Le Massacre du printemps”, video-installazione dell’artista francese Mathilde Rosier che entra a far parte della collezione del Madre a Napoli, è una reinterpretazione de “La sagra della primavera”, balletto su musiche di Igor Stravinsky, creato da Vaslav Nijinsky per i Ballets Russes nel 1913. L’opera si interroga sull’intrinseco rapporto tra l’essere umano e l’ambiente, connettendo l’atto dell’adorazione della terra a quello del suo successivo sfruttamento. I danzatori disegnano coreografie aeree sullo sfondo di tre diversi luoghi del territorio campano – le serre dell’area vesuviana, il porto della città di Napoli e l’ex sito industriale della piana di Bagnoli – e da contadini si trasformano in spighe di grano, per sottolineare l’inestricabile legame tra il destino dell’umanità e quello di tutta la natura. La ricerca di Rosier è focalizzata sulla creazione di ambienti sospesi che permettono a chi li osserva di perdere la percezione dello spazio e del tempo, offrendo un portale di accesso ad altre dimensioni possibili dell’essere e dell’esistere. Seguendo i suoi interessi legati all’esperienza psicologica e sica di antichi riti e rituali, Rosier riunisce nella sua produzione artistica pittura, performance, musica e video, ed evoca un viaggio tra regni che si avvicinano all’inconscio, ma che restano anche legati al consapevole.

L’artista francese realizza in occasione della mostra un video ed espone dipinti a olio su tela, sviluppando alcuni temi già in parte presenti nella sua ricerca artistica. La gura umana, l’intimità dello spazio, la pittura e il video sono parte di una “macchina corale” volta ad af nare la sensibilità di ciò che consideriamo realtà. L’intento fondante è quello di accompagnarci in uno spazio della contemplazione dove il tempo si dilata per il confronto con le grandi tele esposte, un luogo “appartato” e di silenzio ove poter meditare. Come scrive l’artista stessa nel testo che accompagna la mostra “[…] dovremmo guardare i dipinti come al cinema, seduti, dimenticando il nostro corpo e prendendoci molto tempo […]”. Il video che apre la mostra nasce da una performance realizzata pochi giorni prima il vernissage: due ballerini di valzer indossano costumi realizzati dall’artista e danzano nello spazio della galleria cancellando ripetutamente lettere e segni creati sul pavimento. Il pubblico è cosi partecipe di una nascita, un germogliare di un possibile linguaggio e quindi di una possibile nuova realtà, ancora però troppo giovane per essere codificata. Questa danza introduce all’installazione dei recenti lavori pittorici della serie Blind Swim nella quale gure visionarie, poste all’interno di portali, vivono una condizione differente dalla nostra: un’atmosfera fluida e in mutamento invita infatti alla meditazione e, come ha affermato la stessa Rosier, “La pittura, quando “agisce” […] taglia la funzione incessante del linguaggio nella nostra mente sempre inquieta. Crea un po’ di silenzio. È come un paesaggio dopo una lunga camminata. Ci fa dimenticare la nostra storia e il nostro volto. E’ una sorta di gioia che ci fa esultare e intuire qualcosa di profondo in noi stessi”. Il linguaggio e il volto sono strumenti che permettono la comunicazione e la funzionalità della nostra vita nella nostra società, ma non intervengono nel senso profondo dell’esistenza che definisce il vivere. Lasciando i volti quasi cancellati o mai definitivi e permettendo anche la libertà di posizionare le gure capovolte, quindi svincolate da regole e consuetudini, Rosier ci invita a liberare la nostra “vista funzionale” per recuperare una “vista primordiale”. Possiamo “comprendere” ciò che stiamo osservando solo quando rinunciamo alla volontà di interpretare, attitudine che si lega agli Haiku giapponesi e ai Koan tanto affini alla poetica di Rosier, dove la semplicità e la concisione delle impressioni garantisce profondità e perfezione. L’interpretazione è, in questo senso, considerata una gabbia descrittiva che nuoce all’intento ultimo di sospendere il linguaggio.

Mathilde Rosier è nata a Parigi nel 1973. Vive e lavora in Borgogna, Francia. Di recente i suoi lavori e le sue performance sono state ospitati a: Fondazione Luzzatto, Milano (2018); Castello di Rivoli, Torino (2018), Razem Pamoja Foundation, Cracovia (2017); Der Tank Institut Kunst, Basilea (2016); Razem Pamoja Foundation, Cracovia (2015); Fiorucci Art Trust, Stromboli (2015); Galleria d’Arte Moderna, Milano (2014); Kunstverein Dortmund (2012); Kunstverein Hannover (2012); Kunstpalais Erlangen (2011); Camden Arts Centre, Londra (2011); Museum Abteiberg Mönchengladbach (2011); Musée Jeu de Paume, Parigi (2010); Serpentine Gallery, Londra (2009). Parteciperà alla quinta edizione della Biennale Gherdëina, Ortisei, Val Gardenia (2018).

Carlo Franza

 

 

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