La storia della diplomazia italiana nel mondo e delle sue residenze sparse in diversi paesi e continenti passa ancheattraverso la brillante e significativa collana diretta dall’Ambasciatore Gaetano Cortese che ne esempla, racconta, descrive  e ne fotografa storicamente e iconograficamente questi palazzi che danno lustro alle relazioni dello Stato Italiano nel panorama internazionale. Residenze d’Ambasciata. Risultati grandiosi, tomi di eccellenza che rimangono delle pietre miliari e attestano, per l’appunto, la grandiosità del nostro Stato nel tessere, da questi luoghi, relazioni nell’intero globo terrestre.  Ecco un altro volume ( Il Palazzo di Oakhill-L’Ambasciata d’Italia a Stoccolma- Colombo Editore- Roma) collana sulle Ambasciate d’Italia all’estero, collana editata dall’Editore Colombo di Roma, e diretta da quell’illustrissimo Ambasciatore Gaetano Cortese. Nobile traguardo per questa nuova pubblicazione, iniziata già da alcuni anni, che ha coinvolto numerose istituzioni pubbliche e private, musei, accademie e gallerie d’arte italiane e straniere, nonché personalità e Ambasciatori e funzionari  della carriera diplomatica che hanno avvertito quanto fosse importante  mettere a fuoco la memoria storica di un edificio tanto simbolico e significativo nelle relazioni italo-svedesi, quale il Palazzo di Oakhill a Stoccolma sede dell’Ambasciata d’Italia in Svezia. Il volume è stato editato per celebrare l’Ambasciata d’Italia a Stoccolma nel centosessantesimo anniversario dell’Unità d’Italia e delle relazioni diplomatiche tra l’Italia e la Svezia.  L’Ambasciatore Gaetano Cortese osserva: “Il nostro   ringraziamento va all’Ambasciatrice Elena Basile per il suo contributo e per la preziosa documentazione fotografica fornitaci e all’Ambasciatore Alessandro Quaroni per avere ben voluto condividere questa nuova iniziativa editoriale con uno scritto di memorie e ricordi durante  la sua missione diplomatica in Svezia. Siamo stati sollecitati in questa iniziativa anche dal desiderio di potere tributare un  doveroso omaggio a tutti i Capi Missione e loro collaboratori che, con grande impegno e spirito di servizio, hanno avuto un ruolo di grande importanza nel mantenere una rappresentanza diplomatica all’altezza del patrimonio  architettonico ed artistico del nostro Paese lungo tutto  il corso della lunghissima storia diplomatica tra l’Italia e la Svezia.” Il testo, la storia dell’edificio dalla fondazione e via via fino all’acquisto da parte del governo italiano, il racconto puntuale e le immagini del volume danno subito idea di quel che negli anni hanno fatto il committente, gli architetti, gli artisti, gli Ambasciatori italiani e le  Autorità svedesi, succedutisi via via nella Residenza; è una grande storia dipanata, che incornicia lo spettacolare Palazzo di  Oakhill sede dell’Ambasciata Italiana in Svezia. Le energie profuse dai rappresentanti diplomatici italiani a Stoccolma hanno assicurato la permanente vitalità del Palazzo di Oakhill quale centro di scambi di idee e di raffronto delle progettualità, al servizio dei due Paesi e della loro azione futura in quello che era l’obiettivo prioritario di questo ventunesimo secolo: la costruzione politica dell’Unione Europea. Intanto eccone la storia di questo nobile edificio. Vicino al centro storico di Stoccolma e nel cuore del golfo costellato dai fiordi e  insenature naturali, nel mezzo del Parco reale di Djurgarden, oggi riserva naturale, è ospitata la residenza diplomatica d’Italia, alla sommità dell’omonimo colle “di Oakhill” da cui si gode una veduta panoramica suggestiva. Il Palazzo è protetto da un giardino privato ricavato sul terreno di un’estensione di 15.000 metri quadrati, con alberi ad alto fusto, e, in prossimità del portico colonnato d’ingresso, con siepi e aiole fiorite. Il progetto dell’edificio è dell’architetto svedese Ferdinando Boberg, uno dei massimi esponenti dello Jugendstil in Svezia, al cui nome si lega la realizzazione di importanti edifici di Stoccolma, come la Thielska Galleriet, il Nobelpalatset, la Nordiska Kompaniet. E dunque l’architettura dell’edificio dell’Ambasciata,  esprime decoro e funzione, con  volumi e linee geometriche essenziali che tengono conto dell’impatto  panoramico sulla città.

