Visitare una mostra e ritrovarsi a sfogliare un album di famiglia, in cui a prendere vita sotto i nostri occhi non sono i ricordi privati ma le memorie collettive e cangianti dei nostri rapporti con le piante nel corso di oltre 6 secoli. A Parma, nella splendida cornice di Palazzo del Governatore, aperta al pubblico Impronte. Noi e le piante (noielepiante.it), esposizione unica nel suo genere – visitabile fino al 1 aprile  2024- che ripercorre in oltre 200 oggetti figurativi (erbari storici, illustrazioni botaniche, stampe in nature printing e xiloteche, ma anche fotografie moderne e immagini ad alta tecnologia) il rapporto inesauribile che lega umanità e natura, botanica e immagini, scienza e arte.

Realizzata dall’Università di Parma in collaborazione con il Comune di Parma e il sostegno di Fondazione Cariparma, Gruppo Chiesi e Gruppo Davines, Impronte dipana nelle sue 10 sezioni il filo della memoria naturale che da sempre l’uomo cerca di cogliere e fissare, dalla carta degli erbari alle odierne immagini satellitari dei censimenti arborei, passando per illustrazioni, taccuini, modellini e persino risonanze magnetiche e sguardi ai raggi X. Al centro, ideale e concreto raccordo tra le epoche, l’installazione audiovisiva Artificial Botany, a cura di fuse*, che esplora suggestioni e capacità espressive delle illustrazioni botaniche classiche attraverso l’uso di moderni algoritmi di apprendimento automatico. La mostra – visitabile gratuitamente fino al 1 aprile 2024, da mercoledì a domenica dalle 10 alle 19, festivi inclusi – prevede anche visite guidatelaboratori didattici riservati a giovani esploratori accompagnati dai propri insegnanti e un concorso per giovani illustratori, intensificando così il dialogo – mai interrotto – tra Parma e la sua Università. Un rapporto oggi ancora più profondo grazie all’avvio dei lavori di ristrutturazione dell’Orto Botanico (ortobotanico.unipr.it), oggetto di un significativo recupero volto a renderlo uno dei fulcri cittadini e nazionali su cui imperniare comunicazione scientificaeducazione e ricerca condivisa, soprattutto sui temi della cultura vegetale in ogni sua declinazione umanistica e scientifica. Nel progetto di recupero l’Ateneo è affiancato da istituzioni e realtà private del territorio: Ministero dell’Università e della Ricerca, Ministero della Cultura, Fondazione Cariparma, Gruppo Chiesi e “Parma, io ci sto!” Molte opere esposte portano alla luce i rapporti tra immaginario botanico e città, dagli erbari di personaggi illustri decisi a dare il giusto valore al sapere botanico (come Luigi Gardoni, il cui omonimo erbario farmaceutico è stato riportato alla luce solo nel 2014 dopo una permanenza silente negli armadi dell’Orto Botanico lunga più di un secolo), alla “donazione regale” di modelli di funghi in cera acquistati da Maria Luigia d’Austria proprio per l’Orto Botanico, passando per storienotizie e curiosità contenute nell’altrettanto nutrito universo digitale composto da QR-code e video.
Ricca e varia la provenienza dei materiali, che oltre a prestatori locali ha coinvolto strutture estere (Real Jardin Botanico di Madrid) e di prim’ordine in Italia (Orti Botanici di Padova, Bologna, Pavia, Erbario Centrale Italiano di Firenze, tra gli altri). Al centro del percorso espositivo, tuttavia, vi è la raffigurazione scientifica delle piante e la sua trasformazione di stile, di percezione, di obiettivi: un percorso che usa la leva della bellezza per mostrare quanto sia cambiato nei secoli il nostro modo di guardare le piante e, con esso, la nostra opinione su di esse.
Si usa spesso l’espressione plant blindness per indicare la nostra scarsa capacità di notare le piante nella vita di tutti i giorni”, spiega Renato Bruni, direttore scientifico dell’Orto Botanico di Parma e responsabile del progetto scientifico della mostra. “Impronte nasce per evidenziare come invece studiosi e ricercatori abbiano sviluppato nei secoli una grandissima capacità di osservazione verso questi organismi, scoprendone gradualmente caratteristiche e peculiarità. A mancare sino ad ora è stata la ribalta, l’esposizione completa del fotoromanzo che la scienza ha costruito in secoli di botanica, un piano sequenza per capire quanto sia cambiata la risposta a una domanda solo apparentemente innocua: “che cos’è una pianta?” Si tratta di una risposta agevolata dallo strumento visuale e dal suo portato simbolico: le immagini scientifiche delle piante sono bellissime e capaci di trasmettere concetti complessi nell’emozione di un attimo”.

