Breve storia del Segno della Croce. Il libro dello storico Gaetano Passarelli in uscita da Graphe.it
L’uomo vive di segni, vive con i segni, ogni giorno, quotidianamente. I segni sono distintivi. Il Segno della Croce è il distintivo del vero cristiano. Dal valore ineffabile e dal potere spirituale straordinario, esso manifesta l’adesione ai due misteri principali della Fede Cattolica: l’Unità e Trinità di Dio; l’Incarnazione, Passione e Morte di Nostro Signore Gesù Cristo. Il segno della croce è un gesto con cui i cristiani tracciano la figura di una croce su se stessi, su altre persone o su oggetti, sia direttamente sia a distanza. Tale usanza era tradizione già consolidata dei cristiani al tempo sia di Tertulliano (155 circa -230 circa) padre della Chiesa Antica e di Origene (185- 254). Il segno della Croce indica la volontà del cristiano di essere sempre unito al suo Salvatore Crocifisso e avere nella propria persona i segni della sua appartenenza a Lui crocifisso.
L’uso di tracciare un piccolo segno di croce con il dito pollice (o l’indice) della mano destra si dice che fu ispirato da un passo del libro del profeta Ezechiele che molti testi dei Padri della Chiesa collegarono alla croce di Cristo e a passi analoghi dell’Apocalisse. Il sigillo di Dio si contrappone a coloro che scelgono il marchio della Bestia. La lettera “tau”, corrispondente alla “T” del nostro alfabeto, è l’ultima lettera dell’alfabeto ebraico e rappresenta (come la “omega” greca) Dio nella sua perfezione, causa prima e fine ultimo dell’intera creazione (secondo la simbologia dell’Alfa e Omega). Sino all’epoca di Cristo questa lettera era tracciata proprio come una croce. In questo passo appare come i fedeli a Dio, coloro cioè che non si arrendono al peccato, vengono segnati con un segno speciale, esterno, che aveva forma simile alla nostra croce, per essere subito riconosciuti da Dio.
Tertulliano, ad esempio, attesta nella Traditio che i cristiani usavano segnarsi la fronte contro le tentazioni del demonio. Ma egli attesta pure che il segno era diffuso anche fuori dell’ambiente liturgico. Scriveva: “Se ci mettiamo in cammino, se usciamo od entriamo, se ci vestiamo, se ci laviamo o andiamo a mensa, a letto, se ci poniamo a sedere, in queste e in tutte le nostre azioni ci segniamo la fronte col segno di croce”. Così attestano anche Marco Minucio Felice e Clemente d’Alessandria. L’uso del segno di croce è attestato anche negli Atti gnostici di San Giovanni, di San Tommaso, di San Pietro, tutti del II secolo. Già nei secoli IV-V si benedicevano con il pollice anche oggetti distanti dalla persona e gli ammalati venivano segnati con la croce sulle membra dolenti. Nello stesso periodo, inoltre, Gaudenzio di Brescia parla della triplice croce (tre croci fatte sul cuore, sulla fronte, sulle labbra), un atto liturgico tuttora utilizzato nella Messa di Rito Romano e Ambrosiano, prima della lettura del Vangelo. Il segno della croce viene tracciato, anche nel Camposanto, per tutti i credenti, sacerdoti e laici che sono consacrati a Cristo, principale manifestazione di Dio nella storia umana.
L’uso di segnare la propria persona con un grande segno di croce è testimoniato nell’ambito dei monasteri a partire del X secolo incirca e probabilmente risale ad epoche anteriori. Solo con la riforma tridentina del XVI secolo venne accolto nel rito romano.
Il segno della croce è fatto da due movimenti:
- un movimento verticale: dalla fronte allo stomaco,
- un movimento orizzontale: da una spalla all’altra.
I cristiani cattolici romani e protestanti muovono dalla spalla sinistra alla spalla destra. I cristiani ortodossi e greco-cattolici, al contrario, toccano prima la spalla destra e poi la sinistra.
“Posizione delle dita della mano, mentre si traccia il segno della croce secondo l’uso bizantino”.
Nell’uso bizantino, si usano le prime tre dita della mano destra: dito indice e medio toccano il pollice, anulare e mignolo restano chiusi. Ciò vale sia mentre la mano è “immersa” nell’acqua benedetta, sia mentre si traccia dopo il segno vero e proprio. Il segno della croce può essere tracciato con la mano sulle persone o anche sulle cose, in segno di benedizione. Mentre in Occidente si usa fare le benedizioni con la sola mano (non durante gli esorcismi), gli ortodossi orientali preferiscono benedire tenendo nella mano destra una croce. I cristiani di rito bizantino tengono il palmo disteso con pollice, indice e medio tesi e riuniti in avanti, mentre anulare e mignolo sono piegati e poggiati sul palmo. Le tre dita congiunte simboleggiano la Trinità, mentre le altre due dita simboleggiano la duplice natura di Cristo.
In Occidente, prima di mettere piede in un luogo di culto, si fa il segno della croce, aspergendo la mano destra con l’acqua benedetta dell’acquasantiera che si trova all’entrata del luogo di culto.
La pratica di farsi il segno della croce è quantomai importante nella Chiesa Cattolica Romana, ma è praticata anche fra i greco-ortodossi e gli episcopaliani. La storia del segno della croce risale almeno a Tertulliano, il padre della Chiesa antica che visse fra il 160 e il 220 d.C. Egli scrisse: “Se ci mettiamo in cammino, se usciamo od entriamo, se ci vestiamo, se ci laviamo o andiamo a mensa, a letto, se ci poniamo a sedere, in queste e in tutte le nostre azioni ci segniamo la fronte col segno di croce”.
