Nell’Inferno dei Talebani. L’Afghanistan ripiomba nel Medioevo barbaro dopo la fuoriuscita di Americani e Occidentali.
Bestie talebane, così le ha apostrofate il collega Nicola Porro nel suo blog “Zuppa di Porro”, il 15 agosto 2021. Pienamente d’accordo. Questi talebani rozzi e barbuti hanno appena conquistato Kabul la capitale e l’Afghanistan. Mi sono chiesto ed è domanda che rivolgo ai politici, agli Analisti e all’Intelligence, come sia stato possibile che un’orda di 85.000 (ripeto ottantacinquemila) talebani abbiano potuto avere la meglio su 38.000.000 di afghani? Chi sono i talebani? I talebani (che davvero significa “seminaristi”, o comunque “studenti delle scuole della fede islamica ”, talib è il singolare, taliban il plurale) a quel tempo nel 2001 erano -e sono ancora oggi- una banda ogni giorno più folta che si mostrava all’apparenza come una qualche armata Brancaleone d’Oriente, ma che in realtà era compatta e omogenea, tutti pashtun del Sud afghano, tutti misticamente segnati dall’appartenenza ad Allah, tutti indifferenti alla morte che li avrebbe portati nel paradiso della loro fede. Ed era questa compattezza, questa determinazione mistica, che li faceva imbattibili, capaci di sconfiggere gli scalcagnati eserciti dei “signori della guerra” locali. Alla fine, tuttavia, la loro arma vincente, quella che gli diede a poco a poco, di vallata in vallata, il controllo dell’intero Afghanistan, fu il loro principio di stabilire un rigido ordine sociale e politico là dove prima dominavano l’insicurezza, la corruzione, lo stupro, i rapimenti, gli abusi. I talebani portavano una loro pace sociale, amara certo, ch’era una pace basata sulla sharia e sul ritorno mistico al Medio Evo; e in una società arcaica e tradizionalista, questa garanzia era vincente sulla paura e sull’angoscia quotidiana. Quando i B-52 americani li sconfissero, nel novembre del 2001, i talebani si divisero in tre gruppi. Uno se ne andò alla macchia dietro Omar e il fantasma di Bin Laden, un altro (più sparuto) consegnò le armi e si fuse con il nuovo potere del pashtun Karzai, il terzo si ritirò e si mimetizzò tra la gente dei villaggi del Sud e del Sud Est, tutti pashtun tra i pashtun, protetti dal codice d’onore tribale che condanna il tradimento degli ospiti del villaggio.
Il nuovo potere che s’installò a Kabul non ebbe mai la forza di allargare il proprio controllo al di là della capitale (di Karzai si è detto che è stato “il sindaco di Kabul”), per troppa corruzione e troppi pochi dollari da investire nel crearsi alleanze locali, e nel tempo l’insofferenza per la presenza oppressiva dei soldati stranieri, i kafir invasori, si è andata mescolando con l’insofferenza per i soprusi e gli abusi che i signorotti locali avevano intanto ripreso a praticare dappertutto, impuniti, impunibili, sugli stenti della vita quotidiana. Le centinaia, e poi migliaia, di morti ammazzati dai bombardamenti indiscriminati degli americani hanno riacceso il “nazionalismo” afghano – tre guerre aveva combattuto l’Impero britannico in Afghanistan, e tre volte si era dovuto ritirare sconfitto – e hanno ricostituito quel brodo di coltura nel quale progressivamente è germinata la nuova offensiva talebana, collegata e fusa con quel secondo gruppo di ribelli che si erano rifugiati sulle montagne con il mullah Omar e avevano intanto continuato la loro guerra. Nessun volto buono, nessun buonismo, il lupo cambia il pelo ma non il vizio. Hanno lo stesso volto che avevano vent’anni fa prima dell’arrivo degli americani e degli occidentali, sguardo torvo, la violenza tra le braccia, la testa imbottita di versi coranici. Gattopardi, falsi, usano eccome la “dissimulazione” (fa parte della taqiyya) ovvero che è previsto il mentire nell’islam per difendere la propria fede. Gli americani avrebbero dovuto trarre lezione dal detto romano «Carthago delenda est», abbreviato in «Delenda Carthago» (“Cartagine deve essere distrutta”) è una famosa frase latina pronunciata da Marco Porcio Catone passato alla storia come “Catone il Censore” al termine di ogni suo discorso al Senato romano a partire dal suo ritorno dalla missione di arbitraggio tra i Cartaginesi e Massinissa (re di Numidia) avvenuta nel 157 a. C. praticamente fino alla sua morte nel 149 a. C. E Catone, convinto che non fosse possibile né conveniente per i Romani venire a patti con il secolare nemico, aveva fatto di questo argomento il motivo centrale di tutta la propria azione politica, tanto che ogni suo sermone, di qualsiasi argomento trattasse, finiva sempre con questa esortazione: “Ceterum censeo Carthaginem delendam esse” (“Infine credo che Cartagine debba essere distrutta”). La storia insegna, eccome.
