La pittura italiana della Belle Époque e della vita moderna in mostra a Palazzo Cucchiari di Carrara
Sempre alla ricerca degli aspetti più intriganti della cultura e quasi si trattasse di un libro da sfogliare, la Fondazione Giorgio Conti di Carrara propone un nuovo, splendido capitolo dedicato all’arte del nostro paese. Curata da Massimo Bertozzi, aperta a Palazzo Cucchiari di Carrara la mostra “Belle Époque. I pittori italiani della vita moderna. Da Lega e Fattori a Boldini e De Nittis a Nomellini e Balla”, che proseguirà fino al 27 ottobre 2024 .
Saranno quattro mesi di full immersion in uno degli aspetti più interessanti e ricchi di fascino della storia dell’arte italiana. Nell’intendimento del Curatore, infatti, c’è la volontà che la mostra Belle Époque. I pittori italiani della vita moderna. Da Lega e Fattori a Boldini e De Nittis a Nomellini e Balla segua le tracce delle mutazioni della pittura dopo l’Unità, dal superamento delle scuole regionali alla ricomposizione di una impronta nazionale, per puntare dritto a una cultura artistica adatta ai tempi moderni della “Nuova Italia”. Si tratta di un iter che dagli ultimi palpiti macchiaioli conduce all’effervescenze della scapigliatura fino agli esiti finali del divisionismo, cioè da Fattori e Lega a Boldini e De Nittis a Nomellini, Balla.
Senza contare che altri artisti presenti in mostra con le loro opere portano i nomi di Signorini, Spadini, Pellizza da Volpedo, Zandomeneghi e Corcos, e poi ancora Antonio Mancini, Tranquillo Cremona, Mosè Bianchi, Emilio Longoni, Angelo Morbelli, Gaetano Previati, e tanti altri. In totale si tratta di una novantina di opere – tra dipinti su tela e su tavola, acquerelli, pastelli e sculture in bronzo e in gesso – che abbraccia un arco temporale che va dal 1864 fino al 1917.
Nei primi decenni dopo l’Unità, infatti, la pittura della “nuova Italia”, per quanto ancora condizionata dalla tradizione delle scuole regionali, prova a cercare una dimensione nazionale e internazionale, nella scoperta dei temi della vita moderna, che non è più vita dei campi, attenta alla frugale poesia della natura, ma vita delle città, animata dalla febbrile ricerca di benessere materiale ma anche di nuovi appagamenti mondani e culturali.
Per cui si chiede anche agli intellettuali, scrittori, compositori e artisti in generale una diversa considerazione per l’intrattenimento, lo svago e l’uso intelligente del tempo libero, che per alcuni ceti sociali diventa tempo socialmente utile, per un nuovo modo di vivere in privato e di apparire in pubblico. È in questo contesto che il mondo imprenditoriale, l’alta finanza e l’intraprendenza aristocratica, e non più solo le accademie e le altre istituzioni pubbliche, diventano promotori delle belle arti e, come collezionisti o mecenati, importanti figure di riferimento per gli artisti e i mercanti.
Si profila quindi il tradimento degli ideali del Risorgimento, a cui gli artisti avevano partecipato con coerenza e coraggio civile, e l’involuzione conservatrice della classe politica nazionale, comportano il disincanto degli intellettuali, rispetto ai quali solo gli artisti più famosi si affrancano grazie al riconoscimento privato della nuova borghesia imprenditoriale e dell’aristocrazia liberale, essa pure ben presto delusa dagli esiti della “rivoluzione” italiana.
Così che alla pittura di storia, ammantata di un “patriottismo” impastato di intonazioni regionali, si sostituiscono le rappresentazioni della vita moderna, sostenute da chiare intenzioni narrative piuttosto che etiche, dove l’influenza delle suggestioni letterarie, soprattutto francesi, agisce quanto e forse più dell’aggiornamento dei linguaggi figurativi.
Il raffreddamento degli slanci ideali e il richiamo delle seduzioni mondane spingono gli artisti di nuova generazione a sentimenti di ripulsa e di ribellione, che influenzati anche dalle suggestioni della “vita di bohème”, generano il “dualismo” degli scapigliati e dei loro compagni di strada: da un lato la pulsione verso ideali nobili e alti, dall’altro il compiacimento per gli aspetti più degradati della vita civile.
Nell’ora più apatica e stenta della nuova Italia, quella che sarà definita “l’età giolittiana”, solo la reazione degli artisti sembra in effetti al passo coi tempi: come un mago tira fuori il coniglio dal cilindro, alcuni pittori decantano dalla pittura divisionista l’ultimo vero contributo italiano all’arte europea, con l’intemperanza futurista e la divinazione metafisica.
Per comprendere al meglio questo passaggio epocale della pittura italiana, il percorso espositivo è stato concepito in sette sezioni (e un intermezzo) così articolati:
- Tempi moderni: non più solo gli spazi e le attività campagnole, il teatro d’azione dei pittori, sempre più attratti dall’esercizio all’aria aperta, diventano gli spazi urbani, le strade e le piazze, ma anche parchi e giardini pubblici e la nuova scoperta dei luoghi di mare.
- Casa e famiglia: comodità dell’abitare e modi di vivere: quando l’abitazione diventa anche un luogo da esibire, con i salotti, le sale da pranzo, gli studi che diventano spazi pubblici, dove ci si mostra, anche a sé stessi, compiaciuti della propria opulenza, ma anche della propria eleganza o della propria sobrietà.
- I pittori della vita moderna: finalmente gli artisti non sono più soltanto gli sradicati della vita di bohème ma cominciano a godere di una diversa considerazione sociale, che li accoglie nei salotti e nei circoli più esclusivi, per cui essi stessi, il loro atelier e perfino le loro famiglie diventano soggetti di pittura, eleganti ed esteticamente suggestivi.
Intermezzo: Il campo della scultura: tra ripiegamento romantico e ansie moderniste, tra misticismo religioso e misticismo mondano si riassumono i connotati della scultura liberty, tra il simbolismo pascoliano di Leonardo Bistolfi e l’eleganza aristocratica di Paolo Troubetzkoy
- Vecchi e nuovi miti: la modernità diventa subito abitudine, per cui la continua ricerca di distrazioni o di altre forme di stordimento anima nuovi desideri, di un altrove esotico o semplicemente più naturale, o di altri mondi, prodotti dall’uso di sostanze o da pratiche mistiche ed esoteriche: in entrambi i casi si tratta di contesti in cui alcuni artisti inciampano lasciando le loro testimonianze
- Povera Patria: l’Italia del popolo: antichi bisogni e nuove aspettative. Malgrado tutto si crede nel futuro.
- Il paradiso delle signore: quando la mondanità sfoggia lo “stato sociale” della bellezza, a Teatro o al Caffè, alle corse dei cavalli, a passeggio sul corso o nel salotto di casa, le signore diventano protagonista: chi si accontenta di governare il ménage familiare, qualcuna si sfoga in attività filantropiche e culturali, qualcuna pensa anche di influenzare il governo del paese… ma la condizione delle donne è sempre la stessa …
- Aspettando domani: l’abbandono del naturalismo dispone sensibilità di spirito e mente sgombra, alla ricerca di un linguaggio espressivo adeguato alla realtà dei sogni e alle suggestioni dei simboli; la pittura divisionista diventa la naturale espressione del Simbolismo, quasi una versione nazionale dell’Art Nouveau, il campo d’azione della “secessione italiana”, aperto alla genesi e all’esordio delle avanguardie.
Carlo Franza