L’architettura si giova di scelte di massima funzionalità insieme ad una sobria eleganza strutturale che richiama, in senso “razionalista” stilemi classicisti derivati da Palladio, evidenti nel pronao a colonne per il portico d’ingresso. Il prospetto vive una lunga facciata a due soli piani, scandita da finestre quadrangolari lisce, con un avancorpo centrale a forma trapezoidale che, al piano terra ospita la veranda ed al primo una terrazza da cui godere il suggestivo panorama sui fiordi. All’essenzialità del prospetto esterno, corrisponde la calda atmosfera degli interni trasmessa dagli eleganti rivestimenti in boiserie delle pareti delle sale. Il vasto atrio ed il cosiddetto Salotto rosa sono tra gli esempi più originali e raffinati dello Jugendstijl, corrente in voga agli inizi del Novecento di cui Boberg, a Stoccolma, è stato  uno dei protagonisti; archi colonne scale, librerie, camini, sono stati realizzati in legno d’ebano e le specchiature rettangolari, sulle pareti ospitano preziosi dipinti giunti, negli anni, dall’Italia, in prestito temporaneo da musei italiani. L’edificio è stato costruito tra il 1908 e il 1910, su incarico della Principessa Pavlovna, nipote dello zar di Russia, e del principe Guglielmo di Svezia, in occasione delle loro nozze. La Granduchessa Maria era stata educata e allevata a Mosca dal Granduca Sergio Romanov e dalla consorte Elisabetta Feodorovna. Dopo l’assassinio del Granduca  Sergio nel 1905 la Granduchessa  Maria rimase con la vedova fino al matrimonio con il principe svedese. Gli   sposi soggiornarono   nel  Palazzo  Reale  di Stoccolma finché i lavori di restauro non furono ultimati ad Oakhill nel 1911, quando la coppia, insieme al loro  figlio Lennart  Bernadotte,  poté  insediarsi nella nuova dimora. Nel 1914, il principe Wihlem e la principessa Maria divorziarono ed il palazzo rimase disabitato fino a quando non venne dato in affitto all’allora Ministro Plenipotenziario degli Stati Uniti, Ira Morris, che vi soggiornò fino al maggio del 1926, anno in cui fu acquisito dall’Italia per 4 milioni di lire ed adibito quale rappresentanza diplomatica dello Stato italiano. L’edificio di tre piani fu realizzato completamente in gesso luminoso con 40 stanze, torri angolari ed una terrazza che offre una splendida  e grandiosa  veduta panoramica  su  Ryssviken, del  mare  di Waldemarsudde. La Residenza e’ indiscutibilmente tra le più belle e prestigiose sedi diplomatiche italiane all’estero. Venne abitato dalla coppia per due soli anni, e, con la fine del matrimonio, dopo esser rimasto inutilizzato per diverso tempo e poi affittato, venne venduto allo Stato italiano nel 1926. Il contratto di compravendita, del 16 maggio 1926, fu stipulato tra il Gran Maresciallo in nome della Corona e del Re di Svezia in qualità di tutore della proprietaria, la principessa Lennart, e il Governo del Re d’Italia. L’acquisto del palazzo comprendeva il terreno circostante di 15.087 mq. ed anche gli oggetti d’arredo in esso contenuti, indicati in un elenco allegato al contratto che, però, non ci è giunto con l’atto, per cui non è stato possibile individuare gli arredi originari della casa. Alla stessa epoca, con l’apertura dell’Ambasciata, si intensificano i rapporti diplomatici preesistendo, comunque, una Legazione (1906). Il primo Ambasciatore si  insediò solo nel 1958. Da alcuni documenti conservati nell’Archivio dell’Ambasciata è interessante ricostruire la storia dell’edificio dagli anni Venti (1927) fino agli anni Settanta quando la struttura risultava in stato di degrado, si realizzarono alcuni importanti lavori di ristrutturazione al tetto e ai prospetti esterni. A seguito dell’approvazione giunta dalla sede centrale, nel 1978, vennero inoltre eseguiti la rimozione dei vecchi