Uno schizzo a china su un foglio ripiegato emerge durante la ristrutturazione di un bar della provincia di Bari; rappresenta una figura umana e reca una sigla «f», una data, un appunto scarabocchiato. Da questi elementi l’autore dà vita a un’indagine appassionante: secondo lui il tratto, i motivi decorativi, lo stile inconfondibile sono tali da far fortemente sospettare un’attribuzione al celebre artista futurista Fortunato Depero. Si tratta però di ricostruire, sulla base di dati lacunosi, se Depero potesse trovarsi quell’anno in quel luogo. Al di là della paternità dell’Omino di Giovinazzo, sicuro è il raggiungimento di un intento compatibile con il suo contesto culturale: il disegno campeggia oggi come logo sui tovagliolini del Gran Bar Pugliese, certo posati accanto a una futuristica bottiglietta di Campari Soda. Questa storia curiosa e inverosimile ci viene proposta nel libro di Aguinaldo Perrone dal titolo “L’omino di Giovinazzo. Fortunato Depero: 1926, passaggio in Puglia” uscito per l’Editore Graphe.it nella collana Parva (pp.56, 2022). Tutto parte da quel foglietto trovato in occasione di una ristrutturazione in un bar di Giovinazzo in provincia di Bari.

 A campeggiare sul foglio  ecco, disegnato a china, un ometto,  con bastone da frac  e cappello a cilindro, i piedi a forma di parallelepipedo, con  un’aria allegra e ottimista. Sulla carta una piccola F, forse il segno distintivo dell’artista, una bottiglia, alcuni elementi grafici che ricordano una  C. E un appunto. Indizi come lasciati per caso, quasi un rebus, con tanto di lettere alfabetiche, una sfida per i posteri raccolta da Aguinaldo Perrone studioso di cartellonismo e autore di alcuni saggi, tra questi  il nuovo “L’Omino di Giovinazzo”,  Fortunato Depero: 1926, passaggio in Puglia, edito da Graphe.it per la collana Parva- con la bella prefazione di Domenico Cammarota, tra i maggiori esperti di letteratura futurista italiana. Perrone parrebbe riconoscere subito negli elementi distintivi grafici  il tratto inconfondibile di Fortunato Depero, personaggio fra i più versatili del 900, scenografo, scultore, poeta, grafico, pubblicitario, “il piu’ futurista dei futuristi”.

Studi su studi e attente analisi  lasciano trapelare in modo sorprendente che  dalla bottiglia che compare sulla destra dell’omino,   sembra partire verso l’alto un getto spumantoso che travolge una C  futurista, simile alla lettera utilizzata per altre illustrazioni della Campari, realizzate durante il  lungo sodalizio dell’artista con la casa di liquori ovvero uno dei suoi quadri pubblicitari,   ovvero lo “Squisito al selz”  che fu presentato alla Biennale di Venezia proprio nel  1926, anno   corrispondente alla  datazione  del disegno ritrovato, e  la stessa C e’ del tutto simile  a quella della scritta “Campari 1931”della copertina del Numero unico Futurista Campari 1931.

In alto sulla sinistra, poi campeggia il disegno piccolissimo “quasi impossibile da decifrare”,  che rimanda proprio ad un cono e alla bottiglia della Campari, progettata da Depero. “Il disegno presenta in toto – scrive  Perrone – il linguaggio di Fortunato Depero. L’utilizzo degli omini dalle forme dinamiche e dalle geometrie scomponibili è peculiare nei suoi disegni, come ad esempio le sue celebri sculture/modelli per il teatro da cui potrebbe aver attinto per il disegno dell’Omino”.

A questo punto rimaneva il quesito  come e perché  l’artista trentino fosse transitato  da Giovinazzo in quel di Puglia.   L’autore  del libretto cerca di ricostruire   i viaggi al sud di Depero: per la campagna pubblicitaria del Campari l’artista stava realizzando delle grafiche corredate dalla musica e dalle liriche in collaborazione con il poeta messinese Giovanni Gerbino e con il compositore Franco Casavola. Nel 1926, l’anno in cui il Gran Bar Pugliese venne inaugurato, Depero si recò a Reggio Calabria per la IV Biennale d’Arte. Un breve trafiletto  di giornale  conferma  che vi espose alcune opere ricevendo la medaglia d’argento. E subito dopo, come risulta da alcune cartoline inviate alla moglie Nina, andò in Sicilia per incontrare Gerbino. E’ possibile ipotizzare  quindi che prima di recarsi in Calabria sia passato a Giovinazzo  per incontrare Casavola, che aveva a Bari la sua residenza; ma tale passaggio  non  è avvalorato  da alcun documento, ma  e’ possibile anche pensare  che in quel periodo Casavola  potesse essersi recato  a Giovinazzo per il periodo estivo. Tutto quanto esposto parrebbe ricondurre a Depero. Il condizionale è d’obbligo.  Anche se musei, collezionisti e taluni  studiosi interpellati dall’autore negano l’attribuzione all’artista futurista. Manca, a parere loro, la poetica del tratto e soprattutto, i documenti.

Ancora oggi l’Omino di Giovinazzo trionfa sui tovaglioli, sulle bustine di zucchero e ovunque nel celebre Gran Bar Pugliese, esprimendo l’intento e il contesto culturale di cui l’artista è stato un grande esponente, e con la sua aria allegra che ricorda tanto la giocosa visione sulla vita propria della poetica espressiva di Depero.   L’Omino di Giovinazzo continua ancora oggi,   a tambur battente,  a stimolare la curiosità  e pensieri  di quanti  cercano di trovare il bandolo della scoperta.

Carlo Franza

 

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