Il tempo da sempre avvolge la nostra vita, le nostre vite, il mondo e l’eternità che non è più tempo, perché “Omnia fert aetas”- Il tempo porta via tutte le cose”(Virgilio); ma i latini grande maestri di vita  e di storia  dicevano anche  “Carpe diem. Cogli l’attimo” (Quinto Orazio Flacco), o “Tempus tantum nostrum est. Il tempo è l’unica cosa che abbiamo” (Lucio Anneo Seneca), o ancora “Fugit irreparabile tempus. Il tempo fugge irreparabilmente”, e il “Tempus edax rerum. Il tempo divora ogni cosa” (Orazio). Sono alcune riflessioni di come scorre il tempo e di come fin dall’antichità l’uomo abbia sentito il bisogno di misurare il trascorrere del tempo. Lo strumento più semplice è stato la meridiana,  costituita da un palo infisso nel terreno o su una parete, il cui uso è documentato in  Cina a partire dal III millennio a.C. Anche il complesso di Stonehenge è ritenuto un dispositivo astronomico per la determinazione del momento degli  equinozi. Fino a che la misurazione del tempo è avvenuta con le meridiane, la suddivisione del tempo prevalente era quella in cui l’ora era la dodicesima parte del ciclo diurno, dall’alba al tramonto. In seguito abbiamo avuto orologi alternativi, la clessidra a acqua (Egizi- Greci); furono anche creati orologi ad acqua dotati di un sistema meccanico di indicazione dell’ora: il più famoso è la torre dei Venti di Atene significativamente già chiamata horologion. Nel corso del Medioevo furono inventati i primi orologi meccanici: nel giro di un mezzo secolo, all’inizio del Trecento, molti campanili cittadini vennero dotati di orologio (Parigi, Milano, Firenze, Forlì, ecc.).  

Nel XVIII secolo John Harrison costruì i primi orologi a molle abbastanza precisi ed affidabili; risolvendo uno dei più seri problemi per la navigazione di quel tempo. Un esempio formidabile è il famoso orologio di Piazza San Marco a Venezia, costruito a partire dal 1493 per opera di Giancarlo Ranieri;  al rintocco delle ore, due statue meccaniche (chiamati Mori per il colore scuro dovuto al materiale) si inchinano alla Madonna e colpiscono le campane con un martello; oltre all’ora indica anche informazioni astronomiche quali posizione dei  pianeti, fasi lunari, posizione del  sole nello zodiaco.. Pregevole è anche l’edificio che lo contiene e il raffinato quadrante, di 4,5 metri di diametro. Il meccanismo attuale deriva da restauri compiuti nel secolo XVIII. Altro importante orologio, famoso per essere l’orologio astronomico più grande del mondo, è quello custodito nel campanile del Duomo di Messina in Sicilia, alto 48 metri alla torre e 60 metri alla cuspide. Costruito negli  anni Trenta  del 1900 dalla ditta Ungerer di  Strasburgo per volere dell’ arcivescovo di Messina Monsignor  Angelo Paino presenta numerosi automi meccanici che ricordano i momenti più importanti della storia civile e religiosa della città e che ogni giorno, a mezzogiorno, si animano. L’orologio possiede inoltre un grande globo che indica le fasi lunari, un calendario perpetuo ed un calendario astronomico che riproduce fedelmente le posizioni dei pianeti in relazione alle varie costellazioni.

L’orologio e il tempo hanno da sempre catturato anche la creatività e la fantasia degli artisti.  Questa tematica, magica e sapienziale viene oggi celebrata nella mostra “Horology in Art” allestita, fino ad aprile 2022, nella sede della “Horological Society of New York”  in Midtown Manhattan a New York. Fra gli esempi dell’intersezione dei due mondi, basti ricordare il dipinto L’enigma dell’ora (1911) di Giorgio De Chirico; oppure il celeberrimo La persistenza della memoria (1931), fra i lavori più emblematici della ricerca artistica di Salvador Dalí. Quest’ultimo è solo l’esempio più celebre di un fil rouge che perdura da oltre sette secoli. Pendole e orologi di ogni tipo: a cassa lunga, da tavolo, da persona, ecc., che si svelano come soggetto principale o come elemento di sfondo, usati dall’uomo e divenuti simboli di ricchezza, disciplina, occupazione e raffinatezza tecnologica. Nella mostra “Horology in Art” ne troviamo ben  60 esemplari e l’esposizione  è stata  allestita presso la sede della prima gilda di orologiai d’America;  fondata nel 1866, la HSNY è infatti una delle più antiche associazioni al mondo dedicata alla ricerca e alla divulgazione dell’arte orologiera. I suoi membri sono un mix di tecnici e appassionati: orologiai, dirigenti, giornalisti, banditori d’asta, storici, venditori, collezionisti, ecc.

