Leoncillo un protagonista della scultura internazionale in mostra a Gubbio
È dedicata a Leoncillo Leonardi la mostra che la città di Gubbio ospita fino al 7 gennaio 2024 presso le Logge dei Tiratori (ingresso via della Repubblica, lato orologio). L’esposizione “Leoncillo. Ritorno a Gubbio”, curata da Enrico Mascelloni, con il coordinamento di Francesco Balsamo ed Elisa Polidori e la collaborazione di Maurizio Stazi, coinvolgerà nel suo itinerario di visita anche altre tre sedi della città eugubina: il Palazzo Ducale, il Museo Diocesano e il Park Hotel ai Cappuccini. Palazzo Ducale ospita due grandi sculture di Leoncillo, tra gli esiti più spettacolari e importanti della sua fase finale, acquisite negli anni ’60 attraverso il Premio Gubbio di scultura. Il Museo Diocesano ospiterà un’opera di collezione privata, il Park Hotel ai Cappuccini presenterà alcuni lavori, prevalentemente del suo noviziato romano e della stagione neocubista, incentrati sul rinnovamento della cosiddetta “arte applicata”, al punto di anticipare i successivi risultati dell’“antidesign”. Nelle Logge dei Tiratori verranno presentate alcune tra le sue opere più note, accompagnate da bozzetti preparatori tanto in ceramica che su carta.
La mostra è promossa dall’Associazione Culturale La Medusa con il patrocinio del Polo Museale dell’Umbria, del Comune di Gubbio, il sostegno della Fondazione Perugia ed il contributo della Regione Umbria, in collaborazione con la Diocesi di Gubbio, Palazzo Ducale di Gubbio, l’Associazione Host e il Park Hotel ai Cappuccini. Main sponsorè Colacem. Il percorso artistico di Leoncillo (nato nel 1915 a Spoleto, scomparso prematuramente a Roma nel 1968) attraversa le fasi cruciali dell’arte del suo tempo: l’esordio nell’ambito delle scuole romane, dove porta all’estreme conseguenze, sino alle soglie dell’informale, la lezione espressionista di Scipione; il neocubismo del secondo dopoguerra, in cui la violenta perifrasi materica si placa, senza tuttavia estinguersi, in una più ordinata organizzazione spaziale; l’ultimo e celebrato decennio di attività, in cui la riconquista di una forma perduta avviene attraverso atti radicali come il “taglio”.
La mostra di Gubbio affronta il lavoro di Leoncillo nel contesto del “paesaggio” morfologico e sociale umbro in cui nacque e che sempre resterà determinante per un’opera che pur si apre alle temperature più torride dell’avanguardia novecentesca. Dai primi disegni con “Ulivi” ai grandi “Tagli” e ai “San Sebastiano” della stagione finale quel “palinsesto di pietre della città in cui nacqui” è presente come un’ossessione che non si consuma. Di tutte lefasi della sua attività artistica, la mostra presenterà oltre 30 opere significative, come la Cariatide del 1945, il Tempo ferito del 1963, alcune grandi sculture della sua ultima produzione, come il San Sebastiano Bianco del 1962, già acquisito dall’Azienda di Soggiorno di Gubbio attraverso il Premio Gubbio di scultura La mostra presenterà, inoltre, una nutrita e rigorosa scelta di opere su carta, selezionate per venire messe in relazione con le sculture esposte, cogliendone dunque la natura non solo di bozzetti preparatori ma anche di vere e proprie varianti. La rassegna intende cogliere la costante di un’ossessione tipologica che attraversa tutte le fasi del suo lavoro, e che si manifesta nella predilezione per forme di spiccata verticalità o altrimenti di radicale orizzontalità, in questo secondo caso talmente originali da supporne lo stimolo per le opere egualmente schiacciate a terra di artisti della successiva generazione come Kounellis e Pascali.
La mostra “Leoncillo. Ritorno a Gubbio” offre al visitatore l’occasione di scoprire e approfondire il percorso di Leoncillo, un artista ormai ritenuto unanimemente tra i maggiori protagonisti della scultura internazionale del secolo passato, sempre legato alle dinamiche (non solo linguistiche ma anche sociali e politiche) dei propri anni, ma al contempo capace di evadere da ogni incasellamento storiografico.
Un’arte potente e coraggiosa quella di Leoncillo, in quanto affidata a un materiale allora “precario” (anche in senso estetico) come la ceramica, tuttavia capace di liberare la creatività autonoma della materia, consentendole di dispiegare ritmi organici con un vita opere dall’energia vitale e corposa.
Carlo Franza