“Destra, sinistra e viceversa” è il libro di Antonello Caporale e Salvatore Merlo (ppg. 224, Marsilio, 2024), che mostra   e indica errori, prospettive, vizi e virtù della politica italiana.  Destra e sinistra ormai pari sono? O restano due visioni alternative del mondo? E quali battaglie ciascuna dovrebbe portare avanti per il bene dell’Italia? Due elettori italiani, Caporale e Merlo, riluttanti e apolidi dialogano l’uno con la destra e l’altro con la sinistra, spronandole a mettere a frutto quelle che individuano come occasioni. Salvatore Merlo vede nella prova di governo l’opportunità per sviluppare in Italia una destra conservatrice moderna, mai esistita prima. Antonello Caporale invoca un campo progressista capace, proprio perché all’opposizione, di recuperare il rapporto con le persone, per cambiare passo e svoltare finalmente a sinistra. Adottando una “prospettiva rovesciata” – letteralmente – su problemi e punti di forza del Paese, invitano ad abbandonare i fantasmi del passato, indicano programmi da attuare e bisogni urgenti a cui rispondere. Il risultato è un incalzante canto-controcanto in cui si mescolano passione e moderazione, pragmatismo e ideali, critiche e proposte, nella convinzione che “ogni democrazia avrebbe bisogno di una sinistra progressista, riformista, anche radicale nelle scelte, e di una destra liberale e aperta al mondo, rigorosa nei suoi riferimenti costituzionali”. Forse è troppo, ma questo è. Antonello Caporale, giornalista de il Fatto Quotidiano, auspicherebbe un campo progressista capace, in quanto all’opposizione, di recuperare il rapporto con le persone, “Le battaglie sono popolari quando sono avvertite come necessarie da una parte rilevante della società”. Merlo, giornalista de Il Foglio, vede nell’attuale governo la possibilità di veder sviluppare in Italia una destra moderna, “Che non sia vittima del proprio passato, né destinata a perpetuare gli schemi berlusconiani”.  Meraviglia non poco che Caporale ben sottolinea che ormai da tempo la sinistra non si occupa più degli ultimi, vale a dire degli operai, dei disoccupati e di quella parte di società abbandonata dai più, non mostrando ancora nessuna intenzione di portare loro una politica di accortezza; e scrive: “La sinistra ha perduto persino il sorriso, la voglia e il piacere. Tra meno di trent’anni, il paese perderà circa quattro milioni e mezzo di residenti: la sinistra sta affrontando questa sfida? No. Né si occupa delle crisi sistemiche, affitti elevati, tagli al welfare, carenza di asili, investimenti insufficienti nelle scuole”, e ancora puntando sull’oggi osserva che “la sinistra è senza popolo, ma allo stesso tempo non ingaggia le battaglie che avrebbero potuto farla avvicinare alla sua gente che oggi neanche la riconosce più”. Sembrerebbe che la sinistra sia fuori strada, con parole, parole, parole, e aggiungo il nulla. Sarebbe ora che la sinistra riprendesse la strada abbandonata, vale a dire rispondere seriamente alla richiesta di cambiamento e ridare fiducia a coloro che l’hanno persa. Scrive Caporale: “La mia parte politica dovrebbe spiegarci bene cos’è il progressismo e riprendere il filo da dove lo avevamo lasciato. Abbandonare la televisione, tornare in campagna, nelle città e nei paesi. Imboccare convintamente la strada dell’opposizione, raccogliere le domande che non interessano più, affrontare i problemi che restano insoluti, le questioni irrisolte. Tentare di stare veramente accanto agli ultimi, promuovere il merito, dare ascolto ai talenti, dare riscontro alle necessità. Invertire il sistema, capovolgere la piramide, trovare il coraggio di impoverirsi. E tornare a ripetere, come ai vecchi tempi: siamo tutti uguali”. Salvatore Merlo nella seconda parte del volume disserta partendo dal “Manifesto dei conservatori”, incorniciando le parole di Giuseppe Prezzolini: “prima di tutto il vero conservatore si guarderà bene dal confondersi con i reazionari, i retrogradi, i tradizionalisti, i nostalgici; perché il vero conservatore intende “continuare mantenendo”, e non tornare indietro e rifare esperienze fallite”.  E se in tempi ormai lontani Berlusconi sdoganò il nome di Gianfranco Fini che naufragò ben presto, oggi Giorgia Meloni sta provando a dare all’Italia un volto novello, sviluppando in Italia una destra conservatrice moderna. Il conservatorismo di Fini fu divorato dal Berlusconismo, ora la Meloni ha un fronte per costruire un partito conservatore moderno. “Essere o stare a destra non significa fare la voce grossa, tifare per la detenzione dei neri, spararla grossa dalla mattina alla sera, evocare speronamenti e chiusure di porti, odiare gli islamici e mettere socialmente al bando stranieri e immigrati”. E’ pesante fare politica in materia di immigrazione. “La democrazia ha il compito di preservare la libertà di ciascun individuo, ma non si può chiederle di sacrificare se stessa […] La risposta non può essere nemmeno quella del populismo spacciato per destra, che si limita a giocare sulla paura e a invocare un’impossibile chiusura delle frontiere o, peggio, espulsioni di massa”. In medio stat virtus (o anche in medio virtus stat) è una locuzione latina, il cui significato letterale in italiano è: “la virtù sta nel mezzo”. La locuzione invita a ricercare l’equilibrio, che si pone sempre tra due estremi, pertanto al di fuori di ogni esagerazione. Il conservatorismo in senso strettamente filosofico, scrive Merlo, “si gioca soprattutto sul tema dell’umana libertà e dei suoi limiti, mentre in senso politico significa soprattutto realismo, da non confondere con il cinismo”.

