“Ci sono città più forti dei secoli, il tempo non le cambia.” Napoli è come un grande anfiteatro, illuminato dalla luce di bronzo del Mediterraneo, è una luce antica dove fra le piazze, le banchine e le architetture si sono mossi sovrani, benefattori, artisti, e uomini qualunque. Un grande mosaico di colori che è stato un faro della nostra storia.  Inizia così  il nuovo libro di Barbara di Castri, giornalista e scrittrice.  Una scenografia  di vita, ammirevole  e  carica di storia  passata e presente, che incornicia una città italiana, Napoli, Neapolis, Capitale del Regno dei Borboni  prima  di passare all’Italia con l’Unificazione;  città dipinta da illustri pittori  -basti pensare alla Scuola di Posillipo-  e poi ancora Carlo Brancaccio, Vincenzo Caprile, Giuseppe Casciaro, Emilio Notte, Vincenzo Ciardo, Vincenzo Gemito, Vincenzo Irolli, Antonio Mancini, Vincenzo Migliaro Attilio Pratella e Vincenzo Volpe, altri ce ne sono, ma mi fermo qui. E’ una scenografia  preziosa, totale, sapiente, culturalmente vitale,  quella  che troviamo nell’ultimo libro  di Barbara di Castri  che ha  come titolo “La luce che bagna Napoli” ,  appena  uscito per i tipi  di  Aracne editrice(pp.130, Roma, 2020), la casa editrice di Roma che fa capo a  Gioacchino Onorati imprenditore  di chiara fama,   coraggioso e illuminato. Il libro  nella  sequenza dei capitoli   si alterna  con le foto caratteristiche e mirate di Paolo Galli Zugaro,  sono 130 pagine, sia in versione web che cartacea, che fanno parte della Collana “Metropoli di Carta”, diretta dalla stessa autrice. Avevamo già avuto tra le mani i volumetti su Milano e Roma, oggi a questa “intelligente e comunicativa” collana si aggiunge la terza uscita su una città, Napoli,  che fa storia in tutto il mondo. Il golfo di Napoli e quel mare  con le sue storie e la sua luce, calda e calorosa  come la gente che qui vive e come la lingua che  qui si parla; fatti, ritratti, paesaggi, architetture, giardini, caffè e locali, piazze, chiese ed eremi, artisti e  regnanti, leggende e personaggi, dialetto e musiche, una città scoperta tra   luce e buio se pensiamo alla Napoli sotterranea,  eppoi storie di mare e storie di terra; ecco il  porto dove lo scienziato Ettore Majorana sta per imbarcarsi una sera di primavera per poi sparire nel nulla,  e le pagine che raccontano dello scrittore Fedor Dostoevskij che soggiorna a Napoli e  ne rimane affascinato perché “scopre una terra dove si respira il mistero”. Ad  avere il libro tra le mani, pronto ad annunciarvi scoperte incredibili, noterete che Barbara di Castri muove  tutto attraverso una scrittura espressiva e tonale, e al tempo stesso  vocata a un’intima frequentazione del più incandescente vissuto. Una sorta di bibbia napoletana,  quasia una super “smorfia” , e lo dico chiaramente , visto che a Napoli ho vissuto i primi anni della mia vita con i miei genitori. Voglio elencare dal vivo  i capitoli  per dare un’idea di come Barbara di Castri  abbia voluto  descrivere  Napoli in lungo e in largo, mettendo a fuoco  lo spirito  e l’anima, l’architettura e il paesaggio , la religiosità, i riti e le credenze – vedi il sangue di San Gennaro-,  i personaggi  che l’hanno abitata e una miriade di altre notizie.

