Il Palazzo di Oakhill – L’Ambasciata d’Italia a Stoccolma. Il volume dell’illustrissimo Ambasciatore Gaetano Cortese nel 160° anniversario dell’Unità d’Italia e delle relazioni diplomatiche tra Italia e Svezia.
La storia della diplomazia italiana nel mondo e delle sue residenze sparse in diversi paesi e continenti passa ancheattraverso la brillante e significativa collana diretta dall’Ambasciatore Gaetano Cortese che ne esempla, racconta, descrive e ne fotografa storicamente e iconograficamente questi palazzi che danno lustro alle relazioni dello Stato Italiano nel panorama internazionale. Residenze d’Ambasciata. Risultati grandiosi, tomi di eccellenza che rimangono delle pietre miliari e attestano, per l’appunto, la grandiosità del nostro Stato nel tessere, da questi luoghi, relazioni nell’intero globo terrestre. Ecco un altro volume ( Il Palazzo di Oakhill-L’Ambasciata d’Italia a Stoccolma- Colombo Editore- Roma) collana sulle Ambasciate d’Italia all’estero, collana editata dall’Editore Colombo di Roma, e diretta da quell’illustrissimo Ambasciatore Gaetano Cortese. Nobile traguardo per questa nuova pubblicazione, iniziata già da alcuni anni, che ha coinvolto numerose istituzioni pubbliche e private, musei, accademie e gallerie d’arte italiane e straniere, nonché personalità e Ambasciatori e funzionari della carriera diplomatica che hanno avvertito quanto fosse importante mettere a fuoco la memoria storica di un edificio tanto simbolico e significativo nelle relazioni italo-svedesi, quale il Palazzo di Oakhill a Stoccolma sede dell’Ambasciata d’Italia in Svezia. Il volume è stato editato per celebrare l’Ambasciata d’Italia a Stoccolma nel centosessantesimo anniversario dell’Unità d’Italia e delle relazioni diplomatiche tra l’Italia e la Svezia. L’Ambasciatore Gaetano Cortese osserva: “Il nostro ringraziamento va all’Ambasciatrice Elena Basile per il suo contributo e per la preziosa documentazione fotografica fornitaci e all’Ambasciatore Alessandro Quaroni per avere ben voluto condividere questa nuova iniziativa editoriale con uno scritto di memorie e ricordi durante la sua missione diplomatica in Svezia. Siamo stati sollecitati in questa iniziativa anche dal desiderio di potere tributare un doveroso omaggio a tutti i Capi Missione e loro collaboratori che, con grande impegno e spirito di servizio, hanno avuto un ruolo di grande importanza nel mantenere una rappresentanza diplomatica all’altezza del patrimonio architettonico ed artistico del nostro Paese lungo tutto il corso della lunghissima storia diplomatica tra l’Italia e la Svezia.” Il testo, la storia dell’edificio dalla fondazione e via via fino all’acquisto da parte del governo italiano, il racconto puntuale e le immagini del volume danno subito idea di quel che negli anni hanno fatto il committente, gli architetti, gli artisti, gli Ambasciatori italiani e le Autorità svedesi, succedutisi via via nella Residenza; è una grande storia dipanata, che incornicia lo spettacolare Palazzo di Oakhill sede dell’Ambasciata Italiana in Svezia. Le energie profuse dai rappresentanti diplomatici italiani a Stoccolma hanno assicurato la permanente vitalità del Palazzo di Oakhill quale centro di scambi di idee e di raffronto delle progettualità, al servizio dei due Paesi e della loro azione futura in quello che era l’obiettivo prioritario di questo ventunesimo secolo: la costruzione politica dell’Unione Europea. Intanto eccone la storia di questo nobile edificio. Vicino al centro storico di Stoccolma e nel cuore del golfo costellato dai fiordi e insenature naturali, nel mezzo del Parco reale di Djurgarden, oggi riserva naturale, è ospitata la residenza diplomatica d’Italia, alla sommità dell’omonimo colle “di Oakhill” da cui si gode una veduta panoramica suggestiva. Il Palazzo è protetto da un giardino privato ricavato sul terreno di un’estensione di 15.000 metri quadrati, con alberi ad alto fusto, e, in prossimità del portico colonnato d’ingresso, con siepi e aiole fiorite. Il progetto dell’edificio è dell’architetto svedese Ferdinando Boberg, uno dei massimi esponenti dello Jugendstil in Svezia, al cui nome si lega la realizzazione di importanti edifici di Stoccolma, come la Thielska Galleriet, il Nobelpalatset, la Nordiska Kompaniet. E dunque l’architettura dell’edificio dell’Ambasciata, esprime decoro e funzione, con volumi e linee geometriche essenziali che tengono conto dell’impatto panoramico sulla città.