Curiosa e divertente la mostra, ma anche illuminante e storica, si svela come il frutto della passione di un “collezionista di immagini”, che negli anni ha riunito una raccolta tanto ampia quanto variegata di pezzi, diversi per epoca e ispirazione: dipinti, incisioni, stampe, fotografie, poster, perfino francobolli, ecc.  Tema comune l’orologio. Ecco allora, per esempio, un olio su tela del 1830 che ritrae una madre e un bambino con un modello da tasca. O ancora una miniatura su avorio, realizzata nel 1840, in cui una giovane donna sfoggia come prezioso sautoir l’esemplare appeso a una lunga catena. In mostra, ci sono anche pezzi più importanti, vedi  le riproduzioni a stampa di artisti celebri,  oltre al già citato Salvador Dalí, s’incontrano per esempio Giovanni Battista Piranesi, Jean-Louis David, Jan Steen, Andrew Wyeth, Winslow Homer. Le foto d’epoca annoverano invece due rari dagherrotipi della metà del XIX secolo; e diversi ritratti dell’era della Guerra civile di Mathew Brady, spesso scattati nel suo studio, i cui soggetti condividono la scena con l’orologio da mensola chiamato “Reaper” (il mietitore).

La maggior parte delle opere visibili nel percorso di Horology in Art sono un prestito del curatore stesso della mostra, Bob Frishman. È lui il “collezionista di immagini”: orologiaio, restauratore, storico, ricercatore; dice in un’ intervista a Il Giornale degli Orologi: “Tutto è iniziato con un ritratto del XVI secolo di Annibale Carracci, che mostrava una donna dalla pelle scura con in mano un orologio. Era all’interno di un catalogo di un’asta di Christie’s del 2005. Ne rimasi sbalordito”, svela Bob Frisman; “Sebbene io sia attivo nell’orologeria dal 1980, quest’immagine ha dato il via alla mia ricerca quotidiana di altre opere d’arte raffiguranti orologi”.  E ad oggi la sua collezione può vantare più di duemila esemplari.

Osserva il collezionista Bob Frishman: “Anche se non posso avere capolavori a livello museale di Tiziano o Winslow Homer, possiedo comunque opere d’arte originali, belle stampe e prime fotografie. E sono felice di condividerle con il pubblico di Horology in Art. Per quanto ne so, prima d’ora non c’era mai stata da nessuna parte una mostra del genere, che si concentrasse esclusivamente sull’orologeria nell’arte”. Le oltre 60 opere esposte in mostra mettono ben in luce il percorso sulla storia dell’orologio e dell’orologio nell’arte, ma anche il livello della sua raccolta privata. Testimoniano soprattutto la presenza dell’orologio come oggetto ricorrente nelle tante forme artistiche di varie culture, sia in Occidente come in Oriente. Conclude Bob Frishman: “Ogni dipinto, ogni fotografia sono stati composti da un artista e l’orologio fa parte della storia di queste opere. Per secoli, gli orologi nell’arte hanno rappresentato argomenti seri come la mortalità umana, l’abbondanza, la disciplina, la raffinatezza, il progresso tecnologico… Invece per noi collezionisti di orologeria, queste opere mostrano anche – spesso nei minimi dettagli – orologi che allora erano nuovi, ma oggi sono ciò che cerchiamo nei musei, nelle aste e nelle collezioni private. Quindi le immagini ci raccontano storie e ci illustrano orologi di tutti i tipi degli ultimi sette secoli. Insomma, non parliamo di selfie e foto ricordo. Le opere d’arte che raffigurano orologi non nascono mai per caso”.

Carlo Franza

 

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