intonaci e il nuovo rivestimento degli esterni. Il Palazzo recuperava in tal modo la sua fisionomia di architettura svedese di stile razionalista, in perfetta sintonia con lo stile originario dello Jugendsijl. Il Palazzo, si trova sull’isola che, attraverso i secoli, ha assunto diversi nomi, da quello antichissimo di Walmunzo, a quelli, più moderni, di Waldemarson  e di Oakhill. L’isola era nota sin dal Medioevo per la fornitura del fieno agli armenti del re ed in seguito parco di caccia durante il regno  di  Cristina  di  Svezia, chiamata  “la Diana di Svezia” per poi trasformarsi in un vero e proprio parco di divertimenti nel XVIII secolo. Agli inizi del XIX secolo, vennero concessi nell’isola i primi permessi per la costruzione di edifici nonché residenze estive, quale anche la costruzione, da parte dell’architetto Fredrik Blom di una casa richiesta dall’ammiraglio britannico Sir Thomas Baker, sposato con Sofia Augusta Ruuth, figlia del Ministro delle Finanze e Governatore Generale della Pomerania, il Conte Erik Ruuth. L’ammiraglio inglese Baker sostituì il vecchio nome della zona di “Ryssbaken” (Colle del Russo) con l’attuale nome, in lingua inglese, di Oakhill. Nel 1836 la dimora fu acquistata dal ciambellano Lewenhaupt che la usufruì come residenza  estiva e nel 1862 la proprietà  passò a Wihlem Nicolaus Burmeister,  il quale demolì vari edifici nella zona di Oakhill per edificarne dei nuovi tipo “chalet svizzero”. Infine la  proprietà  passò  all’avvocato  Karl  Alex Riben, acquistata  di fatto  per  conto  del principe  di Svezia e  Norvegia  Karl  Wihlem  Louis  Bernadotte, duca di Sodermanland. La località conserva integro, nella sua bellezza, l’antico carattere residenziale con parchi e giardini tuttora popolati da  fagiani, cigni e scoiattoli; alle rive prospicienti  la splendida capitale attraccano ancora imbarcazioni da diporto di ogni tipo e le secolari querce sovrastano tuttora, con il loro denso fogliame, i prati verdissimi. Nel novembre del 1857, il sovrano sabaudo Vittorio Emanuele II   decretò l’introduzione di una serie di modifiche nell’abito degli agenti diplomatici che ben sottolinea le nuove tendenze. Presso l’Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri abbiamo rinvenuto, a seguito di una assai laboriosa ricerca personale, un esemplare rilegato del Decreto con unita una serie di tavole acquarellate delle singole uniformi dei vari gradi gerarchici della carriera diplomatica di cui presentiamo per la prima volta, per gentile concessione del Dicastero, una campionatura al lettore di questo volume. Opere certo  pregevoli perché realizzate (come si evince dalle firme autografe) dal celebre artista Bartolomeo Giuliano (Susa 1825- Milano 1909), pittore piemontese d’origine, ma milanese d’adozione, che studiò all’Accademia Albertina, allievo di Carlo Arienti e di Carlo Felice Biserna. Dal 1846 espose alle mostre della Promotrice torinese dipinti di soggetto storico – letterario quale gli “Esuli italiani che piangono la Patria perduta” del 1851. Egli fu anche insegnante presso la citata Accademia, come assistente di Ernesto Gamba (1855 – 1860) in seno alla cattedra di disegno. Di poco successiva fu la nomina ad insegnante di disegno dell’Accademia militare. La decisione di designare Giuliano quale autore delle tavole sottolineò il desiderio sabaudo di porre in particolare luce il prestigio e l’alto valore delle funzioni riservate alla carriera diplomatica. Pagine significative gettano uno  sguardo sulle relazioni diplomatiche italo-svedesi, allargando anche  sulle origini della istituzione delle rappresentanze diplomatiche  fra Stati sovrani che risalgono al XV secolo,  quando  era  prassi  nelle  relazioni  tra alcuni sovrani e principi scambiarsi agenti diplomatici.