L’architettura si giova di scelte di massima funzionalità insieme ad una sobria eleganza strutturale che richiama, in senso “razionalista” stilemi classicisti derivati da Palladio, evidenti nel pronao a colonne per il portico d’ingresso. Il prospetto vive una lunga facciata a due soli piani, scandita da finestre quadrangolari lisce, con un avancorpo centrale a forma trapezoidale che, al piano terra ospita la veranda ed al primo una terrazza da cui godere il suggestivo panorama sui fiordi. All’essenzialità del prospetto esterno, corrisponde la calda atmosfera degli interni trasmessa dagli eleganti rivestimenti in boiserie delle pareti delle sale. Il vasto atrio ed il cosiddetto Salotto rosa sono tra gli esempi più originali e raffinati dello Jugendstijl, corrente in voga agli inizi del Novecento di cui Boberg, a Stoccolma, è stato uno dei protagonisti; archi colonne scale, librerie, camini, sono stati realizzati in legno d’ebano e le specchiature rettangolari, sulle pareti ospitano preziosi dipinti giunti, negli anni, dall’Italia, in prestito temporaneo da musei italiani. L’edificio è stato costruito tra il 1908 e il 1910, su incarico della Principessa Pavlovna, nipote dello zar di Russia, e del principe Guglielmo di Svezia, in occasione delle loro nozze. La Granduchessa Maria era stata educata e allevata a Mosca dal Granduca Sergio Romanov e dalla consorte Elisabetta Feodorovna. Dopo l’assassinio del Granduca Sergio nel 1905 la Granduchessa Maria rimase con la vedova fino al matrimonio con il principe svedese. Gli sposi soggiornarono nel Palazzo Reale di Stoccolma finché i lavori di restauro non furono ultimati ad Oakhill nel 1911, quando la coppia, insieme al loro figlio Lennart Bernadotte, poté insediarsi nella nuova dimora. Nel 1914, il principe Wihlem e la principessa Maria divorziarono ed il palazzo rimase disabitato fino a quando non venne dato in affitto all’allora Ministro Plenipotenziario degli Stati Uniti, Ira Morris, che vi soggiornò fino al maggio del 1926, anno in cui fu acquisito dall’Italia per 4 milioni di lire ed adibito quale rappresentanza diplomatica dello Stato italiano. L’edificio di tre piani fu realizzato completamente in gesso luminoso con 40 stanze, torri angolari ed una terrazza che offre una splendida e grandiosa veduta panoramica su Ryssviken, del mare di Waldemarsudde. La Residenza e’ indiscutibilmente tra le più belle e prestigiose sedi diplomatiche italiane all’estero. Venne abitato dalla coppia per due soli anni, e, con la fine del matrimonio, dopo esser rimasto inutilizzato per diverso tempo e poi affittato, venne venduto allo Stato italiano nel 1926. Il contratto di compravendita, del 16 maggio 1926, fu stipulato tra il Gran Maresciallo in nome della Corona e del Re di Svezia in qualità di tutore della proprietaria, la principessa Lennart, e il Governo del Re d’Italia. L’acquisto del palazzo comprendeva il terreno circostante di 15.087 mq. ed anche gli oggetti d’arredo in esso contenuti, indicati in un elenco allegato al contratto che, però, non ci è giunto con l’atto, per cui non è stato possibile individuare gli arredi originari della casa. Alla stessa epoca, con l’apertura dell’Ambasciata, si intensificano i rapporti diplomatici preesistendo, comunque, una Legazione (1906). Il primo Ambasciatore si insediò solo nel 1958. Da alcuni documenti conservati nell’Archivio dell’Ambasciata è interessante ricostruire la storia dell’edificio dagli anni Venti (1927) fino agli anni Settanta quando la struttura risultava in stato di degrado, si realizzarono alcuni importanti lavori di ristrutturazione al tetto e ai prospetti esterni. A seguito dell’approvazione giunta dalla sede centrale, nel 1978, vennero inoltre eseguiti la rimozione dei