Questa frase è divenuta proverbiale e viene spesso citata per significare una profonda convinzione strategica che sta dietro e a cui sono finalizzate tutta una serie di azioni di natura tattica. Si dice che nel momento in cui Catone pronunciò questa frase per la prima volta egli tirò fuori da sotto la tunica un cesto di fichi provenienti da Cartagine, volendo così dimostrare che se il fico – frutto assai delicato – poteva resistere al viaggio da Cartagine, quest’ultima era troppo vicina a Roma e quindi andava distrutta.
Ma torniamo all’attualità, alla presa dei talebani dell’Afghanistan, alla loro rozza e violenta politica medioevale. Oggi ha abbandonato il Paese anche Clarissa Ward, la corrispondente della Cnn diventata la giornalista più famosa al mondo per aver raccontato la caduta di Kabul e per la sua immagine avvolta nel velo nero impostole dalle milizie talebane. L’ultimo servizio dall’aeroporto mostrava la giornalista confrontarsi con i miliziani che le chiedevano di coprirsi il volto e spegnere la telecamera, mentre minacciavano di colpire l’operatore della sua troupe. E nel paese dei papaveri e dell’oppio che ammorba il mondo è arrivato il barbuto Mullah Abdul Ghani Baradar. È lui l’uomo che ha condotto le trattative con gli Stati Uniti fino all’accordo di Doha del 2020. Ed è lui che, secondo molti osservatori, sarà il primo leader dell’Emirato islamico; bene, questi ha dato subito il primo altolà alle frequentazioni di maschi e femmine, con il basta a classi miste all’Università di Herat. Intanto circolano già in rete le prime fustigazioni pubbliche di donne trovate a girare da sole.
L’accoglienza indiscriminata dei profughi afghani in fuga dai talebani, potrebbe essere la rovina dell’Italia e dell’Europa; a sostenerlo non un “pericoloso” teorico dei porti chiusi e dello stop all’immigrazione, ma Farhad Bitani, ex capitano dell’esercito afghano e scrittore; “Basta con questo buonismo – spiega ad HuffingtonPost -. Ora tutti vogliono essere dalla parte dei buoni, aiutare l’Afghanistan accogliendo le persone, ma ci stiamo chiedendo che fine faranno questi profughi tra un anno o due? Cosa gli accadrà nel nostro Paese, se non gli garantiamo un futuro, se non pensiamo ad un progetto prima di parlare di accoglienza?”. Piccolo particolare: Bitani è arrivato in Italia come rifugiato politico e oggi vive a Torino, dove è impegnato nello sviluppo del dialogo interreligioso tramite l’Afghan Community in Italia. Secondo l’ex militare, si deve tentare il dialogo con le grandi potenze dell’area asiatica, dalla Cina all’India e al vicino Pakistan. “Soprattutto il Pakistan ha un ruolo chiave. I talebani non sono cambiati, alle loro promesse non ci ho mai creduto, neanche per un secondo. Mi hanno ricordato quelle del 1996, dopo le quali hanno ricominciato a tagliare mani e teste”. “Le donne potranno lavorare e studiare ma nel contesto della sharia», giurano i talebani. Ma che bravi questi seminaristi islamici, si sono convertiti al buonismo e sono diventati “talebuoni”, hanno commentato gli illusi. Basterebbe però informarsi su cosa sia la sharia per capire come i talebani siano dei gattopardi: fingeranno di cambiare tutto per non cambiare nulla. E allora vale la pena approfondire i precetti principali (e più inquietanti) della sharia, grazie a Souad Sbai, presidente dell’associazione Donne marocchine in Italia. Con un’avvertenza: la sharia, legge islamica basata su Corano e Sunna (raccolta di scritti e detti di Maometto), può avere un’applicazione soft, come codice di comportamento etico, in Paesi più laici quali Marocco o Tunisia; e un’applicazione hard, come complesso di norme capaci di disciplinare ogni aspetto della vita, in Stati teocratici come Iran, Pakistan e Afghanistan. In 15 punti ecco allora le ragioni per cui la sua reintroduzione a Kabul non è affatto una buona notizia. Ecco da oggi cosa devono “patire” le povere donne afghane considerate, dai talebani, diavolesse.
