La storica galleria STUDIO BOLZANI di Milano che ha brillantemente festeggiato i cento anni nel 2022, già da tempo indicata come “Bottega Storica” di Milano, e attivissima sul versante dell’arte moderna e contemporanea, ci propone per il 2025 “IL QUADRO DEL MESE”. Sicchè nelle vetrine della Galleria Strasburgo a ridosso di Piazza San Babila troveremo ogni mese un dipinto di eccezionale valore e di un artista di chiara fama. Per novembre 2025 è la volta di un dipinto di Filippo De Pisis (Ferrara 1896- Milano 1956), artista di chiara fama del Novecento italiano; aggiungiamo che i Bolzani da sempre si sono interessati di numerosi pittori di chiara fama della contemporaneità. L’opera esposta allo Studio Bolzani di Milano (in Galleria Strasburgo) in questo novembre 2025 ha per titolo “Fiori in bicchiere” un olio su tela, firmato in basso a destra, in formato 50×40,  datato 1951, con autentica di Giorgio Nicodemi del 1963. Opera a nostro avviso storica, aggiungerei classica e tipica, che segna l’ultimo periodo della vita di De Pisis, trascorso nella clinica Villa Fiorita di Brugherio, come risulta dal dipinto, ove accanto alla firma vi è segnato un  V. F che sta per Villa Fiorita.

L’opera mi riporta ai diversi studi da me affrontati sull’artista, agli scritti sul quotidiano Il Giornale dove scrivo da decenni, all’analisi della   documentazione privata e affascinante, che offre un contesto inedito alla ricostruzione cronologica della carriera del pittore. L’abilità di De Pisis nell’esprimere l’anima della natura, degli oggetti, delle persone, dei luoghi – in primis Ferrara come lontano incanto metafisico – trova fondamento nella letteratura, il mezzo prediletto durante la sua giovinezza per filtrare la realtà circostante. Una modalità espressiva connaturata al suo immaginario che non si esaurisce neppure quando si compie, tra l’apprendistato romano e il trasferimento a Parigi nella primavera del 1925, il passaggio definitivo alla pittura. Esemplare di questo nesso è la Natura morta con il martin pescatore (1925), dove è mirabilmente raffigurato il tema pascoliano del ricordo. Mentre nelle atmosfere misteriose e sospese delle Cipolle di Socrate e delle “nature morte marine”, realizzate tra il 1927 e il 1932, il poeta-pittore riconsidera il personale rapporto con la metafisica di De Chirico, conosciuto a Ferrara nel 1915. Negli anni della maturità, per De Pisis diventa preponderante trascrivere sulla tela le pure emozioni di fronte all’oggetto della rappresentazione. Ecco che le suggestioni figurative catturate tra gli angoli della metropoli francese diventano vedute urbane (La Coupole, 1928) o nature morte di originale concezione (I pesci marci, 1928). Ma vanno ricordate anche opere meditate nella tranquillità dello studio come il Gladiolo fulminato (1930) e dal toccante lirismo come La lepre (1933). Nel percorso cronologico del lavoro di De Pisis si intersecano due sezioni tematiche, la prima ruota attorno alla bellezza efebica, tema incessantemente trasposto con matite o pennelli sui fogli di un ricchissimo “diario per immagini”, nell’altra un inedito dialogo tra alcune bellissime nature morte di De Pisis, come quella oggi in mostra allo Studio Bolzani. L’attività artistica di De Pisis si chiude con le opere scabre e pallide risalenti al ricovero nella clinica di Villa Fiorita (La rosa nella bottiglia, 1950; Fiori in bicchiere,1951 (quella in questione), Le pere – Villa Fiorita, 1953), per sottolineare la dimensione appartata e malinconica dell’ultimo tratto di vita.

Filippo De Pisis (Ferrara 1896 – Milano 1956) nato come Luigi Filippo Tibertelli De Pisis, inizia adolescente a scrivere poesie, ma si dedica anche allo studio della pittura otto la guida del maestro Odoardo Domenichini nella sua città natale, Ferrara, ed è proprio la pittura in seguito a portarlo a vivere una vita avventurosa, appassionata in varie città sia italiane Roma, Venezia e Milano, sia europee Parigi e Londra. Nel 1915 incontra De Chirico e il fratello Alberto Savinio a Ferrara per il servizio militare e nel 1917 Carlo Carrà. Conosce e si entusiasma rimanendo suggestionato del loro modo di concepire la pittura e, inizialmente, ne condivide lo stile metafisico ma poi brevi soggiorni a Roma e a Parigi all’inizio degli anni venti gli aprono nuovi orizzonti pittorici. Inizia a rielaborare un suo stile fatto di suggestioni e soggetti del tutto originali, dove il tratto pittorico diventa spezzato quasi sincopato che Eugenio Montale definì “pittura a zampa di mosca”. Alla ricerca di nuovi stimoli si trasferisce nel 1925 a Parigi. Conosce Édouard Manet e Camille Corot, Henri Matisse e i Fauves, per un uso più gestuale del colore e, oltre alle nature morte, dipinge nel periodo parigino paesaggi urbani, nudi maschili e immagini d’ermafroditi. Entra quindi a far parte degli “italiani di Parigi”, un gruppo d’artisti che comprendeva de Chirico, Savinio, Massimo Campigli, Mario Tozzi, Renato Paresce e Severo Pozzati, e il critico francese Waldemar George (che nel 1928 cura la prima monografia su de Pisis) presenta la mostra “Appels d’Italie” alla Biennale di Venezia del 1930. Durante il periodo parigino visita Londra, per brevi soggiorni che ripeterà ben tre volte, stringendo rapporti d’amicizia con Vanessa Bell e Duncan Grant. Nel 1939 ritornato in Italia, De Pisis, in occasione del Premio St. Vincent, passa un’estate nella cittadina valdostana dove ha anche l’occasione di incontrare il pittore locale Italo Mus. Si stabilisce a Milano e, in seguito alla distruzione del suo studio in Via Rugabella nel 1943, si stabilisce a Venezia dove si lascia ispirare dalla pittura di Francesco Guardi e di altri maestri veneziani del XVIII secolo. Dipinge fino al 1953, dopodiché le precarie condizioni di salute non gli permetteranno più di svolgere alcun lavoro e il 2 aprile 1956 muore in casa del fratello a Milano.

Carlo Franza

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