vecchi intonaci e il nuovo rivestimento degli esterni. Il Palazzo recuperava in tal modo la sua fisionomia di architettura svedese di stile razionalista, in perfetta sintonia con lo stile originario dello Jugendsijl. Il Palazzo, si trova sull’isola che, attraverso i secoli, ha assunto diversi nomi, da quello antichissimo di Walmunzo, a quelli, più moderni, di Waldemarson e di Oakhill. L’isola era nota sin dal Medioevo per la fornitura del fieno agli armenti del re ed in seguito parco di caccia durante il regno di Cristina di Svezia, chiamata “la Diana di Svezia” per poi trasformarsi in un vero e proprio parco di divertimenti nel XVIII secolo. Agli inizi del XIX secolo, vennero concessi nell’isola i primi permessi per la costruzione di edifici nonché residenze estive, quale anche la costruzione, da parte dell’architetto Fredrik Blom di una casa richiesta dall’ammiraglio britannico Sir Thomas Baker, sposato con Sofia Augusta Ruuth, figlia del Ministro delle Finanze e Governatore Generale della Pomerania, il Conte Erik Ruuth. L’ammiraglio inglese Baker sostituì il vecchio nome della zona di “Ryssbaken” (Colle del Russo) con l’attuale nome, in lingua inglese, di Oakhill. Nel 1836 la dimora fu acquistata dal ciambellano Lewenhaupt che la usufruì come residenza estiva e nel 1862 la proprietà passò a Wihlem Nicolaus Burmeister, il quale demolì vari edifici nella zona di Oakhill per edificarne dei nuovi tipo “chalet svizzero”. Infine la proprietà passò all’avvocato Karl Alex Riben, acquistata di fatto per conto del principe di Svezia e Norvegia Karl Wihlem Louis Bernadotte, duca di Sodermanland. La località conserva integro, nella sua bellezza, l’antico carattere residenziale con parchi e giardini tuttora popolati da fagiani, cigni e scoiattoli; alle rive prospicienti la splendida capitale attraccano ancora imbarcazioni da diporto di ogni tipo e le secolari querce sovrastano tuttora, con il loro denso fogliame, i prati verdissimi. Nel novembre del 1857, il sovrano sabaudo Vittorio Emanuele II decretò l’introduzione di una serie di modifiche nell’abito degli agenti diplomatici che ben sottolinea le nuove tendenze. Presso l’Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri abbiamo rinvenuto, a seguito di una assai laboriosa ricerca personale, un esemplare rilegato del Decreto con unita una serie di tavole acquarellate delle singole uniformi dei vari gradi gerarchici della carriera diplomatica di cui presentiamo per la prima volta, per gentile concessione del Dicastero, una campionatura al lettore di questo volume. Opere certo pregevoli perché realizzate (come si evince dalle firme autografe) dal celebre artista Bartolomeo Giuliano (Susa 1825- Milano 1909), pittore piemontese d’origine, ma milanese d’adozione, che studiò all’Accademia Albertina, allievo di Carlo Arienti e di Carlo Felice Biserna. Dal 1846 espose alle mostre della Promotrice torinese dipinti di soggetto storico – letterario quale gli “Esuli italiani che piangono la Patria perduta” del 1851. Egli fu anche insegnante presso la citata Accademia, come assistente di Ernesto Gamba (1855 – 1860) in seno alla cattedra di disegno. Di poco successiva fu la nomina ad insegnante di disegno dell’Accademia militare. La decisione di designare Giuliano quale autore delle tavole sottolineò il desiderio sabaudo di porre in particolare luce il prestigio e l’alto valore delle funzioni riservate alla carriera diplomatica. Pagine significative gettano uno sguardo sulle relazioni diplomatiche italo-svedesi, allargando anche sulle origini della istituzione delle rappresentanze diplomatiche fra Stati sovrani che risalgono al XV secolo, quando era prassi nelle relazioni tra alcuni sovrani e principi scambiarsi agenti diplomatici.