MATRIMONI FORZATI – In nome della sharia le donne non avranno possibilità di scegliere il marito. «Dovranno accettare l’uomo loro imposto dal tutor, cioè da padre fratello, zio o cognato», nota la Sbai. “Per via della stessa mancanza di autodeterminazione, le donne non potranno divorziare”.
POLIGAMIA – Essa sarà praticata dai talebani sulla base del Corano (4:3): «Se temete di essere ingiusti nei confronti degli orfani, sposate allora due o tre o quattro tra le donne che vi piacciono».
SPOSE BAMBINE – “L’estremizzazione della sharia, con le tradizioni tribali afghane, consentirà i matrimoni precoci, ossia il fenomeno delle bimbe spose”, avverte la Sbai. Questa prassi era in vigore prima dell’intervento americano del 2001.
DIVIETO DI GUIDARE – Alle donne sarà proibito guidare l’auto. Esse non possono essere in una posizione di guida, in quanto la loro sottomissione è prescritta nel Corano: «Gli uomini sono anteposti alle donne, a causa della preferenza che Allah concede agli uni rispetto alle altre» (4:34). Per la stessa ragione, la donna deve farsi accompagnare da un maschio maggiorenne quando esce di casa o viaggia. «Le donne afgane non esisteranno più come individui», rileva la Sbai. «Esse saranno private anche di carta di identità e passaporto».
LAPIDAZIONE ADULTERE – Le donne fedifraghe verranno lapidate pubblicamente dai talebani, con la benedizione della sharia. Il Corano “si limita” a prevedere la fustigazione con 100 frustate. Ma sono gli hadith, i detti di Maometto nella Sunna, a benedire la lapidazione. Questa prassi trova fondamento nell’interpretazione letterale di un versetto del Corano (4:34): «Ammonite le donne di cui temete l’insubordinazione, lasciatele sole nei loro letti, battetele».
DIVIETO DI ESSERE SINGLE – I talebani stanno facendo la lista delle donne non sposate dai 12 ai 45 anni per costringerle alle nozze. «La legge islamica prevede l’obbligo di matrimonio. Le donne non maritate saranno discriminate», dice la Sbai. NO LAVORO E STUDIO «Non è vero che le donne studieranno e lavoreranno», sottolinea la Sbai, perché l’interpretazione rigorosa della sharia non lo prevede. «Questa promessa dei talebani rientra nella taqiyya, la dissimulazione, ossia la possibilità prevista nell’islam di mentire per difendere la propria fede».
NO ATTIVITÀ POLITICA – Le donne potranno fare parte del governo, dicono i talebani. Ma ciò non è previsto dalla sharia. Anche questo proclama rientra nella prassi della taqiyya.
VELO INTEGRALE – Le donne dovranno indossare l’hijab, velo che lascia scoperta la faccia, ma non il burqa, garantiscono i talebani. Ma l’applicazione radicale della sharia determinerà l’obbligo di coprire volto e occhi; quindi, di indossare il burqa.
MORTE PER OMOSESSUALI – «Gli omosessuali saranno uccisi sulla base della legge islamica», avverte la Sbai. «Né sarà possibile abbandonarsi per chiunque a baci ed effusioni in pubblico».
Ecco cosa è oggi l’Afghanistan talebano, un inferno in terra, con il benestare degli Americani che hanno operato un abbandono senza se e senza ma, di quella popolazione che tenta di scappare in tutti i modi dalle grinfie di questi studenti islamici il cui cervello è imbevuto di versi coranici, e hanno riportato un territorio a vivere una vita bestiale, sotto dittatura teocratica.
Carlo Franza