Chiude il Gran Caffè Gambrinus a Napoli, uno dei luogi sacri della cultura italiana. La pandemia e la crisi economica si portano via una parte di storia italiana.
Luogo di incontri di artisti e intellettuali di chiara fama, architettura illustre e caratterizzante della Belle Époque, lo storico Caffè Gambrinus di Napoli chiude i battenti a causa delle restrizioni da Covid-19. È stato uno dei luoghi sacri della cultura a Napoli tra Ottocento e Novecento, con la sua architettura manifesto della Belle Époque, arredato in stile Liberty,conserva al suo interno stucchi, statue e quadri della fine dell’Ottocento realizzati da artisti napoletani( Vincenzo Volpe, Giuseppe Casciaro, Vincenzo Migliaro, Vincenzo Irolli, Vincenzo Caprile, Attilio Pratella, Luca Postiglione, Edoardo Matania, Luigi Fabrfon, ecc. ) ; ai suoi tavolini sedevano personaggi illustri e ospiti famosi, artisti, filosofi e letterati, da Gabriele D’Annunzio (il quale, secondo alcune fonti, avrebbe scritto ai tavolini del caffè la poesia ‘A Vucchella, musicata poi da Tosti, su scommessa con il poeta e amico Ferdinando Russo italianista), a Filippo Tommaso Marinetti, da Benedetto Croce a Matilde Serao, da Eduardo Scarpetta a Totò, e ancora i De Filippo, Ernest Hemingway, Oscar Wilde e Jean Paul Sartre. Fra gli altri, anche l’Imperatrice d’Austria Sissi, Elisabetta Amalia Eugenia di Wittelsbach nel suo viaggio a Napoli nel 1890 si fermò al Gambrinus.
Anch’io ricordo i bei pomeriggi della mia infanzia negli anni Cinquanta con mio padre Martino e mia madre Ada Damiani -allora abitavamo a Napoli- trascorsi a sorseggiare un buon caffè, tutto napoletano. Certo, oggi non è più proprio la stessa cosa, agli artisti si sono sostituiti i turisti, e che il Gran Caffè Gambrinun di Napoli chiuda i battenti è una notizia che intristisce tutti. E che lascia tutti senza parole, visto l’uso massiccio, il consumo, della bevanda scura che si fa nella città partenopea. Di fatto, il Caffè Gambrinus, che fa parte dell’Associazione Culturale Locali Storici d’Italia, ha chiuso dal 6 novembre 2020, aspettando tempi migliori, ma la decisione non è stata presa solo per gli effetti del Covid-19. La Campania è infatti stata considerata zona gialla dall’ultimo DPCM quindi i bar e le attività di ristorazione possono rimanere aperti fino alle 18. Considerando poi i tavolini all’aperto, nello splendido scorcio compreso tra piazza Trieste e Trento e piazza Plebiscito, il lavoro non dovrebbe mancare anche con tutte le limitazioni previste. Eppure, “Sono allo stremo delle mie possibilità”, ha dichiarato Antonio Sergio, tra i titolari del Gambrinus. “Non ce la facciamo. Abbiamo deciso di chiudere indipendentemente da misure nazionali e regionali. L’auspicio è quello di riaprire il prima possibile, quando si potrà tornare a lavorare ai ritmi di sempre”, ha detto ancora Antonio Sergio.
Badate bene che, per la prima volta, esattamente dopo 160 anni, cioè dal 1860, quando Vincenzo Apuzzo ebbe l’idea di aprire il bar, ottenendo immediatamente uno straripante successo, che gli meritò il riconoscimento per decreto di “Fornitore della Real Casa”, il Gambrinus smette di preparare caffè, ovviamente non contando il periodo di chiusura forzata dovuto al lockdown dei mesi scorsi. A parte il colpo alla storia della città, il problema è anche imprenditoriale, perché il Gambrinus è una società che impiega 15 dipendenti, che vanno in cassa integrazione, e altre 30 persone, che probabilmente rimarranno senza lavoro.
Carlo Franza