Nel volume dedicate alcune immagini alla cerimonia augurale delle celebrazioni per il 700 anniversario della scomparsa di Dante Alighieri al Quirinale, in occasione del “Concerto per Dante” eseguito dall’Orchestra giovanile “Luigi Cherubini” con il Coro dell’Accademia di Santa Cecilia, diretto dal Maestro Riccardo Muti. Eccelso e memorabile ricordo, in questo volume dedicato alla Ambasciata d’Italia a Stoccolma, rivolto “a un grande italiano che ha raggiunto, per giudizio pressoché unanime, le vette più alte delle letterature di tutti i tempi”, come ha sottolineato il Capo dello Stato, in occasione dei festeggiamenti tenutisi nel 2021 in Italia e all’estero. In tale contesto rientra la nostra rappresentanza diplomatica nella capitale svedese, il Palazzo di Oakhill, ubicato in uno dei più eleganti quartieri di Stoccolma. L’Ambasciata d’Italia è parte integrante del patrimonio architettonico ed artistico svedese e della storia del Paese. Prima del Regno di Sardegna, sin dal secolo XIII le relazioni tra Roma e Stoccolma erano particolarmente rilevanti grazie alla presenza di figure che hanno segnato la storia tra i due Paesi, basti pensare a Brigida Birgersdotter (Finsta, 1303-Roma 1373), religiosa e mistica svedese, fondatrice dell’Ordine del Santissimo Salvatore, proclamata Santa Brigida da Bonifacio IX il 7 ottobre 1391. Proveniente da una aristocratica famiglia svedese, assieme al marito Ulf Gudmarsson, studiò la Sacra Scrittura, fondò un piccolo ospedale e assistette i poveri. Dopo il decesso del consorte, nel 1349 lasciò la Svezia per vari pellegrinaggi e venne a stabilirsi definitivamente a Roma assieme alla figlia Caterina per dedicarsi alla cura dei meno abbienti sino alla sua morte il 23 luglio 1373. Basti pensare che nella Città del Vaticano, Piazza San Pietro, Udienza Generale, 27 ottobre 2010, Sua Santità il Papa Benedetto XVI ha tenuto la sua catechesi sulla grande figura femminile di Santa Madre Brigida, Compatrona d’Europa, intrattenendosi, al termine dell’Udienza, con l’Abbadessa Generale Madre Tekla Famiglietti. Rivolgendosi all’Assemblea capitolare ha concluso con le seguenti parole: “Saluto le Suore dell’Ordine delSantissimo Salvatore e Santa Brigida – Brigidine – riunite per il loro Capitolo generale e prego il Signore perché da questa assemblea scaturiscano generosi propositi di vita evangelica per l’intero Istituto”. La Chiesa di Santa Brigida è un luogo di culto cattolico di Roma, sita nel rione Regola, di fronte a Piazza Farnese. Essa si trova in un complesso edilizio che comprende la casa che Santa Brigida e la figlia Santa Caterina abitarono dal 1350 fino alla loro morte. La casa comprendeva anche una piccola cappella edificata sotto il Papa Bonifacio IX, che fu dedicata a Brigida quando venne canonizzata nel 1391; annesso vi era un ospedale per i pellegrini svedesi. La Chiesa di Santa Brigida è la chiesa nazionale degli Svedesi. L’altra figura di particolare rilievo è la Regina Cristina di Svezia (Stoccolma, 1626 – Roma 1689), figlia del Re Gustavo II Adolfo di Svezia e di Maria Eleonora del Brandeburgo, Regina di Svezia dal 1633 fino all’abdicazione avvenuta nel 1654, a favore del cugino Carlo X. Durante il periodo del regno di Cristina, la Svezia divenne uno dei centri più raffinati e ricercati d’Europa, a tal punto che Stoccolma venne sopranno- minata “l’Atene del Nord”. Dopo aver lasciato la Svezia si trasferì momentaneamente nei Paesi Bassi e successivamente a Bruxelles ove il 24 dicembre 1654 la Regina Cristina fece la sua prima confessione di fede cattolica, alla presenza dei fedeli amici Pimentel e Raimondo Montecuccoli. Nel novembre del 1655 la Regina Cristina decise di fare la propria professione ufficiale al cattolicesimo nella Hofkirche di Innsbruck per poi scriverne al Papa Alessandro VII e al Re Carlo X.
