Nel quadro di quel grande racconto-mostra che è “Postwar. Protagonisti italiani” messo in piedi dalla Collezione Peggy Guggenheim a Venezia in Palazzo Venier dei Leoni, ecco una finestra importante e un vero approfondimento su un artista ,certamente pilastro della nostra arte italiana contemporanea, Rodolfo Aricò. Lucio Fontana (1899- 1968), Piero Dorazio (1927-2005), Enrico Castellani (n. 1930), Paolo Scheggi (1940-1971), Rodolfo Aricò (1930-2002), sono i cinque indiscussi interpreti della mostra Postwar. Protagonisti italiani, alla Collezione Peggy Guggenheim dal 23 febbraio al 15 aprile 2013. E  Rodolfo Aricò venuto a mancare nel 2002, ritorna a Venezia con questa mostra celebrativa di grande forza intellettuale, dopo l’antologica che qui fece in Palazzo Grassi nel 1974 e i numerosi inviti alla Biennale di Venezia che ha avuto nel 1964,1968,1980 e 1986. Un percorso quello di Aricò da vero aristocratico dell’arte, senza dimenticare il significativo apparentamento con il Post-minimal  Paintig  americano che ne  ha fatto in Europa una colonna portante. Mostra, dunque, che non può passare indenne  e senza l’attenzione critica degli addetti ai lavori visto che nelle sale veneziane i lavori coprono un arco di tempo che va dal 1966 al 1970, tempo che ha portato lucidamente a maturazione quel sottile e intelligente linguaggio espressivo-emozionale in cui le tele sagomate grazie a una riduzione si caratterizzavano per toni ritualizzando un’astrazione Post-pittorica  che rimandava a Louis Morris e Kenneth Noland. e finanche alle strutture primarie individuate da Donald Judd e Sol Le Witt. Riduzione, prospettiva, architettura, struttura, colore monocromo, tutta fa riportare in gioco la filosofia  di quest’artista che è stato capace di costruire una sorta di ricostruzione del mondo e dell’universo. Rodolfo Aricò ha dato voce per assolutezza a una sorta di aristocrazia dell’arte, tanto più classica eppure modernissima proprio perchè assoluta, e tanto più creativa proprio perchè affidata anche a colori,  o meglio toni, che vestono le strutture innervandosi tra passato e presente, tra antico e nuovo, tra emozioni  e sensibilità e la storia dell’esistente.  Lo spazio colorato di Aricò è diventato spazio scultura , partendo da quelle ricerche degli anni Sessanta del Novecento, tanto da averne fatto  un vivace interprete dell’arte del secondo novecento, una preziosissima figura d’artista capace di far dialogare mente e cuore   A sostegno della bellissima mostra  una sorvegliatissima e intrigante monografia bilingue che data il lavoro dell’artista italiano fra il 1964 e il 1970.

Carlo Franza

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