L’artista Marisa Settembrini con “Geografie dell’icona” movimenta una illuminante mostra al Circolo Esteri della Farnesina a Roma. Un evento dove storia, luoghi e geografie lasciano riscoprire le radici dell’Occidente.
Prosegue il nobile progetto “Mondi” presso il Circolo degli Esteri di Roma (Via dell’Acqua Acetosa 42), circolo fondato nel 1936 con finalità di rappresentanza del Ministero degli Affari Esteri, dove è stata inaugurata giovedì 10 giugno 2021, alle ore 18, la mostra personale dal titolo “Geografie dell’icona” di Marisa Settembrini illustre artista di chiara fama e docente di Brera a Milano, mostra a cura del prof. Carlo Franza. All’inaugurazione insieme all’artista, erano presenti Luigi Maria Vignali, Ministro Plenipotenziario e Presidente del Circolo degli Esteri-Roma che ha introdotto l’evento, il Professor Carlo Franza, Professore Ordinario di Storia dell’Arte Moderna e Contemporanea ed anche Giornalista e Critico de “Il Giornale”, l’Ambasciatore Umberto Vattani ideatore-fondatore della Collezione Farnesina e Presidente della “Venice International University” e l’Ambasciatore Gaetano Cortese che dirige la Collana sulle Ambasciate italiane nel mondo per l’Editore Colombo di Roma. Presenti anche numerosi diplomatici, intellettuali italiani e un nutrito pubblico interessato all’evento. La mostra (visitabile fino al 5 settembre 2021) fa parte di “MONDI” un progetto -a cura del Prof. Carlo Franza- appositamente ideato per il Circolo Esteri del Ministero Affari Esteri di Roma nel ventennale della Collezione Farnesina di Arte Contemporanea. Esso vive nobilmente sulle arti che riprogrammano il mondo, si campiona ad essere uno spettacolare archivio decentralizzato ove le diverse discipline si nutrono di arte-mondo, mira a rappresentare come si abita la cultura globale, ovvero l’altramodernità, che altro non è che una sorta di costellazione, una specie di arcipelago di singoli mondi e singoli artisti le cui isole interconnesse non costituiscono un continente unico di pensiero, ma lo specchio di un’arte postproduttiva e frontaliera, mobile, ipermoderna, ipertesa, ipercolta, mente e cuore, ma anche progetto e destino della comunicazione estetica. Con “MONDI”(2020-2021-2022) si porgono dodici mostre personali di dodici artisti contemporanei, taluni di chiara fama. Questa mostra dal titolo “Geografie dell’icona” è la quarta del nuovo percorso, ed è già una novità in quanto si veicolano a Roma nomi dell’arte contemporanea di significativo rilievo, che evidenziano e mettono in luce gli svolgimenti più intriganti del fare arte nel terzo millennio. L’esposizione riunisce una serie di opere dell’artista Marisa Settembrini, già apparsa agli occhi della critica italiana e internazionale come una figura delle più interessanti e propositive dell’arte contemporanea, e ricordata come chiara e significante interprete. Tra i discorsi inaugurali, illuminanti le parole dell’Ambasciatore Umberto Vattani, ideatore e fondatore della Collezione Farnesina il quale ha trovato nello sviluppo dei capitoli della mostra un affondo non solo storico e filosofico per i legami fra storia e geografia, ma un’attualità senza precedenti.