Nel volume dedicate  alcune immagini alla cerimonia augurale delle celebrazioni per il 700 anniversario della scomparsa di Dante Alighieri al Quirinale, in occasione del “Concerto  per Dante”  eseguito dall’Orchestra  giovanile “Luigi Cherubini” con il Coro dell’Accademia di Santa Cecilia, diretto dal Maestro Riccardo Muti. Eccelso e memorabile ricordo, in questo volume dedicato alla Ambasciata d’Italia a Stoccolma, rivolto “a un grande italiano che ha raggiunto, per giudizio pressoché unanime, le vette più alte delle letterature  di tutti  i tempi”, come ha sottolineato  il Capo dello Stato, in occasione dei festeggiamenti tenutisi nel 2021 in Italia e all’estero. In tale contesto rientra la nostra rappresentanza diplomatica nella capitale svedese, il Palazzo di Oakhill, ubicato  in uno  dei più eleganti quartieri  di Stoccolma.  L’Ambasciata d’Italia  è  parte  integrante del  patrimonio  architettonico  ed  artistico  svedese e della storia del Paese. Prima del Regno di Sardegna, sin dal secolo XIII le relazioni tra Roma e Stoccolma erano particolarmente rilevanti grazie alla presenza di figure che hanno segnato  la storia  tra  i  due  Paesi,  basti  pensare  a Brigida Birgersdotter  (Finsta, 1303-Roma 1373), religiosa e mistica svedese, fondatrice dell’Ordine del Santissimo Salvatore, proclamata Santa Brigida da Bonifacio IX  il 7 ottobre  1391. Proveniente da una aristocratica  famiglia svedese, assieme al marito  Ulf Gudmarsson,  studiò la Sacra Scrittura, fondò un piccolo ospedale e assistette i poveri. Dopo il decesso del consorte, nel 1349 lasciò la Svezia per vari pellegrinaggi e venne a stabilirsi definitivamente a Roma assieme alla figlia Caterina per  dedicarsi  alla cura  dei meno abbienti sino alla sua morte il 23 luglio 1373. Basti pensare che nella Città del Vaticano, Piazza San Pietro, Udienza Generale, 27 ottobre 2010,  Sua Santità il Papa Benedetto XVI ha tenuto  la sua catechesi sulla grande  figura femminile di  Santa Madre  Brigida, Compatrona d’Europa, intrattenendosi,  al termine dell’Udienza, con l’Abbadessa Generale Madre Tekla Famiglietti. Rivolgendosi all’Assemblea capitolare ha concluso con le seguenti parole: “Saluto le Suore dell’Ordine  delSantissimo Salvatore e Santa Brigida – Brigidine – riunite per il loro Capitolo generale e prego il Signore perché da questa assemblea scaturiscano generosi propositi di vita evangelica per l’intero Istituto”. La Chiesa di Santa Brigida è un luogo di culto cattolico di  Roma,  sita  nel  rione  Regola,  di  fronte  a Piazza Farnese. Essa si trova in un complesso edilizio che comprende la casa che Santa Brigida e la figlia Santa  Caterina  abitarono   dal  1350  fino  alla  loro morte. La casa comprendeva anche una piccola cappella edificata sotto il Papa Bonifacio IX, che fu dedicata  a Brigida quando  venne  canonizzata  nel  1391; annesso vi era un ospedale per i pellegrini svedesi. La  Chiesa di  Santa  Brigida è la chiesa nazionale degli Svedesi. L’altra figura di particolare rilievo è la Regina Cristina  di  Svezia (Stoccolma, 1626 – Roma 1689), figlia del Re Gustavo II Adolfo di Svezia e di Maria Eleonora del Brandeburgo,  Regina di Svezia dal 1633 fino all’abdicazione avvenuta nel 1654, a favore del cugino Carlo X. Durante  il periodo  del regno di Cristina, la Svezia divenne uno dei centri più raffinati e ricercati d’Europa, a tal punto  che Stoccolma venne sopranno- minata “l’Atene del Nord”. Dopo aver lasciato la Svezia si trasferì momentaneamente nei Paesi Bassi e successivamente a Bruxelles ove il 24 dicembre 1654 la Regina Cristina fece la sua prima confessione di fede cattolica, alla presenza dei fedeli amici Pimentel e Raimondo Montecuccoli. Nel novembre del 1655 la Regina Cristina decise di fare la propria professione ufficiale al cattolicesimo nella Hofkirche di Innsbruck  per poi scriverne al Papa Alessandro VII e al Re Carlo X.

