E’ stata appena inaugurata la mostra sul tema dell’Inferno alle Scuderie del Quirinale, che già molti ambienti soprattutto cattolici l’hanno individuata come satanica.  Basti pensare che nello stesso giorno del 18 ottobre 2021, nel suo messaggio ai no-vax di Torino, l’arcivescovo Carlo Maria Viganò si è fatto eco di queste preoccupazioni, affermando che la Porta dell’Inferno di Rodin che apre la Mostra, ne svelerebbe l’indole massonica e anticattolica.

I curatori dell’evento sono il collega  lo Storico dell’Arte Jean Clair e sua moglie Laura Bossi, che con questa iniziativa hanno voluto rendere omaggio a Dante nel settimo centenario della sua morte.  Jean Clair, pseudonimo di Gérard Régnier, Accademico di Francia, è uno dei pochi storici dell’arte che ha osato criticare a fondo l’arte moderna, con opere  come Critica della modernità. Considerazioni sullo stato delle belle arti (Umberto Allemandi, 1984), De immundo (Abscondita, 2005) e Processo al surrealismo: Del surrealismo considerato nei suoi rapporti con il totalitarismo e i tavolini medianici (Fazi, 2007). Di Laura Bossi, una neurologa specializzata nei rapporti tra medicina e filosofia, ricordo l’interessantissima Storia naturale dell’anima (Baldini Castoldi, 2005), in cui demistifica il concetto di morte cerebrale. Interessante, interessantissima, storica, la mostra di cui stiamo parlando, formidabile per il contenuto e le preziose opere; mostra che non è dedicata al demonio ma all’Inferno, e in particolare all’Inferno dantesco. La Mostra delle Scuderie mostra non il fascino di Satana, ma l’orrore dell’Inferno e delle sue pene. Una frase dello storico dell’iconografia medioevale Jérôme Baschet, che, nella Mostra, commenta un’immagine della bocca dell’inferno, è significativa: “L’Inferno è altrettanto terribile e minaccioso quanto il mostro che lo rappresenta”. L’Inferno è un viaggio dal Medioevo ai nostri giorni, attraverso 232 opere d’arte, concesse in prestito da 87 tra grandi musei, raccolte pubbliche e prestigiose collezioni private italiane e internazionali. Apre il percorso espositivo La Porta dell’Inferno (1917) di Auguste Rodin, che tanto fa scandalo, a immagine della porta evocata da Dante nel III canto dell’Inferno;  è stata scolpita sul modello della Porta del Paradiso di Lorenzo Ghiberti, ed esprime “tutta la disperazione dei dannati, che invano cercano di scuoterne gli implacabili battenti”, come scrivono Chloé Ariot e François Blanchetière, nel Catalogo della Mostra, Inferno (Electa, 2021, p. 83). Accanto alla Porta di Rodin campeggia nella prima sala, il celebre Giudizio Finale (1425) del Beato Angelico, mentre nella stessa sala, vengono esplicitamente evocati i Novissimi (Morte, Giudizio, Inferno e Paradiso), presentati dai curatori come elemento “fondativo della cultura europea”. Mirabili anche due opere che rappresentano la caduta degli angeli ribelli: una scultura di Francesco Beros (1725-1735 circa) e un olio su tela di Andrea Commodi (1612-1614), proveniente dalla Galleria degli Uffizi.

E’ interessante sapere e lo apprendiamo dal catalogo della mostra sull’Inferno che la mostra è, come scrive Laura Bossi, una “topografia del male»” (Catalogo, cit., p. 43). I demoni sono sempre stati rappresentati come personaggi orripilanti, e Dante nel suo Inferno ci elenca una serie di nomi, Farfarello, Cagnazzo, Barbariccia, Scarmiglione, Alichino, Calcabrina, Lebicocco, Draghignazzo, Ciriatto, Graffiacane, Malacoda e Rubicante, questi i loro nomi pittoreschi, mentre i dannati soffrono sullo sfondo delle fiamme e dei ghiacci dei paesaggi infernali. Lungo il percorso si alternano gli esemplari miniati della Città di Dio di Sant’Agostino, le pergamene illustrate di Sandro Botticelli, i disegni drammatici di Federico Zuccari e di Giovanni Stradano, le visioni apocalittiche di Jeronimus Bosch, Pieter Huys e Jan Brueghel il Vecchio. Ma le sale più importanti sono dedicate a Dante e alla Divina Commedia, con dipinti classici come la maestosa tela di quattro metri di Gustave Doré Virgilio e Dante nel IX girone dell’Inferno (1861).