Le dieci sezioni. Articolate in un percorso che occupa i 570 mq degli spazi espositivi situati al primo piano del Palazzo del Governatore, le dieci sezioni in cui è organizzata la mostra accompagnano i visitatori in un viaggio nel tempo tra isole di sapere, muovendosi tra gli estremi di un utilitarismo vecchio e nuovo che attraverso la rappresentazione vegetale approda sugli arcipelaghi delle scienze e delle arti:
1.         L’epoca del disegno – tra decoro e studio
2.         L’illustrazione scientifica – tra estetica e identità

  1. A scuola di botanica– le immagini di veri saperi
  2. Il mondo delle illustratrici– una porta verso la scienza
  3. Le collezioni di Parma– una capsula del tempo che si apre
  4. L’epoca della tecnologia– immagini seriali e oggettività
  5. Fotografie e nuovi occhi –le piante oltre il visibile
  6. Le piante e il mondo– organismi che interagiscono
    9.         Le immagini olistiche – oltre la semplice forma
  7. Le foto di gruppo– noi e le piante in città, nei campi, nei boschi.

Dalle riproduzioni calligrafiche all’agricoltura di precisone, dagli erbari medioevali alla tomografia a emissione di positroni, Impronte traccia la parabola temporale della relazione tra uomo e natura, mostrandone tutte le declinazioni. Una mano, anzi, una manicula, lo    sottolinea fin dall’inizio del percorso espositivo: è quella disegnata da un ignoto lettore a margine della copia dell’Hortus Sanitatis di Johannes da Cuba (1548), un segno di evidenziatore ante litteram che a distanza di secoli lascia dietro di sé un’impronta ancora ben visibile, e da cui partire.

Ecco quindi farsi strada gli erbari ad uso di medici e farmacisti, dominati da un approccio realistico e una precisa funzione, le tavole tratte da atlanti destinati al riconoscimento “professionale” delle erbacce da estirpare lungo le ferrovie, ma anche i cataloghi di campioni di colore da abbinare a precise varietà e specie botaniche come l’originalissimo Répertoire de couleurs pour aider à la détermination des couleurs des fleurs, des feuillages et des fruits che unisce esperienze e necessità di floricoltori, artisti e scienziati. È anche grazie a una simile varietà di applicazioni che si rende necessario un avanzamento nella ricerca sulle tecniche di impressione, litografia e galvanotecnica su tutte, che unito alla fascinazione artistica per l’illustrazione botanica conduce rapidamente alla sua commercializzazione, traghettandola nella modernità. Riproduzioni in seriestampe, ma anche tracce di avvincenti spy-stories legate a furti e diritti di proprietà aggiungono preziosi e inimmaginati tasselli al complesso mosaico creato delle opere in mostra. Tra queste, le rarissime riproduzioni calligrafiche di funghi in cera, i modellini Brendel in papier mâché e le “carte di identità” lignee degli alberi, le xiloteche o holzbuch, che insieme contribuiscono a descrivere il superamento dalla conoscenza delle piante per mero riconoscimento verso una dimensione più ampia, che contempla aspetti fisiologici, ecologici e persino agronomici.