La Regina Cristina  fu accolta a Roma con  grandi onori e feste dal nuovo Papa Alessandro VII e dalla nobiltà romana ed in suo onore fu lo stesso Bernini a restaurare la Porta del Popolo, sulla quale si può leggere  la  scritta  che  inneggia  al  “suo  felice e  fausto ingresso” in città il 23 dicembre 1655. La Regina si insediò a Palazzo Farnese, già residenza del Duca di Parma, di fronte alla Chiesa di Santa Brigida, l’altra aristocratica  svedese che aveva scelto Roma come sua residenza. Nel 1656 la Regina Cristina decise di dare inizio ad una  serie di  discussioni intellettuali  con personalità del  mondo  culturale  romano,  istituendo  un’accademia, detta Accademia Reale, con l’obbligo per i partecipanti di aderire alla musica, al teatro, alla letteratura e alle lingue. Mantenendo la qualifica di promotrice dell’arte e della musica, la Regina Cristina si rese promotrice dell’apertura del primo teatro pubblico  di Roma nell’ex prigione di Tor di Nona, ad opera del suo segretario Giacomo d’Albert. Nell’aprile del 1689 la Regina Cristina, dopo una visita ai templi della Campania ove contrasse una infezione, seguita da una polmonite, morì assistita dal cugino marchese Michele Garagnani  e dal Cardinale Decio Azzolino,  fedele amico per tutta la vita, La processione del funerale si svolse dalla chiesa di Santa Maria in Vallicella sino alla Basilica di San Pietro, dove la Regina venne sepolta nelle Grotte Vaticane. Tale beneficio le venne accordato anche  a ricordo della tradizione che vedeva la sepoltura  nella Basilica per i Sovrani sassoni che tra il IX e X secolo vi si recavano per convertirsi al cristianesimo. Nel 1696 Papa Innocenzo XI fece erigere un monumento  alla Regina Cristina di Svezia nella Basilica di San Pietro, a ricordo della sua prodigiosa conversione e per la gratitudine  che anche la città di Roma le doveva. L’opera, ultimata nel 1702, mostra la Regina Cristina ritratta in un medaglione di bronzo, modellato da Giovanni Giardini, supportato da uno scheletro coronato posto su un cuscino sorretto da due putti in marmo bianco scolpiti da Lorenzo  Ottoni. Tre rilievi sottostanti dello scultore francese Teudon  rappresentano tre momenti della sua vita come la sua rinuncia al trono  svedese,  l’abiura  al  protestantesimo  fatta  nel 1655 nella cattedrale  di Innsbruck  e l’allegoria della Fede trionfante sull’eresia.