E ancora, “lo scopo della politica, per un conservatore, non è il conseguimento della perfezione, bensì la minimizzazione del male possibile […]. Il conservatore borghese non pensa che esista una palingenesi sociale che consiste nella repressione dell’individuo; al contrario, crede che il mondo sia sempre da cambiare, da migliorare: non si contenta mai, non si rassegna”. Oggi a guardarsi bene intorno l’Italia mostra una scarsa competitività e una produttività stagnante, e sapete perché? Principalmente per il peso eccessivo della PA e delle leggi autoimposte che frenano tutto. Il sistema burocratico italiano, con i suoi 3,3 milioni di addetti, rappresenta la metà del PIL lordo. “La destra dovrebbe sapersi opporre al populismo giudiziario dal sapore sudamericano, e non può certo rifugiarsi nell’idea sbagliata […] che il carcere sia lo strumento principale di repressione e di prevenzione dei reati”. Il carcere non è la soluzione ottimale “perché capace solo di peggiorare la tenuta morale del soggetto recluso. Per una destra che voglia legarsi al paradigma della libertà, intesa come assunzione di responsabilità […], la galera e il profluvio di leggi e di inutili (e non rispettati) divieti non fanno che produrre una spirale viziosa di insicurezza”;   e ancora, “il mondo culturale antiprogressista è assai ampio: dal conservatorismo rivoluzionario, passando per il misticismo estetizzante para-fascista, per il libertarismo e il liberalismo […], attraversa le posizioni reazionarie, per arrivare infine al conservatorismo tout court e poi abbattersi come un maglio sulla testa della vulgata progressista […]. Il patrimonio intellettuale della destra esiste […]. Solo che spesso si guarda bene dal definirsi tale. In parte per scampare alla dittatura culturale della sinistra”.

Libro denso, pieno di esternazioni e di idee, di rapporti, di illuminazioni, di confronti, di proposte, di affondi tra passato e presente, che raccomando ai più di leggere. Finalmente, finalmente un libro serio, che ci parla di destra e di sinistra.

Carlo Franza

 

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