E’ questa la prima esposizione organizzata in Germania, la troviamo a Berlino al Gropius Bau  e ripercorre 70 anni di carriera della celebre artista giapponese  Yayoi  Kusama (Matsumoto, 1929), ricostruendo le sue mostre e le “Infinity Mirror Room” più celebri. Dedicata a una delle artiste più note al mondo,  mette in luce in particolare l’influenza che la sua arte ha avuto in Europa.

La mostra  aperta fino al 1 agosto 2021 ricostruisce ben  otto mostre di Kusama tenute dagli anni dal 1952 al 1983, spaziando e dando voce   a come l’opera dell’artista giapponese si sia sviluppata nel corso di diversi  decenni. La retrospettiva parte dalle mostre allestite nella sua città natale, Matsumoto, Yayoi Kusama Solo Exhibition e Yayoi Kusama Recent Works(1952), in cui emergeva già la natura immersiva propria della sua ricerca successiva. Nel 1963 ci fu “Aggregation: One Thousand Boats Show”, la prima installazione ambientale di Kusama a New York, che consisteva in  una barca a remi in legno rivestita da oggetti a forma di fallo realizzati in tessuto bianco. Questa tematica  riapparve successivamente  nel “Driving Image Show” del 1964 a New York dove, nel 1965, realizzava  la sua prima “Infinity Mirror Room”, ovvero la tipologia di installazione, tipica, fondativa di uno stilema pop,  che ha reso l’artista giapponese celebre in tutto il mondo. Si trattava  di una serie di sculture gonfiabili a forma tentacolare, dai colori vivaci e ricoperte da pois (segno tipico e tipologico di Kusama), racchiuse in una stanza piena di specchi. Tutto ciò in un  continuo gioco di riflessi che dettavano  così l’illusione di uno spazio infinito, un mondo fantastico, surreale e forsanche tecnologico e onirico,  certo psichedelico,  governato dalle singolari creature realizzate dall’artista. Per l’Infinity Mirror Room del 1965, dal titolo “Phalli’s Field”, Kusama realizzò un campo di falli, in cui i visitatori erano invitati a esplorare e immergersi. “I pois sono una via verso l’infinito”, spiegava Kusama già nel 1968. E ancora: “Quando annulliamo la natura e il nostro corpo con i pois, diventiamo parte dell’unità del nostro ambiente. Divento parte dell’eterno e ci annulliamo nell’Amore”.

Un eterno moltiplicarsi di pois di diverse dimensioni in un complesso mondo dai colori forti, frutto di allucinazioni che l’hanno tormentata fin da bambina. Così cominciò la storia artistica di Yayoi Kusama, la novantenne  giapponese che da qualche anno ha deciso di vivere in un manicomio. L’artista in tutte le sue opere ha sempre riproposto gli stessi motivi, usandoli in forme e applicazioni diverse; tra i più ricorrenti, i pois, le forme falliche, gli occhi e i volti di profilo. Si sa che Yayoi Kusama ha cominciato a dipingere a 7 anni, da quando ha iniziato ad avere disturbi mentali ed emotivi. A 10 anni sono iniziate le allucinazioni e la pittura è stata il mezzo che le ha permesso, fin da bambina, di esternare il suo complesso mondo interiore. Nata nel 1929, a fine degli anni ’50 si trasferisce a New York, attirata dal potenziale sperimentale della scena artistica dell’epoca. Nel 1959 crea i suoi primi lavori della serie “Infinity Net”, grandi tele lunghe quasi 10 metri. Sempre negli stessi anni elabora una nuova serie di opere d’arte chiamata Accumulatium o Sex Obsession. Ritorna in Giappone, durante i primi anni ’70, dove inizia a scrivere poesie e romanzi surreali. Le sue opere sono esposte, come mostre permanenti, al Museum of Modern Art di New York, al Walker Art Center di Minneapolis, alla Tate Modern di Londra e al National Museum of Modern Art di Tokyo. Dalla fine degli anni ’70 Yayoi vive nell’ospedale psichiatrico Seiwa, in Giappone, per scelta personale, ma continua a dipingere ogni giorno nello studio a Shinjuku.