Nel 1861, al momento della nascita del Regno d’Italia,  vari  Paesi  europei   riconobbero   subito   il nuovo stato, instaurando  normali relazioni diplomatiche,  con  l’invio di  rappresentanti   diplomatici  nelle rispettive  capitali.  Fra  di  essi il Regno  di  Svezia e Norvegia (quest’ultima accederà all’indipendenza nazionale solo mezzo secolo più tardi)  quando  il Re Vittorio Emanuele II nominò come suo rappresentante diplomatico presso il Re Carlo XV il Ministro Residente con lettere credenziali Andrea Tagliacarne, che giunse a Stoccolma il 27 marzo 1862, subito dopo la missione diplomatica  nei Paesi Bassi, ove sin dal 1859 aveva rappresentato,  quale Incaricato d’Affari, il Regno di Sardegna per esservi poi confermato dal Re d’Italia con la presentazione  delle lettere credenziali nel  1861.  Accreditati  presso  il Sovrano  di  Svezia e Norvegia furono successivamente Luigi Corti (1864), dapprima quale Ministro Residente con lettere credenziali ed  in  seguito  come  Inviato  Straordinario  e Ministro Plenipotenziario; Luigi Rati Opizzoni (1867), Vittorio  Sallier de  la Tour  (1871), Federico Costanzo Spinola (1879), Alessandro Tannini  (1888) Alessandro  Guasco  di Bisio (1897), Emanuele  Berti (1903) ed infine Alberto  De Foresta  (1904), tutti  in qualità di Inviato Straordinario e Ministro Plenipotenziario  con lettere credenziali. Il predetto  è stato  l’ultimo diplomatico italiano a rappresentare  il Re Vittorio Emanuele II presso il Re di Norvegia e Svezia Oscar II, in quanto nel 1905 sopravviene lo scioglimento dell’Unione tra la Norvegia e la Svezia, risultato, tra l’altro, di una insanabile controversia sulla richiesta norvegese di poter disporre di un servizio consolare autonomo rispetto a quello svedese. Secondo lo statuto dell’Unione, la politica estera era appannaggio esclusivo del Re di Svezia, che la esercitava tramite il Ministro degli Esteri, membro del Gabinetto  svedese. Le materie attinenti alla politica estera trattate da due organismi: il servizio diplomatico e quello consolare.  I funzionari diplomatici venivano accreditati dal Gabinetto  ministeriale svedese, mentre i consoli, il cui compito   era  quello  di  trattare   prevalentemente   le materie commerciali e mercantili, venivano accreditati, dopo il 1836, da un “Gabinetto  Congiunto” svedese-norvegese. Nel 1885 tale sistema venne unilateralmente cambiato con assunzione di responsabilità esclusiva per  le nomine  da  parte  del Ministro  degli Esteri a Stoccolma. Ciò comportò una serie di reazioni a catena sfocianti in un insanabile conflitto bilaterale, cui andarono ad aggiungersi le polemiche sulla nazionalità del Ministro degli Esteri dell’Unione (tradizionalmente svedese). La delibera dello Storting (Parlamento   nazionale  norvegese,  in  funzione  dal 1814) di  istituire  un  servizio consolare  norvegese si scontrò con un rifiuto di ratifica del Re Oscar II, che la interpretava  come una violazione del principio  di esclusività nella gestione della politica estera dell’Unione da parte della Corona. Seguirono le dimissioni del Governo  norvegese. A fronte dell’impossibilità  di  formarne  uno  nuovo  per  il concorde rifiuto di tutte  le forze politiche di Christiania, il Re dovette  “con  grande  rincrescimento”  prendere  atto del fatto che l’ Unione fra i due Paesi sotto un comune monarca aveva cessato di esistere.

