“La candidatura di Civita di Bagnoregio è il giusto riconoscimento della sinergia tra i diversi attori del territorio, tra pubblico e privato, per il conseguimento del primo, importante passo verso l’iscrizione di questo sito straordinario nella Lista del Patrimonio Mondiale Unesco. Ora è importante che il lavoro condiviso fin qui prosegua fino al raggiungimento del risultato, che premia un paesaggio culturale di enorme valore e bellezza”. Così il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, Dario Franceschini, commenta la decisione odierna del Consiglio Esecutivo della Commissione Nazionale italiana per l’UNESCO, che ha deliberato oggi la prossima candidatura per l’iscrizione nella Lista del Patrimonio Mondiale. Si tratta del “Paesaggio culturale di Civita di Bagnoregio”, progetto promosso dalla Regione Lazio e dal Comune di Civita di Bagnoregio, cui hanno collaborato il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, attraverso il coordinamento dell’Ufficio UNESCO del Segretariato Generale e grazie ai contributi della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Roma, la provincia di Viterbo e l’Etruria meridionale. Ha partecipato attivamente il Comune di Bagnoregio. La candidatura sarà sottoposta, attraverso la Rappresentanza italiana presso l’UNESCO, alla valutazione degli organismi consultivi del Comitato del Patrimonio Mondiale. L’esito sarà riportato nei lavori del Comitato nel 2022. Civita di Bagnoregio dista circa 110 km da Roma e 30 km da Viterbo.

Civita di Bagnoregio è un antico e piccolo  borgo in provincia di Viterbo, nato ben 2500 anni fa per mano degli Etruschi e sorge nel cuore della Tuscia Laziale, sopra una piccola collina argillosa, una collina di tufo, a 443 metri d’altezza, ed è immersa nella meravigliosa Valle dei Calanchi all’interno della valle dei calanchi tra  il lago di Bolsena e la Valle del Tevere. La Valle dei Calanchi è un’ampia zona argillosa e si compone di innumerevoli creste a forma di lamelle. Queste sottili lamine di argilla si sono formate con l’erosione da parte delle precipitazioni che consumano i rilievi ai lati lasciando intatta la zona centrale. L’ unico punto di accesso per entrare nel Borgo è rappresentato da un ponte di cemento lungo 300 metri  che,  percorrendolo,  ci regala un panorama straordinario. Non è difficile intuire di come il Maestro possa essere rimasto colpito da questo incantevole borgo a tal punto da prenderlo come ispirazione per uno dei suoi lavori. Notizia da non farsi sfuggire  questa relativa alla perla della Tuscia che è Civita di Bagnoregio. Lo sceneggiatore e animatore giapponese Hayao Miyazaki, autore de “La città incantata” e “Si alza il vento”, con i suoi colori pastello e i disegni di panorami fantastici ha fatto sognare intere generazioni; e se ci immergiamo tra i lavori di Miyazaki troviamo “Laputa, il castello nel cielo”, che è uno dei suoi  film  più particolari e, come per gli altri capolavori del Maestro, è ispirato da luoghi connessi con la realtà, vale a dire Civita di Bagnoregio. Il Borgo è inserito a pieno titolo nel circuito dei Borghi più belli d’Italia e viene visitato, ogni anno, da migliaia di turisti provenienti da tutto il mondo, e che restano ammaliati dalla sua atmosfera magica e fuori dal tempo. Oggi questo borgo è famoso per essere “la città che muore” nome datole dallo scrittore italiano Bonaventura Tecchi che qui trascorse la sua infanzia. Civita di Bagnoregio è un piccolo borgo sospeso nel tempo, la cui essenza la si può percepire passeggiando lungo le sue strette e meravigliose viuzze.  Seppur abitata fin da tempi più antichi, la storia di Civita di Bagnoregio trova le sue radici in epoca etrusca, che la fondarono circa 2.500 anni fa. Sorge lungo una delle più antiche vie d’Italia, quella che collegava la valle del Tevere al Lago di Bolsena, in una posizione isolata e facile da difendere. A loro si deve l’intera struttura urbanistica dell’abitato, costituita da decumani e cardi che rispecchiano l’uso etrusco e, più tardi, quello romano. Civita ai tempi degli etruschi era una fiorente città, situata in una posizione strategica per il commercio, grazie alla vicinanza con le più importanti vie di comunicazione dell’epoca. Ma già allora Civita era destinata ad un futuro incerto e gli stessi etruschi, già nel 280 a.C., si trovarono a dover far fronte ai continui problemi di sismicità ed instabilità dell’area, tradotti in scosse e continui smottamenti. Frane che, nel corso dei secoli, hanno inghiottito quel che rimaneva delle antiche tombe a camera scavate dagli etruschi alla base della collina di Civita e nelle altre pareti di tufo della zona. Più tardi, nel 265 a.C., i romani ripresero e migliorarono le magnifiche opere di canalizzazione dell’acqua piovana e di contenimento dei torrenti iniziate dagli etruschi. Passarono in seguito anche i barbari, Carlo Magno e la Santa Sede. Il 1695 fu l’anno in cui iniziò, forse, il declino di Civita in seguito ad un violento terremoto che distrusse buona parte del paese e fece crollare l’unica via che lo collegava a quello che oggi è Bagnoregio. Nel Medioevo ha  acquistato  gran parte del suo attuale aspetto, arricchito poi nel Rinascimento e mantenuto fino ai nostri giorni.

