetto espositivo documenta il carattere prettamente urbano della cultura classica. La condivisione degli spazi, degli edifici e delle leggi costituisce la civitas, il fulcro della civiltà romana. La mostra è quindi un viaggio negli spazi e negli edifici delle città dell’Impero, rappresentati nei plastici in gesso del Museo della Civiltà Romana, in gran parte realizzati da Italo Gismondi per la Mostra Augustea della Romanità del 1937. I modelli raffigurano in parte lo stato di fatto dei monumenti negli anni Trenta del Novecento, in parte le loro ricostruzioni: all’intrinseco valore scientifico aggiungono pertanto anche il valore di documentazione di monumenti trasformati o scomparsi, soprattutto nei territori teatro di eventi bellici.
La mostra, nel suo complesso, sviluppa sette macrotemi, tutti rappresentati dai plastici posizionati nella Grande Aula già per l’apertura del 20 dicembre 2019, e poi declinati in una serie di temi specifici: gli spazi pubblici (indicati da fori, curie, capitolia e templi); l’acqua nel decoro della città (fontane, ninfei e terme); lo spettacolo (teatri e anfiteatri); il trionfo, l’onore e il passaggio (archi trionfali e onorari, porte urbiche); il commercio (mercati); la memoria individuale, familiare e dello Stato (sepolcri e monumenti); le infrastrutture (ponti, acquedotti, cisterne, castelli di distribuzione dell’acqua). Spiccano, per le proporzioni e per l’accuratezza della resa, i plastici del Foro di Augusto, che apre la mostra e che per la sua efficacia comunicativa è stato spostato dalla sala sul matroneo a monte al vano centrale della Grande Aula, del Foro di Pompei con gli edifici annessi, della scena del teatro di Sabratha in Libia, delle Terme di Treviri in Germania e della Porta detta di Sant’Andrea ad Autun, in Francia.
La narrazione del percorso è scandita da testi antichi pertinenti ai singoli temi e pronunciati dalle voci narranti degli stessi autori o dei loro destinatari, rappresentati da calchi di statue o ritratti del Museo della Civiltà Romana: fra questi risulta particolarmente vivace l’ambientazione delle terme descritta da Seneca in una lettera a un amico. Le tipologie monumentali individuate sono pertanto significative del concetto di identità romana espresso con immediatezza e forza dall’architettura che costituiva il “segno” nel paesaggio dell’espansione di Roma. Roma appare dunque ai visitatori della mostra quale modello di comunità (civitas) quanto mai contemporaneo nella sua multiculturalità.
Carlo Franza