Il 7 giugno 1905 il Parlamento norvegese approvò una risoluzione per sciogliere unilateralmente l’Unione. La risoluzione fu confermata da un referendum che  approvò  la  dissoluzione  dell’Unione  con 368.208 voti a favore e 184 contrari.  Le condizioni vennero concordate con un accordo a Karlstad, in Svezia, nel settembre   del 1905.  Subito   dopo   il Principe Carlo di Danimarca, sposato alla Principessa Maud,  figlia del  Re Edoardo  VII  del  Regno Unito, venne prescelto con referendum quale Re di Norvegia, salendo al trono con il nome di Haakon  VII. È a partire da questa data che i rappresentanti diplomatico-consolari verranno direttamente accreditati  presso la Corte norvegese. Il Regno d’Italia fu tra i primi a riconoscere la Norvegia come stato indipendente e ad affidare all’allora Inviato Straordinario e Ministro Plenipotenziario con lettere credenziali a Copenaghen Giorgio Calvi di Bergolo anche la missione norvegese. Stessa situazione si verificò con il suo successore Emanuele Berti, anch’egli con accreditamento principale in Danimarca. Soltanto con la nuova nomina di Fedele de Novellis, il 30 agosto del 1912 il rappresentante diplomatico italiano inizierà a risiedere effettivamente a Christiania, la capitale norvegese che solo dal 1925 riprenderà l’antico nome di Oslo che conserva attualmente. Dopo  la separazione  della  Norvegia  dalla  Svezia, venne inviato nel 1906 il nuovo rappresentante  diplomatico del Regno d’Italia presso la Corte svedese nella persona dell’inviato  straordinario  e ministro plenipotenziario Enrico Ferrara  Dentice e a seguire nel prosieguo degli anni Francesco Bottaro Costa, Giulio Cesare  Vinci,  Luigi  Bruno,  Francesco  Tommasini, Luca  Orsini  Barone,  Gouseppe   Colli Di  Felizzano, Paolo Di Montagliari, Agostino Depretis, Giovanni Battista Nani  Mocenigo,  Ascanio Colonna,  Gaetano Paternò  Di Manchi Di Bilici e Antonio Meli Lupi Di Soragna Tarasconi.  Durante il secondo conflitto mondiale si alternarono quali Capi Missione presso la sede diplomatica italiana a Stoccolma gli inviati straordinari e ministri plenipotenziari  Francesco  Fransoni  dal 1939 al 1941 e Giuseppe Renzetti dal 1941 al 1945. Dopo la fine della seconda guerra mondiale le relazioni diplomatiche tra l’Italia e la Svezia continuarono sempre a livello di inviati straordinari e ministri plenipotenziari fino al 1958, allorquando vennero elevate al rango di Ambasciatore con l’invio del primo rappresentante diplomatico italiano nella persona di Benedetto  Capomazza Di Campolattaro,  che assunse le sue nuove funzioni il 24 marzo 1958. Tutti  i Capimissione italiani che si sono succeduti  dal secondo dopoguerra  ad oggi,   hanno contribuito  a far sì che il Palazzo di Oakhill sia crescentemente la sede ove transitano, per i loro contatti personali e confidenziali, i massimi esponenti della vita politica e istituzionale nonché imprenditoriale italiana. Per tutti i Capi Missione residenti  a Stoccolma un evento di particolare rilevanza internazionale ha rivestito  la cerimonia della consegna del Premio Nobel ove gli Ambasciatori sono direttamente coinvolti nel caso in cui gli insigniti del Premio  siano di nazionalità del Paese rappresentato.  Dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi gli studiosi italiani che hanno vinto il Premio Nobel sono: Daniel Bovet nel 1957, Salvatore Quasimodo  nel  1959, Emilio Segré nel  1959, Giulio Natta nel 1963, Salvatore Luria nel 1969, Eugenio Montale  nel 1975, Renato  Dulbecco  nel 1975, Carlo Rubbia nel 1984, Franco Modigliani nel 1985, Rita Levi Montalcini nel 1986, Dario Fo nel 1997, Riccardo Giacconi nel 2002 e Mario Capecchi nel 2007. Sono 20 gli studiosi italiani premiati con il Nobel. Prima della proclamazione della Repubblica, durante il Regno d’Italia il primo premio è stato attribuito nel 1906 per la Medicina e la Fisiologia a Camillo Golgi, seguito da Giosuè Carducci per la Letteratura nel 1906, Ernesto Teodoro Moneta per la Pace nel 1907, Guglielmo Marconi per la Fisica nel 1909, Grazia Deledda per la Letteratura nel 1926, Luigi Pirandello per la Letteratura  nel 1934 ed Enrico Fermi per la Fisica nel 1938.

E dunque l’Ambasciata d’Italia a Stoccolma   resta un faro sia di storia diplomatica che riferimento mondiale di una cultura a più voci che trova nel Premio Nobel  una cornice di interesse primario. E il volume dell’Ambasciatore Gaetano Cortese sull’Ambasciata d’Italia a Stoccolma in Svezia ha raccolto preziosamente storia, politica,  cronaca e cultura  in un formidabile processo costruttivo, divenendo un eccezionale monumento librario.

Carlo Franza   

 

 

 

 

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