Si inizia da pag. 11 Introduzione, 13 Pozzuoli e l’Istituto Tigem, 15 Fuorigrotta rinasce nel 1900, 17 Nisida e la leggenda di Matilde Serao, 21 Posillipo e duecento anni di storia al Bagno Elena, 25 Dal Molo di Mergellina sognando Capri, 33 Capodimonte e l’addio di Carlo III  di Borbone alla sua città, 35 Ferdinando IV di Borbone e il Codice Leuciano, 37 La Torre di Ferdinando Palasciano, casa di un grande medico, 39 La riviera di Chiaia ricordando Anna Maria Ortese, 43 Pizzofalcone e la Scuola Militare della Nunziatella, 47 Passeggiando per Toledo con Renato Carosone, 51 Il futuro corre sotto terra con la metro dell’arte, 53 Il Pio Monte di Misericordia e il Complesso degli Incurabili, 57 Raimondo di Sangro, principe alchimista del Settecento, 59 San Gregorio Armeno e il Presepe, 85 Spaccanapoli e la canzone napoletana, 89 Pulcinella, una maschera antica, 91 I vicoli spagnoli e don Pedro da Toledo, 95 La città sotterranea e le Quattro Giornate di Napoli, 97 Il Complesso dell’Annunziata e la Ruota degli Esposti, 99 Totò e il Rione Sanità, 103 Il porto, la scomparsa di Ettore Majorana e il Museo della Pace, 107 Dostoevskij a Napoli scopre una terra dove si respira il mistero, 109 Poggioreale, un luogo di dolore, 113 Il Vomero e la sua santa bambina, 117 Il Vesuvio e la leggenda della vecchia ‘e mattavona, 121 Port’Alba raccoglie la memoria storica di Napoli, 123Porta Capuana, la Fondazione Made in Cloister e il Museo Madre, 127 Scampia e un parco dedicato a un tifoso del Napoli, 131 L’Eremo dei Camaldoli, dai Campi Flegrei a Capo Miseno, 133 Le Ville Vesuviane lungo il miglio d’oro.  Ah! la vita di Napoli, quella di tutti i giorni, vita scolpita a parole da Barbara  di Castri, vita sorpresa  nella città rumorosa e chiassosa, popolosa, che vive per strada, che urla dai balconi, dalle finestre e nei vicoli,   che vive come sanno vivere solo i napoletani, una città ricca di tradizioni e superstizioni. I suoni di Napoli, le voci di Napoli, i passi di Napoli, i saluti di Napoli, i bambini  a frotte e gli schiamazzi di Napoli, i mercati e le urla di Napoli,   per non dimenticare Pulcinella, lo straordinario Vomero e la santa bambina, la Scuola Militare della Nunziatella (dove mio padre Martino Franza aveva in animo  di iscrivermi), i pastori e i presepi di San Gregorio Armeno, Spaccanapoli e la canzone napoletana, Nisida e il carcere minorile. E’ una Napoli  antica e nuova che  troviamo nel libro, la Napoli di sotto  e sopra – e dei bassifondi- che la scrittrice ci presenta con capitoli che si leggono  velocemente e talmente completi da offrirci anche notizie, umori e sapori novelli  da   affascinare perchè coglie ricchezza e miseria, ignoranza e intellettualità, per cui dal quartiere più antico, più piccolo   e malfamato di Forcella, la Di Castri ci conduce al Museo Madre e addirittura alla Metrò di Napoli con stazioni  ricche  di arte contemporanea.  Ma la scrittrice che ha percorso i quartieri “veri” della Napoli  umana, umanissima e  viva di quella filosofia che le appartiene  da secoli, è così descritta: “…finestre, porte, balconi con una scatola di latta in cui ingiallisce un po’ di cedrina, vi spingevano a cercare dietro le povere lastre, pareti e arredi e magari altre piccole finestre aperte e fiorite su un orto dietro la casa; ma non vedevate nulla, se non un groviglio confuso di cose varie, come coperte o rottami di ceste, di vasi, di sedie, sopra i quali, come un’immagine sacra annerita dal tempo, spiccavano gli zigomi gialli di una donna, i suoi occhi immobili, pensierosi…”. E’ la biografia nuova di una città  italiana, Napoli, conosciuta in tutto il mondo, che grazie alla penna limpida eppure emotiva  di Barbara di Castri  si fa leggere nel corpo e nell’anima  e non è poco, credetemi.  Il teatro quotidiano della città capoluogo della Campania Felix, splendore tutto italiano, è fra quelle pagine che raccontano un mondo troppo vero e le luci del palcoscenico  animato dai napoletani  bagnano fra mille colori il golfo che abbraccia   la città. E’ proprio quella luce che ha salvato la città nei secoli, conservandola bella e palpitante  come non mai.

 Carlo Franza

 

 

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