“Il tempo ritrovato”, la mostra di Pio Tarantini in corso fino  al 30 ottobre 2022  nel nuovo spazio espositivo Lab 1930 di via Mantova 21 a Milano, dedicato alla fotografia d’autore e diretto da Elena Carotti, presenta dieci opereotto fotografiche, sei dalla serie Imago, caratterizzate dalla tecnica del mosso, più Cassettiera#Lettere e Cassettiera#Pellicole, proposte insieme alle due cassettiere originali in legno e plexiglass in un gioco di rimandi tra bidimensionalità e tridimensionalità.

Le fotografie della serie Imago presenti in mostra riassumono la riflessione sul concetto di “tempo dilatato”, fondamentale nel percorso di ricerca fotografica dell’autore: immagini dal grande impatto poetico dove la figura umana, sempre femminile, quasi evanescente, fluttua occupando l’intero spazio scenico, sia quando si muove in un interno casa sia quando il dialogo è direttamente con la natura.

Narrazioni immaginarie dove i corpi non confliggono con le quinte del racconto ma rimangono sospesi in totale armonia, come se danzassero: “La presenza umana si carica così di una precarietà in netto contrasto con le certezze della nostra percezione del reale” – sottolinea Pio Tarantini – “La transitorietà visiva delle figure pare voler dilatare la percezione del tempo che non può più essere quello cristallizzato dall’immagine fissa”.

Il racconto dell’artista intorno alla memoria si fa incalzante, il tempo della storia reale non corrisponde con il tempo della coscienza di ognuno di noi. Le figure femminili si muovono con estrema eleganza e il tempo della memoria è sottratto alle determinazioni spazio-temporali dilatandosi oltre i margini della fotografia stessa.

La riflessione artistica di Pio Tarantini sul concetto di memoria e di ricordo si completa con le due opere Cassettiera#Lettere e Cassettiera#Pellicole, dove due vecchi cassetti da tipografia diventano contenitori della memoria: nel primo gli spazi dove erano riposti i caratteri in piombo contengono frammenti di vecchie buste e lettere di corrispondenza privata, mentre nel secondo sono custoditi frammenti di pellicole a passo ridotto di film personali o famosi.

Con questa doppia opera è come se l’artista volesse ricordare che il percorso iniziato con le fotografie della serie Imago trovano il loro naturale completamento nella parola scritta su carta e nella pellicola cinematografica.

La fisicità delle due cassettiere – i fogli ingialliti, stropicciati, le buste delle lettere coi francobolli da 50 lire, posta semplice o espresso, Europa o Italia, l’inchiostro, i frammenti di pellicola, le foto di Charlot, Stan Laurel e Oliver Hardy, il tutto incasellato ordinatamente come se fosse possibile riavvolgere il passato, imprigionare il flusso dei ricordi che scandiscono i tempi delle narrazioni, pubbliche e private – rimanda al bisogno dell’autore di trovare un tempo dilatato capace di estendersi tra il passato e il futuro.

Pio Tarantini. Nato nel 1950 nel Salento, vive e lavora a Milano dal 1973. Inizia ad esporre nei primi anni Settanta e ad oggi i suoi lavori sono stati presentati in spazi espositivi pubblici e privati in Italia e all’estero. Dal 1995 al 2017 tiene il corso di Fenomenologia degli Stili presso l’Istituto Europeo di Design di Milano e dalla sua esperienza didattica nasce il volume Fotografia. Elementi fondamentali di linguaggio, storia, stile, pubblicato nel 2010 da Edizioni Favia (Bari). Tra il 1987 e il 1997 partecipa al progetto editoriale sui beni architettonici e ambientali Archivio dello Spazio della Provincia di Milano e al progetto di Sociologia Visuale Photometropolis presso la Facoltà di Sociologia dell’Università Milano Bicocca. Dal 2003 al 2009 è esponente di punta della Galleria Fotografia Italiana Arte Contemporanea di Milano per la quale diventa caporedattore della pubblicazione trimestrale “Pagine di Fotografia Italiana”.

Nel 2014 pubblica Fotografia araba fenice (Edizioni Quinlan, Bologna) e nel 2020 BuonaDomenica#. Appunti di un fotografo, perplesso, nel gran circo del mondo. Dal 2019 al 2021 dirige la rivista semestrale “FC- FOTOGRAFIA E – È – CULTURA”. Attualmente tiene conferenze e workshop su vari aspetti del linguaggio fotografico.

Carlo Franza

 

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