Entriamo nel vivo della mostra. L’arte di Marisa Settembrini (1955) persegue la ricerca di un ideale millenario che la nostra civiltà ha sempre considerato una delle sue espressioni più alte, la bellezza tradotta da una certa concezione del corpo umano. Da Fidia e Prassitele a Rodin, passando da Michelangelo e Canova, eppoi verso taluni contemporanei come Mimmo Rotella e Jacques Villeglè, la sua pittura esprime, tramite la perfezione dell’architettura umana, la presenza del mistero. Le sue opere si snodano attorno alla riconquista di una forma di bellezza considerata desueta da quei modernisti. Fin dai suoi esordi, negli anni Settanta, il lavoro della Settembrini si è mosso ai margini di correnti dominanti quale l’arte concettuale, l’arte minimalista o i diversi approcci dell’arte astratta. Ella può essere associata da una parte ai Nouveaux realistes per una affinità stilistica o generazionale per via degli strappi cartacei, i decollages, dall’altra alla Poesia Visiva o meglio alla Poesia Visuale. Poi quando negli anni Ottanta abbiamo assistito a un ritorno alla figurazione, alla rivalorizzazione del passato e della mitologia, scopriamo che la sua opera sfugge a precise tendenze e, per contrasto, rivela tutta la sua specificità. A prima vista l’opera sorprende per il suo sviluppo organico, per la sua apparente immobilità, per la sua costante epurazione, seminando nuove basi, aprendo nuove piste. Ecco spingere l’arbitrarietà del segno al punto di dissoluzione segnalato da Jameson, e cioè al punto in cui i significanti, lettere, numeri e così via, sono diventati letterali “liberati dal fardello dei loro significati”. La Settembrini attinge dal mondo classico e dal mondo contemporaneo i valori che insuffla nelle sue creazioni. La serie di “mitografie” (vedi Divus e Diva) e di “liturgie romane” hanno un’efficacia barocca, caratteristica questa ancora presente nelle recenti espressioni figurative. Le immagini vivono un’autentica valenza, una sublimazione creativa che ostenta la storia, la cronaca, l’arte, l’estetica, la narrazione del grande o piccolo frammento; la citazione iconica della grande immagine è costruita in un fotomontaggio che fa leggere sia la lingua figurale che l’impianto verbale che incornicia, solleva, innalza, pone, illumina il senso della visione, ipernova, perche si porta oltre la bellezza artificiosa. Anche le altri immagini -ridotte- catturate dai media, e dal cartaceo, o fotografate dalla originaria culla urbana (vedi le “liturgie romane”) sono dilatate, oltre lo slabbramento dei margini in un paradiso di forme che vivono un happening della memoria. La figura umana, o meglio quelle parti di volto e di sguardo, strappate, ritagliate, vere finestre visive, ne escono altamente valorizzate poiché portano in sé l’impronta dello sforzo per superarsi. Il suo sguardo, rispetto al passato, non è nostalgico, bensì basato sulla scommessa di insufflare l’ideale di bellezza nell’ambiente quotidiano. La sua ricerca interroga l’atteggiamento modernista, il nostro rapporto con le fonti della nostra civiltà, il ponte che ci ricollega con il fondo comune dell’identità occidentale. La Settembrini pone in scena una teoria estetica ed etica del volto, ben ricordando le riflessioni di Emmanuel Lévinas. Di fronte al volto altrui l’io comprende l’alterità e la trascendenza dell’altra persona, in quanto dietro a quel volto si nasconde la vita intera di un essere umano che ha provato sensazioni, emozioni, che possiede ricordi e aspettative e sogni verso il futuro. E’ acclarato che il volto dimostra la sua grande evocatività filosofica e vedremo anche artistico-letteraria soprattutto perché si tratta della parte del nostro corpo più personale e più differente da individuo ad individuo. Esso viene scelto quale mediatore tra l’anima e il corpo. Nel volto non vi sono tracce del nostro vissuto, ma idealmente il volto è colui che ci fa comprendere i valori del rispetto di un’individualità differente dalla nostra. Tutto appartiene a una partizione delle voci “volto” e “sguardo”, voci, termini che rimandano a quanto diceva G.A. Becquer: “L’anima può parlare con gli occhi e baciare con lo sguardo”. Il ruolo esistenziale del volto, la magia di esso, assume del tutto una dimensione che coinvolge il valore del ricordo che è stato caro a Marcel Proust come al poeta italiano Eugenio Montale del “Non recidere forbice quel volto”; il volto della donna amata, Clizia, una sorta di donna angelo venuta in terra per fornire un segno di una possibile donazione di senso al mondo. Così avvicinarsi al passato non può essere che un atto mutilato e frammentario. Queste piccole “finestre” che ricreano la superficie dell’opera sono decorazioni o forse i frammenti di un’altra opera? Ogni frammento rimanda a un’opera che ci sfugge nella sua totalità ma la cui probabile esistenza ci viene indicata dall’immaginario. In questo modo ogni frammento evoca altro e così via, all’infinito. L’uso della frammentazione e del collage è una pratica moderna, porta ad assemblaggi insoliti. Il gusto di fabbricare storie ci ricorda i romantici e la loro passione per le rovine, per le tracce delle intemperie e i segni del tempo trascorso. Ancora una volta ciò che è in ballo è il nostro rapporto sempre mutilato con il passato e la sua abilità di artefice. Il frammento rivela la mano e l’abilità dell’artista, non il talento aleatorio del tempo. “Con modernità intendo l’effimero, il fugace e il contingente” scriveva Charles Baudelaire nel 1863, “la metà dell’arte di cui l’altra metà è l’eterno e l’immutabile”.