Ad oggi si possono osservare numerose testimonianze dell’epoca etrusca di Civita, sia nel borgo sia nei dintorni. Sotto il Belvedere di San Francesco Vecchio ad esempio è stata ritrovata una piccola necropoli etrusca. La stessa Grotta di San Bonaventura, originariamente, era una tomba a camera etrusca. Così come il famoso Bucaione, un profondo tunnel scavato ai piedi dello sperone di tufo su cui poggia il borgo, collegandolo direttamente alla Valle dei Calanchi. Nella parte nord del tunnel si possono vedere i resti di un’antica tomba. Al momento però il tunnel non è visitabile.

Certamente da  visitare la Grotta di San Bonaventura, situata di fianco al belvedere, che originariamente era una tomba a camera etrusca. Secondo la tradizione, San Francesco era solito pregare in questa grotta durante le sue visite a Bagnoregio ed è proprio qui che guarì miracolosamente un piccolo bambino, Giovanni Fidenza, malato gravemente. Avvenuta la guarigione, il Santo si rivolse al bambino augurandogli in latino Bona Ventura. Il bambino, raggiunta l’età adulta, decise  così di entrare nell’Ordine Francescano e di prendere il nome di Bonaventura.

Una volta percorso il ponte pedonale,  si raggiunge la Porta di Santa Maria (o della Cava), l’unica porta di accesso al borgo rimasta delle 5 originarie. La porta è decorata con due leoni che tengono tra gli artigli due teste umane, simbolo della vincita dei bagnoresi sui tiranni, gli odiati Monaldeschi signori di Orvieto, nel 1494. Da qui  si prosegue poi la piazza principale di Civita di Bagnoregio, storicamente il centro dell’impianto urbanistico del borgo, dove si affaccia la bellissima Cattedrale di San Donato.

Secondo la tradizione, la chiesa risale al V secolo ed ha origini romane,  durante i secoli la chiesa venne ricostruita diverse volte, fino a diventare un bellissimo esempio di architettura cinquecentesca rinascimentale viterbese; molto bello il campanile a torre, alla cui base si trovano due sarcofagi etruschi in pietra di basalto e  al suo interno  sono custoditi un affresco della scuola del Perugino e il S.S. crocifisso ligneo in legno, quattrocentesco, della scuola di Donatello. Questo crocefisso è il protagonista di una sentita cerimonia che si tiene il venerdì santo, durante la quale viene posizionato su una bara per essere trasportato poi durante la secolare Processione del Venerdì Santo di Bagnoregio. Dietro a questo crocefisso si cela una leggenda che narra di un’epidemia di peste che, nel 1499, colpì il territorio intorno a Bagnoregio. Una pia donna che si recava ogni giorno in chiesa al cospetto del crocefisso a pregare per la fine della pestilenza, un giorno udì una voce; questa voce la rassicurava e la avvertiva che il Signore aveva esaudito le sue preghiere e che la pestilenza sarebbe finita entro pochi giorni. E così fu. Qualche giorno più tardi la pestilenza finì, esattamente lo stesso giorno della morte della pia donna.

Carlo Franza

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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