Tra le altre opere esposte meritano di essere ricordate: il celebre Demonio di Valladolid, del XVIII secolo, in legno policromo; Dieci episodi della Divina Commedia (1842-1844) di Carl Christian Vogel von Vogelstein; Lucifero (1890-91) di Franz Von Stuck; il Teatrino napoletano “Inferno” (1920) con pupi catanesi e palermitani. Suggestiva è infine la proiezione, lungo il percorso, di uno dei primi film muti, L’Inferno (1911) di Francesco Bertolini, che si ispira fedelmente all’Inferno dantesco, con una serie di quadri animati ispirati alle illustrazioni di Doré.

La Mostra sull’Inferno delle Scuderie del Quirinale lascia leggere nel finale anche la rappresentazione dell’inferno in terra, frutto della degenerazione della modernità, del nichilismo che ormai attanaglia l’intera Europa, attraverso i temi della fabbrica, della follia, della guerra e dell’universo concentrazionario.  Basti pensare all’inferno nazista ma anche all’inferno comunista, come sappiamo in modo chiaro da un brano della lettera di Varlam Salamov del 1972: “Il tema del Lager è l’espressione, il riflesso la conoscenza della più grande tragedia del nostro tempo. E la tragedia consiste in questo: come hanno potuto uomini educati per generazioni sulla letteratura umanistica arrivare ad Auschwitz, alla Kolyma”.  Non dimentichiamo che Salamov (1907-1982) fu per lunghi anni prigioniero dei lager sovietici ed è autore dei Racconti della Kolyma. Storie dai lager (Newton Compton, 2012).

Tematica dell’ultima sala è il “Riveder le stelle” (Inferno, XXXIII, 139), si conclude il percorso sotto un manto celeste, illustrato da opere come Sternenfall di Anselm Kiefer (1945) e da didascalie che richiamano l’idea di Dio, creatore del Cielo e della terra.

La Chiesa si è sempre servita delle icone pittoriche per fare opera di Catechesi, già nei piccoli battezzati che si preparano alla Cresima, e poi via via nelle omelie in Chiesa  agli adulti,

trasmettendo attraverso le immagini l’idea della dannazione eterna, destinata a coloro che trasgrediscono la legge divina. L’Inferno non è una fantasia ma, come ricorda in una didascalia della Mostra il matematico Kurt Gödel, è “una regione dello spazio”.  E’ la stessa catechesi che il 13 luglio del 1917 la Madonna ha usato a Fatima, mostrando ai tre pastorelli l’orrore dell’Inferno, “dove vanno le anime dei poveri peccatori”.

Si può salvare l’uomo dall’inferno eterno solo se se ne parla di nuovo”, ha scritto padre Serafino Lanzetta, presentando il libro da lui curato Inferno e dintorni. E’ possibile un’eterna dannazione? (Cantagalli, 2010, p. 10), che raccoglie gli atti di un importante convegno di studi svoltosi a Firenze su questo tema dall’11 al 13 dicembre 2008. Peculiarità del catalogo della mostra è la presenza di una selezionata antologia di brevi estratti d’autore, fra cui Charles Baudelaire, Italo Calvino, Fëdor Dostoevskij, Victor Hugo, James Joyce, Giacomo Leopardi e tanti altri autori che hanno affrontato il tema dell’Inferno da una prospettiva letteraria.

La Mostra delle Scuderie non celebra l’Inferno, ma è espressione estrema della giustizia divina, squaderna  storicamente una realtà che amministra la vita dopo la morte, l’aldilà,  ci parla di questo mistero alla luce della Giustizia, non quella umana, spesso debole e fuorviante, ma di quella divina, come già affermò Dante “Giustizia mosse il mio alto Fattore”.

Carlo Franza

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