La Regina Cristina fu accolta a Roma con grandi onori e feste dal nuovo Papa Alessandro VII e dalla nobiltà romana ed in suo onore fu lo stesso Bernini a restaurare la Porta del Popolo, sulla quale si può leggere la scritta che inneggia al “suo felice e fausto ingresso” in città il 23 dicembre 1655. La Regina si insediò a Palazzo Farnese, già residenza del Duca di Parma, di fronte alla Chiesa di Santa Brigida, l’altra aristocratica svedese che aveva scelto Roma come sua residenza. Nel 1656 la Regina Cristina decise di dare inizio ad una serie di discussioni intellettuali con personalità del mondo culturale romano, istituendo un’accademia, detta Accademia Reale, con l’obbligo per i partecipanti di aderire alla musica, al teatro, alla letteratura e alle lingue. Mantenendo la qualifica di promotrice dell’arte e della musica, la Regina Cristina si rese promotrice dell’apertura del primo teatro pubblico di Roma nell’ex prigione di Tor di Nona, ad opera del suo segretario Giacomo d’Albert. Nell’aprile del 1689 la Regina Cristina, dopo una visita ai templi della Campania ove contrasse una infezione, seguita da una polmonite, morì assistita dal cugino marchese Michele Garagnani e dal Cardinale Decio Azzolino, fedele amico per tutta la vita, La processione del funerale si svolse dalla chiesa di Santa Maria in Vallicella sino alla Basilica di San Pietro, dove la Regina venne sepolta nelle Grotte Vaticane. Tale beneficio le venne accordato anche a ricordo della tradizione che vedeva la sepoltura nella Basilica per i Sovrani sassoni che tra il IX e X secolo vi si recavano per convertirsi al cristianesimo. Nel 1696 Papa Innocenzo XI fece erigere un monumento alla Regina Cristina di Svezia nella Basilica di San Pietro, a ricordo della sua prodigiosa conversione e per la gratitudine che anche la città di Roma le doveva. L’opera, ultimata nel 1702, mostra la Regina Cristina ritratta in un medaglione di bronzo, modellato da Giovanni Giardini, supportato da uno scheletro coronato posto su un cuscino sorretto da due putti in marmo bianco scolpiti da Lorenzo Ottoni. Tre rilievi sottostanti dello scultore francese Teudon rappresentano tre momenti della sua vita come la sua rinuncia al trono svedese, l’abiura al protestantesimo fatta nel 1655 nella cattedrale di Innsbruck e l’allegoria della Fede trionfante sull’eresia.
