Nell’ambito dei progetti per “GO! 2025” (Nova Gorica / Gorizia capitale europea della cultura) si staglia un ampio lavoro, ideato e curato da Marco Goldin, di carattere multidisciplinare, dedicato alla figura di Giuseppe Ungaretti e al suo doppio “ruolo” di soldato e poeta sul Carso durante la Prima guerra mondiale. E questo fin dal momento in cui lo vediamo trascorrere le prime settimane in trincea, sotto il monte San Michele, dal dicembre 1915 alla metà di gennaio del 1916.  Il progetto è promosso dalla Regione Friuli Venezia Giulia e dai Comuni di Gorizia e Monfalcone, con la partecipazione di PromoTurismo FVG e l’organizzazione di Linea d’ombra.

L’esposizione, intitolata Ungaretti poeta e soldato. Il Carso e l’anima del mondo. Poesia pittura storia, visitabilke fino al 4 maggio 2025,  si svilupperà tra il Museo di Santa Chiara a Gorizia e la Galleria comunale d’arte contemporanea a Monfalcone ed è stata anticipata da uno spettacolo teatrale che si è svolto in aprile.
La parte goriziana sarà il racconto quanto più possibile completo della storia di Ungaretti sul Carso, il racconto delle battaglie a cui ha partecipato, i momenti di riposo in retrovia, i congedi, il racconto dei luoghi sul Carso, fino al loro così caratteristico aspetto morfologico.
La parte storica è stata affidata a Lucio Fabi, con la partecipazione anche di Nicola Labanca, professore dell’Università di Siena, che introduce i motivi dello scoppio della Prima guerra mondiale, l’ingresso dell’Italia nel conflitto fino al fronte sul Carso.
Ci sarà naturalmente, anzi ne rappresenta il punto di scaturigine, tutto l’aspetto letterario legato alla scrittura delle poesie, e alla pubblicazione a Udine, in 80 soli esemplari nel dicembre 1916, a cura di Ettore Serra, de Il porto sepolto, quel primo libretto ungarettiano che nasce proprio dall’esperienza della guerra. Due tra i maggiori poeti italiani contemporanei, Paolo Ruffilli e Maurizio Cucchi, si occupano dell’analisi de Il porto sepolto, il primo nella sua versione del 1916 e il secondo affrontando il tema, fondamentale in Ungaretti, delle innumerevoli varianti successive. Ma come tutto ciò diventerà una mostra? Il percorso non partirà dal piano terra del Museo di Santa Chiara ma da un’ampia sala video da cento posti al terzo e ultimo piano del museo. Sarà quello lo spazio di avvio di uno straordinario viaggio tra letteratura, storia, geologia e pittura.

Curato da Marco Goldin, con la partecipazione anche dei vari esperti a cui sono state affidate le parti letteraria e storica, un vero e proprio documentario di mezz’ora, appositamente realizzato, racconterà la storia di Ungaretti sul Carso. Un grande schermo di 6×3 metri accoglierà tutte le immagini – da quelle d’epoca a tutte quelle girate con i droni sul Carso nei mesi scorsi – che Alessandro Trettenero animerà e monterà, dopo averlo fatto anche per lo spettacolo teatrale collegato alla mostra. Un vero e proprio mini-film che servirà al visitatore per conoscere e comprendere il senso della storia che la mostra vuole raccontare. In questa stessa, ampia sala al terzo piano del museo si cominceranno a vedere alcuni dei quadri che dodici pittori italiani hanno realizzato sui luoghi di Ungaretti sul Carso. I loro quadri, una novantina, tutti realizzati appositamente per la mostra, saranno presenti a ognuno dei quattro piani del museo goriziano, costituendo quel filo da non smarrire mai.  Questi i nomi degli artisti: Laura Barbarini, Graziella Da Gioz, Franco Dugo, Giovanni Frangi, Andrea Martinelli, Matteo Massagrande, Francesco Michielin, Cesare Mirabella, Alessandro Papetti, Franco Polizzi, Francesco Stefanini, Alessandro Verdi.

Lasciato l’ultimo piano del museo, il percorso sarà quindi a scendere. Al piano secondo, in una sala a questo riservata, su un grande schermo si potrà assistere alla lettura di alcune poesie de Il porto sepolto da parte dell’attore Gilberto Colla, con gli interventi critici di Paolo Ruffilli in dialogo con Marco Goldin.  Sempre in questo spazio, sulle pareti, una biografia illustrata di Ungaretti consentirà di non perdere mai di vista le vicende del poeta. E la vera preziosità sarà l’esposizione della prima delle 80 copie originali de Il porto sepolto nella sua edizione del 1916, copia appartenente alla Biblioteca di Udine, che la presta per l’occasione dopo il restauro conservativo.
Negli spazi più ampi del secondo piano continuerà il viaggio attraverso la pittura dei dodici artisti, mentre al centro delle sale saranno esposti alcuni oggetti, in apposite vetrine, per tenere insieme lo spirito della poesia con la drammatica fisicità della guerra. Al piano primo, in una sala corrispondente a quella del piano superiore, su un altro grande schermo si vedranno e ascolteranno tutti gli approfondimenti di natura storica e militare, a cura di Lucio Fabi. Le battaglie sul Carso saranno analizzate anche attraverso mappe e carte militari, sempre con riferimento alla partecipazione di Ungaretti e alla vita di trincea.
Negli spazi più ampi del primo piano, e poi del piano terra, proseguirà il viaggio nella pittura dei luoghi sul Carso ma anche con alcune straordinarie pitture che ritraggono Ungaretti, appositamente realizzate. Mentre al centro delle sale altri oggetti e uniformi continueranno a dare il senso della verità della guerra accanto alla poesia, grazie alla collaborazione con il Museo della Grande guerra di Gorizia. Colore della bella pittura, il suo silenzio, con il fragore delle battaglie in una mostra. Ad accompagnare questo percorso sarà anche un libro, edito da Linea d’ombra e curato da Marco Goldin. Un libro ricchissimo, ancor più che un semplice catalogo, in cui tutti gli studiosi coinvolti nel progetto affrontano nei loro saggi, sempre ampiamente illustrati, gli aspetti della vicenda ungarettiana sul Carso.
Ovviamente è compresa anche la nutrita parte pittorica, con la riproduzione di ogni quadro esposto e una riflessione su Ungaretti da parte di ognuno dei dodici artisti. Ugualmente è inserita nel libro anche tutta la sezione di mostra che si svolgerà a Monfalcone, dunque quella legata all’arte nelle Venezie al tempo di Ungaretti sul Carso, gli anni Dieci del Novecento.

Carlo Franza

 

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