In origine, ci si tracciava sulla fronte una piccola croce con il pollice o con un altro dito. Sebbene sia difficile indicare esattamente quando si passò dal tracciarsi una piccola croce sulla fronte alla pratica moderna di tracciarsi una grossa croce dalla fronte al petto e da spalla a spalla, sappiamo per certo che il cambiamento era già avvenuto entro l’XI sec. d.C., quando il Libro delle Preghiere di re Enrico fornisce l’istruzione di “segnare con la santa croce i quattro lati del corpo”.
I cattolici trovano sostegno alla pratica del segno della croce anzitutto nei molti anni della loro tradizione ecclesiastica e, in secondo luogo, in Esodo 17,9 – 14 e Apocalisse 7,3 – 9,4 e 14,1. Sebbene questi passi parlino effettivamente di un segno sulla fronte come protezione dal giudizio di Dio, essi devono essere interpretati alla luce del loro contesto, in base al quale non c’è alcun motivo di credere che vi si prescriva il segno ritualistico della croce.
Nel XVI sec., uno dei princìpi centrali della Riforma protestante fu la Scriptura, secondo cui ci si doveva disfare di qualunque pratica che non si allineasse con la Scrittura. I Riformatori inglesi credevano che l’usanza del segno della croce dovesse essere lasciata alla libertà di coscienza dell’individuo, com’era stato scritto nel Libro delle Preghiere di re Eduardo VI: “…inginocchiarsi, farsi il segno della croce, alzare le mani, battersi il petto e altri gesti possono essere usati o abbandonati nella misura in cui giovano alla devozione di ciascuno, senza biasimo”. In genere i protestanti hanno considerato il segno della croce come una tradizione che non aveva alcun sostegno nella Scrittura, o che era perfino idolatrica, e pertanto fu abbandonata dai più.
Benché la Bibbia non c’insegni a farci il segno della croce, esso non è privo di simbolismo biblico. La sua forma serve a ricordare la croce di Cristo. Storicamente, il segno è stato considerato anche la rappresentazione della Trinità: Padre, Figlio e Spirito Santo. Mediante la fede nel Signore Gesù Cristo e nella Sua morte sostitutiva sulla croce, la salvezza è estesa in dono gratuito a tutta l’umanità. La Trinità è la dottrina della Deità: un unico Dio che esiste in tre distinte persone. Entrambe le dottrine costituiscono il fondamento sia dei cattolici che dei protestanti e sono certamente biblicamente fondate. Il segno della croce è stato associato in certi momenti a poteri soprannaturali come quello respingere il male, i demòni, ecc.
La pratica di farsi il segno della croce è quantomai importante nella Chiesa Cattolica Romana, ma è praticata anche fra i greco-ortodossi e gli episcopaliani.
Il simbolo della cristianità, il primo gesto che i fedeli apprendono da bambini; un segno dirompente che ricongiunge il divino e l’umano nel ricordo di una sofferenza che è al tempo stesso liberazione dal dolore terreno: l’atto di segnarsi nel momento del rito appare oggi un’abitudine acquisita sulla quale non ci si pongono domande. Come svela questo saggio, tuttavia, la croce si è fatta portatrice nei secoli di significati complessi, che vale la pena osservare in una prospettiva diacronica, storica e filosofica.
A partire dalla discussione – agli albori del Cristianesimo stesso – fra l’opportunità di rappresentare il Figlio di Dio e l’oggetto che lo condusse a morte, il fervore spirituale e la religiosità popolare hanno costruito un intreccio ben più articolato e controverso di quanto si immaginerebbe, per condurre progressivamente al valore unificante del segno della croce come testimonianza di appartenenza a un credo che, al suo centro, non deve dimenticare di avere proprio Colui che su quella croce fu appeso.
Oggi, il libretto di Gaetano Passarelli ( Breve storia del segno della Croce, edizioni Graphe.it) ) non solo identifica il Segno di Croce, ne fa memoria del passato, ancor più fa memoria del presente e testimonia in modo prezioso come il “segno dei segni”, o potremmo dir meglio il “segno principe della storia” preluda al futuro e alla Parusia. Libro chiaro, preciso, scritto in maniera attraente specie per la saggistica, e rende, per credenti e non, la misura dell’esistere, del Credo. Arricchito dalla prefazione di mons. Giorgio Demetrio Gallaro, il testo interesserà tanto i credenti quanto chiunque sia desideroso di approfondire l’argomento in ottica laica.
Gaetano Passarelli è nato a Castrovillari (Cosenza) e vive a Roma. È stato docente di Storia bizantina all’Università di Chieti e di Roma3, di Spiritualità Orientale all’Istituto Superiore di Studi Medievali e Francescani della Pontificia Università Antonianum e di Liturgia bizantina al Pontificio Istituto Orientale. È direttore responsabile della rivista Studi sull’Oriente Cristiano. Consultore storico della Congregazione delle Cause dei Santi, conta numerose pubblicazioni scientifiche su iconografia, liturgia e storia bizantina tradotte in diverse lingue. È autore di biografie di personaggi italiani e brasiliani. È direttore della collana I condottieri della Graphe.it di Perugia e, per la stessa casa editrice, condirettore della collana Pecile.
Carlo Franza