Necessitava un volume sulla figura di Giuseppe Bossi (Busto Arsizio, 11 agosto 1777- Milano, 9 dicembre 1815), parola di storico. Ora la Nomos edizioni ci consegna un testo ineccepibile, prezioso, esplicativo ed argomentativo.  Il volume è di Silvio Mara con un saggio di Laura Binda.  Silvio Mara, collega storico dell’arte e dottore di ricerca, ha conseguito un perfezionamento post-dottorale presso l’Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento (Firenze); è professore a contratto di Restauro presso l’Università Cattolica di Milano. Nei suoi studi affronta temi di storia della critica d’arte, del collezionismo e del disegno, con approfondimenti sulla fortuna critica di Leonardo da Vinci e sull’epoca neoclassica lombarda. Ha pubblicato Arte e scienza tra Urbino e Milano. Pittura, cartografia e ingegneria nell’opera di Giovanni Battista Clarici (1542-1602) (Il Poligrafo, 2020). Ora eccolo alle prese con un volume su Giuseppe Bossi, Giuseppe Bossi disegnatore. Per la riscoperta della bellezza antica fra tradizione e innovazione” (Nomos, 2021,  pp. 128, euro 23,66).

Il volume ripercorre puntualmente la biografia storica e artistica di Giuseppe Bossi, fin dai primi anni di formazione giungendo poi alla maturità della sua produzione. Meticoloso e ricco il corredo iconografico -in buona parte inedito- che restituisce in un’ampia cornice la personalità artistica del protagonista cogliendo non solo i classici modelli di riferimento (Michelangelo e Raffaello su tutti) ma anche quelli finora meno analizzati. Un attento studio che approfondisce lo stile grafico, la felice rapidità del segno e il tipico costruire le forme sinteticamente e con tratti tondeggianti. La ricerca sull’artista, prima studente a Brera, poi a capo dell’Accademia, è corredata da numerose immagini a colori (anche quelle di alcune opere cui si è ispirato) organizzate per temi figurativi e per generi; uno strumento che si auspica possa fornire nuovi chiavi interpretative sulla figura di Giuseppe Bossi che è stato un pittore, scrittore e collezionista d’arte. Senza dimenticare che fu uno dei protagonisti del neoclassicismo milanese accanto a Ugo Foscolo, Giuseppe Parini, Alessandro Manzoni e Carlo Porta.   Nonostante fosse anche letterato, poeta e disegnatore di rilievo, viene soprattutto ricordato per le sue opere pittoriche.

Giuseppe Bossi (Busto Arsizio 1777- Milano 1815) fu un personaggio estremamente importante per l’Accademia e la Pinacoteca di Brera. A soli 23 anni fu nominato segretario dell’Accademia, incarico che ricoprì fino al 1807: ne elaborò lo statuto e diede inizio all’esposizioni annuali alle quali partecipavano con i loro lavori i migliori studenti e i

docenti. Per l’educazione dei giovani e di quanti amavano l’arte, ottenne da Napoleone di far convergere a Brera molti dipinti sequestrati dai conventi e dalle chiese soppresse, dando vita alla prima pinacoteca milanese pubblica. Per suo intervento, il governo acquistò lo Sposalizio della Vergine di Raffaello e alla sua morte la pinacoteca comprò dagli eredi il Cristo morto di Mantegna. Pittore anch’egli, fu autore di dipinti e disegni conservati presso le due istituzioni braidensi. Nel 1807 il vicerè Eugenio di Beauharnais gli commissionò una copia dell’Ultima Cena di Leonardo da realizzare in mosaico: Bossi intraprese un appassionato studio dell’opera leonardesca confluito nel volume Del Cenacolo di Leonardo da Vinci, mentre il mosaico realizzato da Giacomo Raffaelli, dopo la caduta di Napoleone, fu portato dagli austriaci a Vienna (Minoritenkirche).

Dopo l’immatura scomparsa, per volere di alcuni amici artisti e aristocratici lo scultore Pompeo Marchesi realizzò in suo onore un maestoso monumento progettato da Pelagio Palagi, completato da un busto scolpito e donato dall’amico fraterno Antonio Canova. Purtroppo l’invidia di vecchi colleghi come Albertolli e Longhi impedì che il Palazzo di Brera accogliesse il monumento, che fu inaugurato nel 1818 nella Pinacoteca Ambrosiana. Ovviamente le reali motivazioni rimasero nascoste, e il Consiglio Accademico di Brera giustificò il suo rifiuto accusando il cenotafio di essere troppo grande e invasivo: per questo motivo stabilì che i futuri monumenti da collocarsi nel loggiato, a quel tempo completamente vuoto, fossero di dimensioni adatte alle grandi nicchie e si limitassero al busto o a un medaglione riproducente l’effige del defunto, e a un elogio su lapide. Il busto di Giuseppe Bossi fu realizzato e donato da Camillo Pacetti (Roma 1758 – Milano 1826), scultore romano che aveva aderito ai modi del neoclassicismo grazie agli insegnamenti di Canova e per il tramite del quale era stato chiamato

da Bossi a ricoprire la cattedra di scultura all’Accademia di Brera. Stabilitosi a Milano il Pacetti rivestì un ruolo importante anche nei due cantieri scultorei dell’Arco del Sempione e del Duomo: sua è la statua raffigurante la Legge Nuova o Legge di Cristo, collocata a lato del finestrone centrale sulla facciata della cattedrale. La figura femminile ha il capo coronato da una raggiera e con la mano destra regge una lampada, e trae ispirazione dalla figura allegorica della Religione di Canova nel monumento a Papa Clemente XIII (Roma, Basilica di San Pietro).

Il Bossi venne sepolto al cimitero del Gentilino fuori Porta Ticinese poi demolito nel 1895; i suoi resti non sono oggi identificabili. Sulla tomba una lapide in latino intitolata a IOS. FRAN. BOSSIVS elencava i meriti e i titoli del pittore.

 Carlo Franza

 

 

 

 

 

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