Marisa Settembrini è nata a Gagliano del Capo (Lecce) nel 1955. Dopo aver frequentato l’Accademia di Brera e la Kunst Akademie di Monaco di Baviera, oggi è Titolare della Cattedra di Discipline Pittoriche al Liceo Artistico Statale di Brera a Milano, città dove vive e che alterna con i riposi nella cittadina salentina di Alessano nel Capo di Leuca. La sua attività parte dal 1976 con l’invito alla mostra “La nuova figurazione italiana” al Palazzo dei Congressi di Roma, per conto della Quadriennale Romana. Numerose le mostre personali in Italia (Roma, Firenze, Venezia, Alcamo, Lecce, Todi, Milano, Erice, San Vito Lo Capo, Pavia, Brescia, Sondrio, Loreto, Teglio, Mantova, Recanati, Matera, Genova, Napoli, ecc.) e all’estero (New York, Monaco di Baviera, Berlino, Dusseldorf, Praga, Londra, Parigi, ecc.), e le partecipazioni a importanti rassegne. Ha vinto il Premio Lyceum per la grafica nel 1984. Negli ultimi anni Ottanta è stata presente a Milano, al Palazzo Sormani con una mostra di incisioni e nel 1991 il Comune le dedica una importante mostra nel Museo di Milano. Invitata alla VI e alla VII Triennale dell’incisione italiana e alla XXXII Biennale d’Arte di Milano con sei dipinti nella sezione del ritratto. Presente in vari Musei stranieri (Berlino, Montreal, NewYork, Vaticano, Lugano, Bruxelles, ecc.) e italiani. Per questi ultimi vale ricordare le recenti acquisizioni al Civico Museo del Disegno di Iseo-Mu.Sa di Salò (BS), 1993; al M.I.M.A.C. (Museo Internazionale Mariano di Arte Contemporanea) presso la Fondazione Mons.A. Bello di Alessano (LE) 1998; alla Civica Raccolta di Arte Contemporanea di Ruffano (LE), 1998, e al Civico Museo all’Aperto della Scultura di Martano (Le) nel 2004 con la “Porta della Luna”. Nel 2011viene invitata da Vittorio Sgarbi a partecipare alla 54ma Edizione della Biennale di Venezia. Nel 2018 tiene una significativa mostra personale a Milano nell’Ex-Studio di Piero Manzoni in Brera, dal titolo “La partizione delle voci”. Nel 2019, promossa dalla Regione Marche-Assessorato alla Cultura e dal Comune di Recanati- Assessorato alla Cultura tiene nella Chiesa di San Vito una personale dal titolo “Nel silenzio degli spazi infiniti” dedicata al poeta Giacomo Leopardi per la ricorrenza dei 200 anni dell’ l’Infinito; mostra che andrà poi a Matera capitale della Cultura 2019. Nel 2021 è invitata in un Progetto/Biennale di Venezia dal titolo “Disseminazione monumentale a Venezia” a cura del Prof. Carlo Franza per la Città di Venezia, una sua opera, monumentale, dal titolo “Divus” viene donata e collocata nella storica Palazzina Grassi a Venezia. Nel 2021 per il Ventennale della Collezione Farnesina, promossa dal Circolo Esteri del Ministero degli Esteri-Roma tiene una mostra dal titolo “Geografie dell’icona” nel Progetto “Mondi” a cura dello Storico dell’Arte Prof. Carlo Franza; all’inagurazione intervengono il Presidente del Circolo Esteri Ministro Plenipotenziario Luigi Vignali, e gli Ambasciatori Umberto Vattani e Gaetano Cortese. Vince per la pittura, nel 1994 il Premio Cortina, nel 1995 il Premio Saint Vincent, nel 1996 il Premio Bormio e il Premio Milano, il Premio Turris Magna- Città di Tricase, il Premio delle Arti- Premio della Cultura nel 2000 e nel 2003, il Premium International Florence Seven Stars-Grand Prix Absolute nel 2017, il Premio Artecom per la Cultura nel 2018 a Roma alla Biblioteca Vallicelliana. Ancora nel 2018 viene insignita dell’onorificenza di Ambasciatrice dell’Arte da una giuria internazionale al Plus Florence International Seven Stars. Della sua arte hanno scritto critici e scrittori italiani e stranieri, da Giulio Carlo Argan a Luigi Carluccio, da Antonio Del Guercio a Enzo Fabiani, da Wallace K. Ferguson a Carlo Franza, da Virgilio Guzzi a Domenico Montalto, da Elisabetta Muritti a Nello Ponente, da Franco Russoli a Roberto Sanesi, da Walter Schonenberg a Marco Valsecchi, e ancora Fulvio Papi.
Carlo Franza