Kusama, pur essendo ormai novantenne, è ancora molto attiva artisticamente e sta producendo molte nuove opere che vanno a completare la collezione “My Eternal Soul” . Anche in questo caso ricorrono gli stessi motivi, è come se l’artista dipingesse ripensando alla giovane ragazza che era ma con una prospettiva diversa. Kusama ha già completato più di 500 opere, con un lavoro  che termina ogni due-tre giorni. “Ciò che  distingue – racconta Yusuke Minami, curatore principale del National Art Centre di Tokyo – le opere più recenti dalle precedenti, è il tocco pittorico più deciso e con maggiori dettagli”. Kusama è consapevole di essere arrivata quasi alla fine della sua vita e la nuova collezione sembra essere un regalo dell’artista per le nuove e future generazioni. Al Hirshhorn Museum and Sculpture Garden durante tutto il periodo dell’esposizione di ‘Infinity Mirror’ i visitatori hanno fatto lunghe file per ammirare i 70 anni di carriera della Kusama che in questa esposizione sono  stati raccontati quasi integralmente;  curata nei minimi dettagli, ha comunque mantenuto quell’aspetto enigmatico e difficile da spiegare che è tipico delle creazioni di Yayoi. I visitatori si sono ‘immersi’ in sei grandi stanze di specchi riempite da immagini multicolor e un moltiplicarsi di luci.  Ogni spazio era  costruito in moda tale da che l’immagine riflettesse  all’infinito.  Celebrava  anche il periodo dei pois, con una raccolta di lavori degli anni ’60, quando l’artista si trovava a New York, e pezzi più recenti della collezione “My eternal soul” e poi l’immancabile grande zucca gialla a pois neri, il suo lavoro più simbolico e più conosciuto nel mondo. Mentre specchi e pois creavano atmosfere oniriche a Washington, al National Art Center di Tokyo è stata presentata un altro tipo di retrospettiva: “My eternal soul”, 270 opere che raccontavano il pensiero più recente di Kusama che in fondo rappresenta una sintesi tra i vecchi lavori e quelli nuovi.

La sua cifra artistica si  contraddistingue  per l’analisi dei traumi psicologici e il desiderio di fuggirvi. Lei stessa, nel 1977, decise volontariamente di vivere nell’ospedale psichiatrico Seiwa, sulla costa sudoccidentale del Giappone, nella prefettura di Shimane. Da lì, ogni giorno si reca al suo studio per dipingere. Ma questa eccentrica forma d’esistenza altro non ha fatto che sviluppare ulteriormente la carriera di Yayoi Kusama (Matsumoto, 1929), che era iniziata a New York nel 1959 fra mille difficoltà, materiali e morali, ed esplose negli anni Sessanta, tra femminismo e pacifismo. Artista istallativa, performer, illustratrice di fiabe per bambini, regista di cortometraggi e lungometraggi, qualche anno fa  ha aperto a Tokio il suo museo personale mentre da poco  le è stata anche dedicata una biografia a fumetti;  a 91 anni, la sua carriera è tutt’altro che terminata. E lo dimostra la forza con cui il suo messaggio sprona l’umanità a guardare avanti. Nonostante abbia dovuto rimandare due personali, l’attività di Kusama non si ferma; a indurla a rompere il silenzio, la spaventosa epidemia da Coronavirus che ad oggi ha causato nel mondo oltre 135.000 vittime. Una situazione mai vissuta a memoria d’uomo, che gettato nel panico la popolazione mondiale. Ma il ruolo dell’arte è anche quello di infondere coraggio nei momenti più bui (Picasso lo fece con i bombardamenti  e la guerra) : Kusama lo fa affidandosi a un messaggio “contro questo terribile mostro”, concepito come una poesia in versi liberi , densa di parole di speranza, e di amore per l’umanità, come recita una delle strofe: “Abbracciati nell’amore profondo e negli sforzi delle persone di tutto il mondo // Ora è il momento di alzarsi in piedi, per portare la pace // Ci siamo riuniti nel nome dell’amore, e spero di soddisfare questo bisogno // È giunto il momento di combattere e superare la nostra infelicità”. Parole che arrivano  anche quest’anno  a ridosso della primavera giapponese con le fioriture dei ciliegi.

 “Siamo lieti che la nostra retrospettiva di Yayoi Kusama metta in mostra il lavoro di un’artista visionaria”, ha dichiarato Stephanie Rosenthal, direttrice del Gropius Bau. Kusama non solo ha stabilito uno status unico nel mondo dell’arte degli anni Sessanta con la sua pratica multidisciplinare, ma le sue dichiarazioni politiche hanno anche contribuito al dibattito femminista dell’epoca. Alcune questioni che oggi non hanno perso la loro importanza possono essere trovate sin dalle prime fasi della sua opera. Ricostruendo mostre innovative, che Kusama stessa ha progettato nei minimi dettagli, questa retrospettiva rifletterà sulla presenza dell’artista in Germania e ripercorrerà lo sviluppo della sua arte dagli anni Cinquanta. Uno degli obiettivi della mostra di Berlino” – conclude Rosenthal-,“è quello di affrontare la sua personalità artistica e sottolineare l’importante ruolo che ha avuto in una rete internazionale di artisti, critici, curatori e gallerie”. La mostra include una nuova Infinity Mirror Room, dipinti recenti e un’installazione nell’atrio del Gropius Bau, creata appositamente per l’esposizione. 

Carlo Franza

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