Lungo Via Teodosio (civico 8) a Milano, una via ricca di alberi che creano quasi un tunnel, nei pressi dell’incrocio con Via Pacini, altra arteria vitale, alberga uno spazio-negozio-galleria che si chiama “Contro-Corrente” ed è diretto dall’architetto Roberto Miele, un signore tra antico e moderno, così come tutto ciò che si trova all’interno del suo “Vintage e design”. Dove per antico e moderno intendo il suo volgersi  a oggetti del passato e del presente, antiquariato e modernariato.  Rimango stupito ogni volta che passo a trovarlo, trovo sempre molto di nuovo, se per nuovo si intende un riciclo veloce di oggetti, mobili, suppellettili e cose che ricordano non solo secoli passati, ma specie degli anni del secondo dopoguerra, vale dire dagli anni Cinquanta in avanti.   Vi ho trovato ultimamente un Trumeau intarsiato fine ‘700, un cassettone liberty, una vetrinetta francese, una carrozzina da bambola anni ’20, un cavallo a dondolo anni Cinquanta, lampada da parete della Foscarini con 2 toni aranciati, e molte altre cose.  Qui nel suo interno poi vive il nuovo progetto dal titolo “NUOVA BALCONATA MILANESE – QUATTRO” un percorso artistico internazionale ideato e diretto da me.  Questa mostra dal titolo “Il giardino segreto” è la quarta   del nuovo percorso, ed è già una novità in quanto si veicolano a Milano nomi dell’arte contemporanea di significativo rilievo, che evidenziano e mettono in luce gli svolgimenti più intriganti del fare arte nel terzo millennio. L’esposizione dal titolo “Il giardino segreto”, riunisce una serie di opere dell’artista Marisa Settembrini già apparsa agli occhi della critica italiana e internazionale come una figura delle più interessanti e propositive dell’arte contemporanea, ed ancor oggi ne è vivace, chiara e significante interprete. “E’ il “Giardino italiano”, il suo giardino salentino, quello che lascia vedere Marisa Settembrini in un capitolo nuovo, denso, magico e dove si sentono potenti gli echi di Monet e delle apocalissi luminose di William Turner.  Ella dialoga con temi e autori del passato a rappresentare una delle sue più intense riflessioni sul tempo e sulla memoria, sul flusso della vita che si dipana come un pensiero intorno alla nostra presenza nel mondo.   Il tema della natura insiste e resiste ancora oggi, si fa più geometrico per via di quelle icone-finestre che raccontano con collage i luoghi e gli spazi  del giardino e la materia  colorata che accoglie le immagini e le contorna  facendosi  gradatamente più brillante ed esplosiva,  fino all’ultima svolta, testimoniata dal “Giardino  innevato” dell’anno duemiladiciassette, col suo fondo bianco, silente, nevoso. Se ogni artista nel proprio atelier si deve impegnare per creare delle analogie concettuali o sensuali della natura stessa, traducendole in forme, il giardino è stato un elemento basilare per questa meditazione, divenendo per  Marisa Settembrini  una tela da comporre e da dipingere. Il giardino come luogo nevralgico di una ricerca sperimentale all’aperto e dal vero era già stato un’intuizione dei pittori della prima metà dell’Ottocento, ma la forza prorompente dell’impressionismo fu quella di sperimentare la pittura di paesaggi en plein air, “dove la luce non è più unica” – come diceva Emile Zola – “ma si verificano effetti multipli”. Claude Monet considerava il proprio giardino a Giverny in Normandia, disegnato come un quadro, il “plus beau chef d’œuvre” che avesse ideato, la propria utopia bucolica. In quel luogo, inseguendo l’infinita mutevolezza di una realtà condotta dalla natura, riuscì a portare la propria pittura verso l’informale. Come Sisley amava immortalare con vigore cromatico l’armonia dei giardini di Louveciennes, Renoir impiegava come quinta scenografica dei suoi ritratti il giardino selvatico su cui s’affacciava il suo atelier a Montmartre. Mentre Pissarro e Berthe Morisot inseguivano con libertà la bellezza gentile degli ordinati giardini nei villaggi intorno a Parigi. I riferimenti all’impressionismo  fin qui citato sono solo legati alla tematica più che allo svolgimento visivo  e alle dinamiche della costruzione dei dipinti del capitolo recente della Settembrini, la quale coglie il dato reale del luogo “citando” spazi e luoghi in modo realistico eppur magico, forse cogliendo maggiormente il Klee dei giardini; infatti la Settembrini spazia nello spazio dei teleri, oltre l’icona del giardino, portandosi  verso segmenti, geometrie   e macchie di colore di rimando informale e astratto   con tratti essenziali ed elementari, sicchè tutto  appare  come un flusso illimitato di forme, colori e visioni stilizzate. Un po’ come dai giardini e dai paesaggi di Paul Klee che raccontano il carattere degli elementi vegetali. Rose, alberi, fiori sono creature con fisionomie e sentimenti, attori sulla scena di un ideale “Teatro Botanico”.  E la scena, naturalmente, è la vita stessa. Ora Marisa Settembrini con questa mostra milanese sul suo giardino inscena pittoricamente quell’aderenza ai tre principi della varietà, della bellezza e della novità, ossia della sorpresa. Queste caratteristiche, riguardanti la sfera filosofica ed estetica, sono risultate indispensabili affinché l’impianto del giardino rispondesse ad esigenze di percezione di una sequenza di ‘quadri’ di paesaggio in grado di suscitare sempre nuove emozioni”.   Una decina di lavori su tela amplificano la visione che troviamo da “Contro-Corrente” un luogo magico di racconti e memorie, di ricordi e di storia, di bellezza e di novità, nobilmente diretto dall’architetto Roberto Miele, che con il suo fiuto per le cose belle, seleziona, espone, accoglie e presenta.

Carlo Franza  

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