Alessandro Mendini al Museo Madre di Napoli. Si celebra una delle più importanti figure nel panorama internazionale del design e dell’architettura del secondo dopoguerra.
“Alessandro Mendini:piccole fantasie quotidiane” è il primo evento espositivo che un museo pubblico italiano, il Madre di Napoli, dedica ad Alessandro Mendini (Milano 1931- 2019) dopo la sua scomparsa avvenuta nell’inverno dello scorso anno. La mostra, visitabile fino al 1 febbraio 2021, e prodotta dalla Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee della Regione Campania, in collaborazione con Elisa e Fulvia Mendini e l’Atelier Mendini, a cura di Gianluca Riccio e Arianna Rosica, intende celebrare una delle più importanti figure nel panorama internazionale del design e dell’architettura del secondo dopoguerra. A partire da un’inedita lettura del lavoro del grande architetto milanese, condotta attraverso la ricostruzione della fitta trama di relazioni tra design, arte e architettura, che ha caratterizzato tutta la sua ricerca, il progetto indaga scambi e reciproche influenze tra la poetica mendiniana e la cultura artistica d’avanguardia – dal dialogo con l’Arte Povera al costante riferimento al Futurismo fino agli echi della cultura Divisionista e Metafisica e al confronto critico con l’estetica della Pop Art – sia nella progettazione di oggetti industriali che nella realizzazione di opere pubbliche e installazioni ambientali, offrendo un’ampia testimonianza della poliforme sperimentazione di Mendini. Opere, prototipi, documentazioni di performance, oggetti industriali, elementi d’arredo, disegni e bozzetti, realizzati da Mendini nel corso di oltre cinquant’anni di attività, saranno organizzati in una sequenza di stanze tematiche restituendo allo spettatore tutta la mobilità del linguaggio mendiniano, segnato da un approccio ibrido e interdisciplinare al progetto costantemente in bilico tra espressività e funzionalismo, in cui il principio dell’assemblaggio e dell’accostamento improvviso e imprevisto di materiali, misure e forme storiche tende a prevalere sul principio della sintesi. A partire da un’ampia rilettura del periodo Radical della prima metà degli anni Settanta, in cui Mendini, direttore della rivista “Casabella”, inizia una riflessione teorica e una sperimentazione orientata a un approccio emozionale e concettuale al progetto in chiave anti-funzionalista –attraverso l’uso di materiali naturali come la paglia e la terra e il ricorso alla performance – il percorso espositivo seguirà lo sviluppo della ricerca del designer milanese, dall’esperienza di Alchimia della seconda metà degli anni Settanta e dal periodo postmoderno sino alle esperienze più mature, segnate dal recupero della tradizione e della storia e da una forte componente letteraria nella progettazione. Intrecciando in modo poroso linguaggi differenti a cavallo tra sperimentazione concettuale e design e tra progettazione spaziale e produzione industriale, attraverso le stanze del museo Madre i principali passaggi teorici e linguistici della ricerca di Mendini saranno presentati seguendo un andamento trasversale e diacronico, dalla decorazione concepita come tema autonomo di progettazione e come narrazione intorno all’oggetto alla tensione a scavalcare gli steccati linguistici e le rigide discipline di pittura, artigianato, design e architettura, sino alla necessità di creare un dialogo costante tra l’alto e il basso, il passato e il presente, il linguaggio artistico e la cultura popolare, il pezzo unico e la produzione in serie. A testimonianza della poliforme ricerca dell’architetto milanese, la mostra ricostruisce le diverse tappe del rapporto tra la sua ricerca e la città di Napoli, per la quale fin dagli anni Ottanta Mendini ha realizzato diversi progetti. Un’importante monografia è stata pubblicata in coedizione con Edizioni Madre per l’occasione, includendo saggi di nuova commissione e un’ampia selezione di immagini e apparati critici.
Alessandro Mendini. – Architetto, designer, pittore, critico e teorico italiano dell’architettura e del design (Milano 1931 – ivi 2019). Salito alla ribalta della critica internazionale negli anni Settanta del Novecento, a lui si associano la fondazione teorica del design postmoderno e i concetti di design banale (design che utilizza il banale come codice linguistico e che “ammette la citazione, l’incongruenza, l’inautenticità e l’incompletezza”) e di re-design (“interventi di decorazione su oggetti trovati o su famosi prodotti di design”). Ha iniziato l’attività professionale come socio dello studio Nizzoli (1960-70), per poi alternarla a un forte impegno teorico e critico. M. è stato protagonista di molti fra gli eventi culturali più importanti degli ultimi trent’anni del Novecento, dando contributi teorici sui fenomeni in atto e creando nuove scuole di pensiero. Ha fondato e aderito a movimenti culturali e gruppi di ricerca, qualiGlobalTools nel 1973 e Alchimia nel 1979. Fondatore e direttore delle riviste di design Modo (1977-79) e Ollo (dal 1988), ha diretto anche le due principali riviste italiane di architettura: Casabella (1970-76) e Domus (1979-85). Fra i suoi scritti si ricordano: Paesaggio casalingo (1979), Architettura addio (1981), Progetto infelice (1983), Existenz maximum (1990) e The international design yearbook (1996). Ha ricevuto numerosi premi, tra cui il Compasso d’oro (1979 e 1981) e l’onorificenza dell’Architectural League (New York, 1983). Fra le più importanti mostre organizzate sulla sua opera si ricordano quelle di Groninga nel 1989 e di Vicenza nel 2001. Tra le principali opere di architettura progettate nell’Atelier Mendini (fondato nel 1989 con il fratello Francesco) occorre citare: la Paradise Tower di Hiroshima (1989), il Museo di Groninga (1989-94), la fermata busstop di Hannover (1994), il Teatro di Arezzo (1997), il Forum di Omegna e la ristrutturazione del Casinò di Arosa (1998), gli chalets della Villa Comunale di Napoli (1999), la Galleria Mendini a Lörrach (2004), il Neubau Medienzentrum di Hannover (2007), il Centro civico culturale – Biblioteca civica di Lovere (2009). È stato consulente per il design strategico di importanti aziende, quali Alessi, Bisazza e Swatch International. In qualità di designer ha ideato, fra l’altro, la poltrona Proust (1978, riprodotta nel 1994) e ha collaborato con: Abet laminati, Alchimia (divano Kandissi, 1979), Alessi (ideazione delle collezioni Tea & coffee piazza, 1979, e 100% Make up, 1992; collezione di casalinghi Anna G., 1994-99; vassoio Recinto, 1999; collezione cucine, 2006), Bisazza, Driade, Edra, Luxo (lampade Stardust, 1998), Ritzenhoff, Swatch, Zanotta (tavolo Macaone, 1987; poltrone e divani Bisanzio, 1988), Zerodisegno (collezione mobili Inconsupertrafra, 2007), Istituto della Enciclopedia italiana (le penne dedicate a Rita Levi-Montalcini, all’Enciclopedia italiana e a Giovanni Gentile, 2018; la penna Idea, 2019).
Carlo Franza