Oggetto di interesse sempre crescente, la rappresentazione naturalistica investe anche la sfera professionale femminile, perché è proprio passando per la porta dell’illustrazione botanica che molte donne hanno potuto accedere al mondo delle scoperte scientifiche, storicamente dominato dal genere maschile. Un percorso lungo e non privo di ostacoli – ben sintetizzato dal video appositamente realizzato con la collaborazione del Museo Botanico dell’Università di Padova – ma colmo di grande bellezza, la stessa che emana dalle opere originali sette-ottocentesche di Maria Sybilla Merian, Dissertatio de generatione et metamorphosibus insectorum SurinamensiumElizabeth BlackwellA curious herbal, e Rosalba Bernini, di cui sono esposte alcune tavole.

Impronte. Noi e le piante
 offre anche un dovuto momento di riflessione sul patrimonio di documenti storici custoditi dall’Università e da varie istituzioni cittadine (Biblioteca Palatina, Fondazione Cariparma, Convitto Nazionale Maria Luigia). È qui che diventano protagonisti materiali inediti o raramente esposti al pubblico (come, oltre all’erbario Gardoni, gli erbari BertaGuatteri e Jan) e il percorso conduce i visitatori alla scoperta delle nuove tecnologie impiegate per la rappresentazione delle piante. Dalle prime riproduzioni fotografiche ottenute a fini scientifici, come quelle esotiche tratte da Asiatic Palms durante le campagne botaniche di Odoardo Beccari nel Borneo, passando per le immagini ottenute con tecniche microscopiche, le opere esposte esplorano un presente che corre veloce verso nuovi traguardi. Lo raccontano gli incredibili ritratti spettrografici condotti sulle piante per accelerare la selezione agronomica e le fotografie di scienziati-artisti contemporanei come Craig BurrowsIgor SiwanoviczRob Kesseler e Jan Martinek, al contempo strumenti sperimentali di ricerca e vincitrici di premi fotografici internazionali. L’ultima sezione, una prospettiva ampia e scientificamente accurata, si apre svelando le illustrazioni moderne capaci di allargare lo sguardo dal particolare al generale, proprio come in una foto di gruppo. Microscopieinfrarossiultraviolettiradarimaginisatellitaritime lapserisonanzefluorescenze offrono la cornice ideale per riflettere sui temi che caratterizzano la nostra contemporaneità, dal cambiamento climatico alla qualità dell’aria, dalla sostenibilità agricola alla gestione del verde urbano e forestale. Grazie a queste nuove visioni molte conoscenze sono state approfondite e amplificate, portando le piante da viventi “inanimati” a organismi centrati su complessità e interazione, indispensabili alla nostra vita nelle città e sul pianeta. Questa nuova era delle immagini ci ha rivelato che le piante hanno bisogni che non possiamo più ignorare, anche perché sono ora sotto i nostri occhi.

L’installazione: Artificial Botany
. Raccordo tra le due macrosezioni in cui è strutturata la mostra e opera in continua evoluzione, ArtificialBotany (fuseworks.it/works/artificial-botany) condensa la bellezza delle immagini con la potenza della tecnologia dando vita a un’installazione audiovisiva ipnotica in cui la fluidità del processo vitale della pianta viene rappresentata a partire da una serie di illustrazioni botaniche d’epoca.

Raccolte dagli archivi digitali opensource di illustratori di metà XIX secolo, queste illustrazioni sono diventate il materiale didattico per un particolare sistema di apprendimento automatico chiamato GAN (Generative Adversarial Network) che attraverso una fase di allenamento è in grado di ricreare nuove immagini artificiali con elementi morfologici estremamente simili alle immagini di ispirazione ma con dettagli e caratteristiche che sembrano far emergere una reale rappresentazione umana. La macchina rielabora il contenuto creando un nuovo linguaggio, catturando le informazioni e le qualità artistiche dell’uomo e della natura.