Nel 1861, al momento della nascita del Regno d’Italia, vari Paesi europei riconobbero subito il nuovo stato, instaurando normali relazioni diplomatiche, con l’invio di rappresentanti diplomatici nelle rispettive capitali. Fra di essi il Regno di Svezia e Norvegia (quest’ultima accederà all’indipendenza nazionale solo mezzo secolo più tardi) quando il Re Vittorio Emanuele II nominò come suo rappresentante diplomatico presso il Re Carlo XV il Ministro Residente con lettere credenziali Andrea Tagliacarne, che giunse a Stoccolma il 27 marzo 1862, subito dopo la missione diplomatica nei Paesi Bassi, ove sin dal 1859 aveva rappresentato, quale Incaricato d’Affari, il Regno di Sardegna per esservi poi confermato dal Re d’Italia con la presentazione delle lettere credenziali nel 1861. Accreditati presso il Sovrano di Svezia e Norvegia furono successivamente Luigi Corti (1864), dapprima quale Ministro Residente con lettere credenziali ed in seguito come Inviato Straordinario e Ministro Plenipotenziario; Luigi Rati Opizzoni (1867), Vittorio Sallier de la Tour (1871), Federico Costanzo Spinola (1879), Alessandro Tannini (1888) Alessandro Guasco di Bisio (1897), Emanuele Berti (1903) ed infine Alberto De Foresta (1904), tutti in qualità di Inviato Straordinario e Ministro Plenipotenziario con lettere credenziali. Il predetto è stato l’ultimo diplomatico italiano a rappresentare il Re Vittorio Emanuele II presso il Re di Norvegia e Svezia Oscar II, in quanto nel 1905 sopravviene lo scioglimento dell’Unione tra la Norvegia e la Svezia, risultato, tra l’altro, di una insanabile controversia sulla richiesta norvegese di poter disporre di un servizio consolare autonomo rispetto a quello svedese. Secondo lo statuto dell’Unione, la politica estera era appannaggio esclusivo del Re di Svezia, che la esercitava tramite il Ministro degli Esteri, membro del Gabinetto svedese. Le materie attinenti alla politica estera trattate da due organismi: il servizio diplomatico e quello consolare. I funzionari diplomatici venivano accreditati dal Gabinetto ministeriale svedese, mentre i consoli, il cui compito era quello di trattare prevalentemente le materie commerciali e mercantili, venivano accreditati, dopo il 1836, da un “Gabinetto Congiunto” svedese-norvegese. Nel 1885 tale sistema venne unilateralmente cambiato con assunzione di responsabilità esclusiva per le nomine da parte del Ministro degli Esteri a Stoccolma. Ciò comportò una serie di reazioni a catena sfocianti in un insanabile conflitto bilaterale, cui andarono ad aggiungersi le polemiche sulla nazionalità del Ministro degli Esteri dell’Unione (tradizionalmente svedese). La delibera dello Storting (Parlamento nazionale norvegese, in funzione dal 1814) di istituire un servizio consolare norvegese si scontrò con un rifiuto di ratifica del Re Oscar II, che la interpretava come una violazione del principio di esclusività nella gestione della politica estera dell’Unione da parte della Corona. Seguirono le dimissioni del Governo norvegese. A fronte dell’impossibilità di formarne uno nuovo per il concorde rifiuto di tutte le forze politiche di Christiania, il Re dovette “con grande rincrescimento” prendere atto del fatto che l’ Unione fra i due Paesi sotto un comune monarca aveva cessato di esistere.
