E’ in arrivo   un’asta che molti storici, studiosi e amanti del patrimonio culturale italiano, non vorrebbero mai avesse inizio e corso. Taluni l’anno chiamata l’asta del secolo.  Stiamo parlando de “Il Casino dell’Aurora” di Roma, o meglio di quel che rimane in piedi della vasta Villa Ludovisi, tenuta che si trova nel quartiere omonimo realizzato dopo l’Unità d’Italia e la proclamazione di Roma capitale.  Sarà messa in vendita per la cifra sottostimata di ben 471 milioni di euro; a mio avviso -da Perito del Tribunale di Milano- la cifra dovrebbe essere di ben 700 milioni di euro.  Provate a immaginare quanti dall’estero correranno per acquisirla. Non voglio neppure pensare a ciò e a quanto accadrà.  E badate bene per chi come noi conosce bene il patrimonio romano, non si tratta, dell’unico edificio superstite della Villa, è infatti superstite anche il Palazzo Grande, difficilmente visitabile ai più, perché annesso in perpendicolare a Palazzo Piombino Margherita, oggi sede dell’Ambasciata degli Stati Uniti.

Molti si chiederanno, come mai questo bene culturale va in asta? Per decisione del Tribunale di Roma che a seguito della morte dell’ultimo rampollo della storica famiglia Boncompagni-Ludovisi, vale a dire il Principe Nicolò, gli eredi non trovano un accordo sull’eredità. Da una parte l’ultima moglie Rita Jenrette, dall’altra i figli di primo letto Bante Maria, Ignazio Maria e Francesco Maria. Discussioni e liti vanno avanti fin dal 2018, tra carte bollate e pignoramenti che nessuno è in grado di riscattare. E’ così che il Tribunale di Roma   ha disposto l’asta.  Eccola  così disposta: “Tra via Vittorio Veneto, porta Pinciana e Villa Borghese, da Villa (parzialmente accatastata ad uso ufficio) e tre locali autorimessa ubicati a Roma (RM) – Via Lombardia 42/46 per una superficie convenzionale di circa 2.800 mq”. Un annuncio del Tribunale di Roma che non può neanche lontanamente racchiudere l’importanza di questo capolavoro dell’architettura e dell’arte oggi all’asta per una serie di vicende giudiziarie ed ereditarie scaturite dopo la morte dell’antico proprietario il principe Nicoló Boncompagni Ludovisi.

L’asta si svolgerà il 18 gennaio 2022, sarà senza incanto, e con modalità telematica asincrona. Il prezzo base sarà di 471 milioni di euro, l’offerta minima di 353.250.000 con rilanci di un milione. Al valore d’asta sono stati detratti i circa 11 milioni di euro che saranno necessari al fortunato acquirente per restaurare il Casino dell’Aurora, chiamato così per l’Affresco dell’Aurora realizzato dal Guercino. Una volta stabilita l’offerta migliore, comunque, lo stato italiano avrà diritto di prelazione perché il bene è riconosciuto dal ministero dei Beni Culturali di valenza nazionale. Quindi lo Stato potrà acquistarlo al prezzo dell’offerta più alta. Se l’asta dovesse andare deserta il palazzo verrebbe rimesso nuovamente all’asta a un prezzo base ribassato del 20%. Fu il Cardinal  Del Monte, mecenate di Caravaggio, a commissionare all’artista il dipinto murale: un soffitto che raffigura Giove, Nettuno e Plutone del 1597. A Roma per conto dei Medici, Francesco Maria Del Monte abitava nel mediceo Palazzo Madama (oggi c’è il Senato della Repubblica) e aveva dal 1595 la sua casa ‘di campagna’ nel Casino dell’Aurora (allora chiamato anche Casino del Monte o “belvedere” visto che era nel punto più alto di Roma) edificato probabilmente dal Maderno dove c’era la vigna di Cecchino del Nero, tesoriere di papa Clemente VII Medici. La villa restò nella mani della famiglia Ludovisi dal 1600 fino ai giorni nostri, non a caso fu Alessandro Ludovisi, ovvero Papa Gregorio XV, a commissionare a Guercino nel 1621 l’Aurora affrescata nel grande salone del piano nobile che dà il nome al Casino.

Il collega storico dell’arte prof. Alessandro Zuccari, incaricato dai magistrati capitolini di dare un valore alla villa e agli annessi, ha messo in piedi una cifra di 471 milioni di euro, a nostro avviso cifra sottostimata, come abbiamo accennato sopra, perché già l’opera di Caravaggio si avvalora per ben 400 milioni di euro. I Ludovisi (poi Boncompagni-Ludovisi) ne sono venuti in possesso solo grazie al Cardinal Ludovico nel 1622. Il cardinale prima acquisisce (certo per dono dello zio Papa Gregorio XV che l’aveva comperata) proprio la porzione del Casino dell’Aurora e poi si allarga ottenendo dagli Orsini la parte dove realizzerà il Palazzo Grande e in seguito acquisendo dagli Altieri, dai Cavalcanti e dai Capponi alcune vigne circostanti. Ne viene fuori una proprietà di ben 35 ettari che andava dalle Mura Aureliane alla Salaria, da Piazza Barberini a Porta Pinciana: tutto l’attuale quartiere solcato dalla celebre Via Veneto. Il Ludovisi fece restaurare gli edifici al Domenichino (il casino poi venne ampliato nel 1858 su tutti e quattro i lati) e disseminò il parco di una collezione pazzesca di statuaria romana in parte conservata in un museo privato, trattasi delle statue che oggi possono essere viste a Palazzo Altemps (il Sarcofago Ludovisi, il Galata Suicida e altre) perché nel 1901 lo Stato italiano decise di comprarle. I Boncompagni Ludovisi dopo la fine dello Stato della Chiesa, decisero di conferire le loro proprietà alle società immobiliari che stavano realizzando il quartiere di Via Veneto. Eleganti palazzi, uffici e alberghi oltre che larghe strade alberate si sostituirono all’antica villa e restò superstite solo il Casino dell’Aurora. Perché si chiama “Casino dell’Aurora”? Il nome deriva da un’altra opera su muro realizzata sui soffitti della struttura, vale a dire “L’Aurora” di Giovanni Francesco Barbieri, ovvero il Guercino; il dipinto rappresenta il Carro dell’Aurora trainato da due cavalli pezzati ed è stato dipinto nel 1621; ma del Guercino qui vi sono anche altri dipinti ad esempio quelli della Sala del Camino e della Sala della Fama. In quegli anni il Cardinale Ludovico, gran mecenate e appassionato d’arte, a Palazzo Madama ospitava e proteggeva Michelangelo Merisi e fu proprio il Caravaggio nel 1597 a decorare con un affresco un piccolo gabinetto alchemico del Casino;   su commissione del Cardinale alle prese  con  l’alchimia,  ecco Giove, Nettuno e Plutone visti dal basso attorno ad una sfera celeste con segni zodiacali. Con il restauro del 1990, la collega storica dell’arte Mina Gregori azzardò che tutti e tre i soggetti erano in realtà autoritratti del Caravaggio stesso.
Oggi insomma nel Casino dell’Aurora c’è l’unico murale-affresco noto, di Caravaggio, al mondo.  Se l’Italia dovesse perdere la proprietà di questo bene, se ne va una parte significante della storia dell’arte italiana.

Carlo Franza

 

 

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