Laboratori e visite guidate. Scienza e arte da vedere, conoscere e sperimentare. Fedele alla propria vocazione di apertura e scambio con il pubblico, l’Università di Parma arricchisce l’offerta espositiva di Impronte organizzando un ricco calendario di laboratori (a cura di Esperta) e visite guidate (a cura di Artificio). 50 appuntamenti – prenotabili attraverso il sistema museale di Ateneo – rivolti a studenti grandi e piccoli, dalle elementari alle superiori, in cui divertirsi a scoprire tutti i segreti della lunga storia della rappresentazione botanica. Pensate per gli adulti sono invece le speciali visite guidate durante alcuni fine settimana, per approfondire i temi affrontati nelle dieci sezioni dell’esposizione, tra aneddoti e curiosità.

Il concorso: Impronte OFF
. Un concorso di illustrazione aperto a giovani disegnatori, una mostra / happening che andrà ad arricchire il percorso espositivo e due incontri fuori città per far conoscere l’Orto Botanico di Parma non solo come luogo di studio ma anche come polo aggregativo innovativo, pensato per le nuove generazioni. Il programma Impronte Off – ideato da Interno Verde e promosso dall’associazione “Parma, io ci sto!” – affiancherà la mostra coinvolgendo studenti e professionisti under35, contribuendo così a far conoscere alle ragazze e ai ragazzi il ruolo che l’Orto Botanico assumerà per il territorio.
Il bando del concorso di illustrazione, declinato sul tema della botanica fantastica, è stato  pubblicato sul sito www.internoverde.it .  Selezionati dieci finalisti che esporranno i propri lavori all’interno di Impronte. Ulteriori appuntamenti volti a esplorare le potenzialità della rappresentazione botanica saranno organizzati tra febbraio e marzo sia a Milano che a Bologna.

L’Orto Botanico di Parma.
Già nel Seicento esisteva un Giardino dei Semplici presso l’antica sede universitaria in Borgo degli Studi, dedicato alla coltivazione di erbe medicinali. L’insediamento attuale di via Farini fu istituito nel 1770 grazie al lavoro di Giambattista Guatteri. Le caratteristiche serre settecentesche, probabile progetto di un allievo dell’architetto di corte Ennemond-Alexandre Petitot, furono terminate nel 1793. A Guatteri si deve la scelta di un orientamento sperimentale di impianto naturalistico, ispirato a quello dell’Università di Padova: studio dal vivo, floristica del territorio, acclimatazione in serra di piante esotiche, scambi con altri orti secondo una pratica che permane tuttora. A seguito del trasferimento di tutte le attività di ricerca al Campus universitario, a partire dal 1980 la vocazione inizia a mutare. Da luogo in cui la scienza viene prodotta, gradualmente l’Orto assume i tratti di una piattaforma in cui la scienza viene raccontata. Dopo un lungo periodo di oblio, da alcuni anni l’Orto Botanico ha ritrovato un ruolo di primo piano nelle politiche dell’Università di Parma. Luogo emblematico e identitario per la comunità, ospitando varie collezioni di pregio racchiude in sé la tradizione scientifica e ambientale del territorio. Il suo futuro è di uscire dalla staticità dell’hortus conclusus poco accessibile al pubblico, divenendo invece punto preferenziale per la comunicazione scientifical’educazione e la ricerca sui temi ambientalidella biodiversità della sostenibilità.

L’Orto è al centro di un’iniziativa di restauro e riqualificazione, in cui l’Ateneo è affiancato da istituzioni e realtà private del territorio, mirata a sfruttare le collezioni in chiave moderna per sensibilizzare sui benefici delle piante alla vita umana e al contempo ricostruire la memoria storica dell’Orto, recuperando essenze e collezioni presenti nel catalogo redatto all’epoca della sua fondazione. La nuova struttura avrà la medesima vocazione di questa mostra: raccontare la storia dei giusti rapporti necessari tra noi e le piante. Impronte. Noi e le piante è realizzata dall’Università di Parma in collaborazione con il Comune di Parma, il sostegno di Fondazione CariparmaGruppo Chiesi e Gruppo Davines e con il patrocinio e la collaborazione dell’Università di Padovale Scienze e National Geographic.

Carlo Franza

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