Il 7 giugno 1905 il Parlamento norvegese approvò una risoluzione per sciogliere unilateralmente l’Unione. La risoluzione fu confermata da un referendum che approvò la dissoluzione dell’Unione con 368.208 voti a favore e 184 contrari. Le condizioni vennero concordate con un accordo a Karlstad, in Svezia, nel settembre del 1905. Subito dopo il Principe Carlo di Danimarca, sposato alla Principessa Maud, figlia del Re Edoardo VII del Regno Unito, venne prescelto con referendum quale Re di Norvegia, salendo al trono con il nome di Haakon VII. È a partire da questa data che i rappresentanti diplomatico-consolari verranno direttamente accreditati presso la Corte norvegese. Il Regno d’Italia fu tra i primi a riconoscere la Norvegia come stato indipendente e ad affidare all’allora Inviato Straordinario e Ministro Plenipotenziario con lettere credenziali a Copenaghen Giorgio Calvi di Bergolo anche la missione norvegese. Stessa situazione si verificò con il suo successore Emanuele Berti, anch’egli con accreditamento principale in Danimarca. Soltanto con la nuova nomina di Fedele de Novellis, il 30 agosto del 1912 il rappresentante diplomatico italiano inizierà a risiedere effettivamente a Christiania, la capitale norvegese che solo dal 1925 riprenderà l’antico nome di Oslo che conserva attualmente. Dopo la separazione della Norvegia dalla Svezia, venne inviato nel 1906 il nuovo rappresentante diplomatico del Regno d’Italia presso la Corte svedese nella persona dell’inviato straordinario e ministro plenipotenziario Enrico Ferrara Dentice e a seguire nel prosieguo degli anni Francesco Bottaro Costa, Giulio Cesare Vinci, Luigi Bruno, Francesco Tommasini, Luca Orsini Barone, Gouseppe Colli Di Felizzano, Paolo Di Montagliari, Agostino Depretis, Giovanni Battista Nani Mocenigo, Ascanio Colonna, Gaetano Paternò Di Manchi Di Bilici e Antonio Meli Lupi Di Soragna Tarasconi. Durante il secondo conflitto mondiale si alternarono quali Capi Missione presso la sede diplomatica italiana a Stoccolma gli inviati straordinari e ministri plenipotenziari Francesco Fransoni dal 1939 al 1941 e Giuseppe Renzetti dal 1941 al 1945. Dopo la fine della seconda guerra mondiale le relazioni diplomatiche tra l’Italia e la Svezia continuarono sempre a livello di inviati straordinari e ministri plenipotenziari fino al 1958, allorquando vennero elevate al rango di Ambasciatore con l’invio del primo rappresentante diplomatico italiano nella persona di Benedetto Capomazza Di Campolattaro, che assunse le sue nuove funzioni il 24 marzo 1958. Tutti i Capimissione italiani che si sono succeduti dal secondo dopoguerra ad oggi, hanno contribuito a far sì che il Palazzo di Oakhill sia crescentemente la sede ove transitano, per i loro contatti personali e confidenziali, i massimi esponenti della vita politica e istituzionale nonché imprenditoriale italiana. Per tutti i Capi Missione residenti a Stoccolma un evento di particolare rilevanza internazionale ha rivestito la cerimonia della consegna del Premio Nobel ove gli Ambasciatori sono direttamente coinvolti nel caso in cui gli insigniti del Premio siano di nazionalità del Paese rappresentato. Dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi gli studiosi italiani che hanno vinto il Premio Nobel sono: Daniel Bovet nel 1957, Salvatore Quasimodo nel 1959, Emilio Segré nel 1959, Giulio Natta nel 1963, Salvatore Luria nel 1969, Eugenio Montale nel 1975, Renato Dulbecco nel 1975, Carlo Rubbia nel 1984, Franco Modigliani nel 1985, Rita Levi Montalcini nel 1986, Dario Fo nel 1997, Riccardo Giacconi nel 2002 e Mario Capecchi nel 2007. Sono 20 gli studiosi italiani premiati con il Nobel. Prima della proclamazione della Repubblica, durante il Regno d’Italia il primo premio è stato attribuito nel 1906 per la Medicina e la Fisiologia a Camillo Golgi, seguito da Giosuè Carducci per la Letteratura nel 1906, Ernesto Teodoro Moneta per la Pace nel 1907, Guglielmo Marconi per la Fisica nel 1909, Grazia Deledda per la Letteratura nel 1926, Luigi Pirandello per la Letteratura nel 1934 ed Enrico Fermi per la Fisica nel 1938.
E dunque l’Ambasciata d’Italia a Stoccolma resta un faro sia di storia diplomatica che riferimento mondiale di una cultura a più voci che trova nel Premio Nobel una cornice di interesse primario. E il volume dell’Ambasciatore Gaetano Cortese sull’Ambasciata d’Italia a Stoccolma in Svezia ha raccolto preziosamente storia, politica, cronaca e cultura in un formidabile processo costruttivo, divenendo un eccezionale monumento librario.
Carlo Franza
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